Boxe e Miliardi. La mala informazione de Il Fatto Quotidiano

Benarrivati alla nuova puntata de “I professionisti dell’informazione”.

Questa volta ci occupiamo di un articolo pubblicato nella rubrica “Sport e miliardi” de Il Fatto Quotidiano che parla del dramma di una pugile (non “pugilessa”, per l’amore del Dio dell’Italiano!) finita in ospedale, dove le hanno diagnosticato un ematoma subdurale, a seguito dei colpi subiti durante un incontro .

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L’attentato di Orly e – ancora una volta – articoli poco giornalistici

La ricostruzione dell’attentato di Orly fatta da Anais Ginori su Repubblica.it offre alcuni interessanti spunti di riflessione sia in termini giornalistici, sia in termini di sostanza.

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Un clamoroso errore nella traduzione italiana del Regolamento generale sulla protezione dei dati personali

Il testo italiano del Regolamento generale sulla protezione dei dati personali contiene un clamoroso errore di traduzione.

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Perché la 231 è la morte del diritto

Ai tempi dell’università, nell’esame di filofia del diritto, ci hanno insegnato che l’etica è distinta dal diritto. Di etica si parla – passatemi il gioco di parole – in Parlamento, dove le diverse visioni del mondo “incarnate” dai partiti si confrontano sul “giusto” e sullo “sbagliato” in termini, appunto, di convinzioni individiali (nel senso di portato ideologico dell’area di appartenenza), mentre una volta che la mediazione è raggiunta, questa è cristallizzata nel testo di una norma. Ne consegue che la norma non è “etica” nel senso di “buona” o “cattiva” ma solo corretta o non corretta in termini logici (lo so, gli anti-kelseniani sono già sul piede di guerra).

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La differenza fra sicurezza informatica e guerra elettronica

Affidereste l’attacco di una squadra a Claudio Gentile e la difesa a Pelè? Ovviamente no, perché uno straordinario difensore non ha le caratteristiche (dal fisico alla mentalità, alla capacità di riconoscere e sfruttare occasioni) di un attaccante stellare.

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Come (non) si fa il data protection officer e perché non c’entra con l’odv 231

C’è la diffusa percezione (indotta anche da corsi “specialistici”) che per fare il data protection officer “basti” passare un po’ di tempo in azienda, fare qualche audit, mettere nero su biano che – come diceva Bartali – “gli è tutto sbagliato, gli è tutto da rifare” in modo da evitare azioni per responsabilità professionale e, infine, presentare la parcella. Il tutto, secondo uno schema analogo a quello di un certo modo di intendere il ruolo dell’organismo di vigilanza previsto nei modelli organizzativi 231.

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Data Protection by Design, by Default, by Deception

Guardo con un certo interesse al brulicare dei “consulenti privacy” (già l’errato utilizzo del termine dovrebbe (s)qualificarne la competenza) rinvigorito dall’avvicinarsi dell’entrata in vigore del Regolamento comunitario sulla protezione dei dati personali. E capita anche in questo caso, come in passato, a proposito del D.lgs. 196/03, di leggere proposte di “messa a norma” che si traducono nella semplice produzione di un po’ carta, di qualche letterina di incarico (c’è ancora chi nomina aziende “incaricato esterno del trattamento”) e delle draconiane istruzioni su come (non) si usa l’email aziendale.

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Conad e la concorrenza sleale dell’e-commerce

Nella puntata del 16 febbraio di Focus Economia, la rubrica economica di Radio24, l’amministratore delegato di Conad, Fracesco Pugliese, ha fatto il punto sullo stato di salute della grande distribuzione in Italia.

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La scomoda sedia del Data Protection Officer, e perché gli avvocati non possono occuparla

Accettare l’incarico di Data Protection Officer (DPO) è una scelta che dovrebbe tenere conto, oltre che degli “onori”, anche degli “oneri” connessi alla carica.

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Il Presidente della Camera, Boldrini, e l’abdicazione alla responsabilità individuale

Il Presidente della Camera, Boldrini, scrive a “Mr. Facebook” per chiedergli di intervenire attivamente nel bloccare i discorsi di incitamento all’odio. Continue reading “Il Presidente della Camera, Boldrini, e l’abdicazione alla responsabilità individuale”

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Il (primo) ministro che non usa l’email

Per quattro mesi il sistema di posta del Ministero degli esteri (ministro Gentiloni) è stato “bucato” da cracker russi. Ma niente paura, si legge sul Il Fatto Quotidiano, perchè Gentiloni: Continue reading “Il (primo) ministro che non usa l’email”

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“Colpa dell’algoritmo”: Il nuovo mantra della deresponsabilizzazione

Computer says no! – il computer dice no! è il mantra che uno dei personaggi di Little Britain, Carol Beer, la bancaria incapace dall’intelligenza artificiale ripete ogni volta che un cliente le pone una domanda fuori dagli standard. Chi – come me – è vecchio abbastanza, ha perso il conto delle volte nelle quali lo sportellista di un ente pubblico o di un’azienda privata rispondeva in termini – e toni – analoghi a quelli di Carol Beer: il computer dice di no, è colpa del computer, il computer non prevede questa ipotesi… tutte forme di deviazione della responsabilità da quella del reale colpevole (chi ha validato l’analisi e la scrittura del software) a quella di una macchina che nella sua stupida rigidità non consentirebbe di fare quello che l’utente sta chiedendo. Un modo estremamente comodo per far sì che nessuno paghi per le inefficienze, i ritardi e le follie della burocrazia.

