La responsabilità delle piattaforme nel furto di news

Andrea Monti – IlSole24Ore – Norme e tributi del 1 maggio 2020
L’azione giudiziaria diretta contro la diffusione illecita di quotidiani, periodici e libri è interessante sotto diversi profili.

Innanzi tutto è un passo avanti verso la responsabilizzazione di chi commette un reato nascondendosi dietro lo schermo di uno smartphone, cioè l’utente di un servizio. In secondo luogo, si focalizza sulle “piattaforme”, cioè su quegli operatori che si “appoggiano” sulla rete di accesso per trarre utili e che hanno quindi la possibilità di fornire immediatamente dati agli inquirenti ed eseguire oscuramenti selettivi. In terzo luogo, e in conseguenza, ripropone il tema della effettiva (non) neutralità delle piattaforme. La direttiva 31/00 è chiara a questo proposito: gli operatori che non si intromettono nei comportamenti degli utenti non possono essere obbligati a sorvegliarli preventivamente. Ma chi, come le piattaforme, non è “neutro” rispetto a chi le usa non dovrebbe potersi avvantaggiare di questa possibilità, come invece accade da tempo in Italia e in Europa.

In attesa che l’Unione Europea decida, finalmente, di attribuire un valore giuridico e una responsabilità autonome alle piattaforme, è sperabile che i procedimenti penali in corso “facciano giurisprudenza” anche su un altro tema molto tecnico ma essenziale: la possibilità di configurare una responsabilità (che sia per dolo eventuale o ad altro titolo) per crime by design. Il ragionamento è lineare: come in ogni azione umana, quando decido di fare qualcosa devo assicurarmi che non provochi danno e rispetti la legge. Se progetto una piattaforma (o un modello di business che la utilizza) senza prevedere meccanismi che ne impediscono l’utilizzo illecito, e l’assenza di questi meccanismi è quella che decreta il successo del mio prodotto/servizio, non posso poi “chiamarmi fuori”.

Nel caso specifico, dunque, sarà necessario analizzare anche il modo in cui funziona Telegram e capire, per esempio, se possa innanzi tutto configurarsi come prestatore di un servizio di distribuzione e poi se, effettivamente, l’intero modello di generazione del valore sia effettivamente basato sulla neutralità del servizio. Infine questo caso giudiziario sarà il banco di prova per quella interpretazione giurisprudenziale (Cass. penale, sez.II sent. 11959/20) che, dopo appena venticinque anni dalle prime elaborazioni teoriche, riconosce finalmente la natura di “cosa mobile” anche ai file.

In questo modo si aprono nuovi spazi alla possibilità di contestare, oltre agli illeciti previsti dalla legge sul diritto d’autore, anche reati come il riciclaggio o la ricettazione che consentono di formulare capi di imputazione ben più  pesanti per gli autori degli illeciti, e molto più dissuasivi per chi dovesse avere “cattivi pensieri”

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