COVID-19: l’emergenza (era ed) è di ordine pubblico

Come ho scritto fin dall’inizio dell’emergenza COVID-19, la gestione dell’ordine e della sicurezza pubblica è altrettanto importante degli aspetti sanitari. E’ fondamentale, infatti, evitare che la pressione esercitata sui cittadini dalla quarantena, dalla paura delle conseguenze economiche della crisi e dal martellamento ossessivo a base di numeri tirati a caso dai mezzi di informazione inneschino disordini a catena.

Le prime avvisaglie si sono registrate con la corsa frenetica all’accaparramento di cibo e generi alimentari e ora il “salto di qualità” è l’assalto diretto e di gruppo ai supermercati, come è accaduto a Palermo, organizzato nemmeno clandestinamente via social network.

Che gli autori del raid siano effettivamente dei disperati o dei volgari approfittatori importa poco, perchè questa azione rischia di essere la scintilla che potrebbe incendiare tutto il Paese. E’ per questo che, da un lato, gli autori del raid dovrebbero essere processati e condannati immediatamente a pene durissime e, dall’altro lato, il Ministero degli interni dovrebbe esercitare per tempo i poteri del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza per prevenire il verificarsi di azioni del genere, dissuadere dal porle in essere chi maturasse “cattivi pensieri” e, soprattutto, fare in modo di soddisfare le minime necessità di sopravvivenza dei soggetti più deboli, così da abbassare la tensione sociale.

Per fare questo non c’è bisogno di “leggi speciali” o di nuovi provvedimenti di emergenza. I prefetti, a livello locale, hanno già il potere di adottare misure specifiche per garantire l’ordine e la sicurezza pubblica, mentre se i disordini dovessero estendersi a livello nazionale il Ministro degli interni potrebbe dichiarare lo stato di “pericolo pubblico”.

La durissima lezione impartita dai ritardi nell’adozione dei provvedimenti di distanziamento sociale, somministrati con il contagocce e pieni di contraddizioni, insegna che non si può aspettare che la situazione degeneri per fare qualcosa. Se i fatti di Palermo dovessero estendersi a tutta l’Italia allora sarà veramente la guerra di tutti contro tutti, il che significa che si applicherà una sola legge: quella del più forte.

E non è detto che il più forte sia lo Stato.

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