Ieri sera, il ministro della salute, Speranza, ha dichiarato al TG4 che la diffusione del Corona virus è “esponenziale. In realtà non è così perchè “esponenziale” significa una cosa molto precisa, che non corrisponde ai dati resi pubblici dalla Protezione Civile. Inoltre, parlare di “crescita esponenziale” senza indicare l’esponente e specificare se è intero o frazionario, non consente a chi ascolta di capire qual è la reale “ripidità” della curva alla quale ci si riferisce. Infine, al più si può parlare di andamento esponenziale in rapporto a un tratto della curva, non certo rispetto alla curva in sè. A differenza di una funzione matematica, infatti, i dati sul contagio sono condizionati da variabili… che variano (quanti tamponi ho fatto ieri, quanti ne faccio oggi e quanti ne farò domani, su quale popolazione eseguo le analisi ecc. ecc.). In altri termini, l’andamento delle curve del contagio (al netto di tutte le questioni sulla composizione del campione) ha una (limitata) capacità descrittiva del passato, ma difficilmente può fornire indicazioni sul futuro.
Ho parlato di questa cosa con un amico giornalista, la cui reazione è stata “smetti di fare il pedante” – in realtà ha utilizzato un termine più vernacolare – “la gente non sa nulla di matematica, e quando usiamo questa parola lo facciamo per indicare una crescita rapida e velocissima”.
Bene, forse sarò pedante – del resto, non lo siamo noi avvocati? – ma quando vengono assunte decisioni gravi come imporre la quarantena in tutto il Paese, mi aspetto che i decisori si basino su elementi concreti piuttosto che sull’uso (e sulla comprensione?) imprecisa di dati e informazioni.
Con questo non voglio dire che la decisione di mettere in quarantena l’Italia sia sbagliata (non ho nè le informazioni nè la competenza per giudicare). Mi limito ad osservare che potrebbe non esserci una relazione di causa-effetto fra una (buona) decisione e le ragioni che la hanno supportata.
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