La macchina del tempo ci trasmette questa epistola, incisa su una “tabula” (tablet?). Induce a una riflessione: la storia non è mai stata cancellata dal tempo, ma oggi c’è il rischio che venga annullata dalle leggi e dai giudici. Inizialmente pubblicata su mcreporter.info
Signor Garante per la protezione dei dati personali, sono Lucio Sergio Catilina, morto in battaglia il 5 gennaio 62 (a.c.) nel tentativo di liberare Roma dal giogo di un Senato in cui il seggio si ereditava invece di meritarlo, e che – colluso con i grandi possidenti – vessava ingiustamente i cittadini, ridotti al mero rango di pagatori di tasse.
Il mio (ex) amico, poi inquisitore e infine acerrimo nemico, Marco Tullio Cicerone, non contento di avermi accusato in Senato, costretto alla fuga e infine messo a morte, continua ancora oggi, a distanza di oltre duemila anni, a diffamarmi con quelle sue Catilinarie, nelle quali mi dipinge come un nemico dello Stato, un sovversivo, un mezzo – anzi, un intero criminale.
Certo, preso dai rimorsi di coscienza (o dalla paura di una causa per danni), dopo la mia morte ha un po’ cambiato la sua opinione. Ma la Pro Caelio non basta certo a cancellare l’infamia delle accuse che mi ha rivolto.
Sia come sia, dopo tutto questo tempo ritengo di avere acquisito il diritto a riposare in pace e a far sì che nessuno più possa ricordarsi di me.
C’ero andato molto vicino da quando nelle scuole la storia di Roma e il latino non erano più oggetto di serio insegnamento. Ma adesso, con questi demoni dei motori di ricerca, sono tornato a non avere più pace.
Mi rivolgo dunque a lei, signor Garante, perché con i poteri che la Legge le conferisce voglia ordinare a tutti coloro che ancora parlano (a sproposito, come è ovvio) di me, di cancellare i dati che mi riguardano.
Duemila anni sono un tempo sicuramente congruo per meritare il diritto all’oblio
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