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“Colpa dell’algoritmo” e “Riflessi migliori con la musica”. Da Repubblica.it: rimbalzo acritico di notizie

Sono consapevole di essere diventato monotono nell’evidenziare imprecisioni e superficialità dei professionisti dell’informazione, ma non passa giorno senza che venga pubblicato qualche articolo metodologicamente scorretto o vettore di informazioni confuse, meritevole di un approfondimento.

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Repubblica.it, fake news, e la prima pietra

Repubblica.it annuncia uno “speciale” su come si “combattono” le bufale online. Ma l’analisi empirica che sto conducendo da qualche tempo – del tutto ascientifica, in puro stile giornalistico – dimostra che gli articoli pubblicato su questo giornale non sono affatto immuni da imprecisioni, errori e carenza di rigore.

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La mala (compresa) scienza. E’ il turno di Repubblica.it

Un esempio di cattiva divulgazione in un articolo firmato da Massimiliano Razzano e pubblicato da Repubblica.it a proposito di una (relativamente) nuova teoria sull’origine dell’universo, e inintitolato Studio: il nostro Universo potrebbe essere un gigantesco ologramma

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Repubblica.it e il “vero falso” Alan Turing

di Elliott & Fry - 29 March 1951
di Elliott & Fry – 29 marzo 1951

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Google, il M5S Messora e il prezzo della libertà

Si lamenta un esponente del Movimento 5 Stella del fatto che Google gli avrebbe disattivato l’account adsense – necessario per ottenere soldi in cambio di click su banner – sulla base del “giro di vite” sulle fake-news. Il motivo addotto da Google sarebbe, secondo Messora, che il sito in questione si presenta come una testata giornalistica, pur non essendolo. Immancabile il grido (interessato) “all’assassinio” della libertà di espressione: Continue reading “Google, il M5S Messora e il prezzo della libertà”

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Dalla Corte di giustizia UE “legalizzato” il clic per le clausole vessatorie e consenso al trattamento dei dati personali

In un articolo che scrissi nel 2009 per Il Sole24Ore diedi conto del disegno di legge del sen. Enrico Musso per la “legalizzazione” del “clic” come forma idonea ad accettare clausole vessatorie online.

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Beretta vs Sig Sauer. Articolo impreciso e generico su Repubblica.it

Un articolo su Repubblica.it non firmato riferisce dell’esito della procedura di selezione della nuova arma da fianco dell’esercito americano. Non più la Beretta 92 (nella codifica americana, M9) ma la Sig Sauer, sconfitta, nel 1985, nel confronto testa a testa con la pistola italiana, e ora vincitrice con il modello P320. Continue reading “Beretta vs Sig Sauer. Articolo impreciso e generico su Repubblica.it”

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Esperto di CyberSecurity in dieci lezioni

Questa è la traduzione in italiano di un post che ho scritto qualche tempo fa in inglese e che ha avuto un certo successo fra gli addetti (veri) ai lavori. Lo ripropongo in italiano, con qualche piccola modifica. Continue reading “Esperto di CyberSecurity in dieci lezioni”

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Caso Stasi e test DNA su oggetti abbandonati. Quarto Grado e il Garante dei dati personali dicono una cosa (quantomeno) imprecisa

Un’altra puntata nel mondo dell’informazione professionale e delle informazioni mal trasmesse, gestite dallo stesso mondo che se la prende con i “dilettanti dell’informazione. Questa volta, lo spunto di riflessione è fornito da una puntata della trasmissione Quarto Grado che si è occupata del tentativo della difesa di Alberto Stasi di far riaprire le indagini sull’omicidio di Chiara Poggi per il quale Stasi è stato condannato.

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Bufale online. Dai professionisti dell’informazione un altro articolo metodologicamente scorretto

L’analisi empirica sul “rigore” dei media professionali riguarda oggi un articolo pubblicato da Repubblica.it, firmato da Rosita Rijtano e intitolato Troppe truffe online, così gli italiani perdono fiducia nella Rete
A differenza di quello sul caso emissioni FCA che ha richiesto un commento più articolato, questo articolo è molto più semplice da valutare.

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Questione autovetture inquinanti. Ancora una prova di scarso rigore dei media

Prosegue, ancora con l’analisi di un articolo sul caso FCA-emissioni inquinanti, lo studio empirico che sto conducendo sul tema bufale online, fake e leggende urbane e sulla presunta “superiorità” dei media “professionali” rispetto ai post di singoli individui.

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La riscoperta della ruota. Inventata la “roboetica” di Isaac Asimov

La Commissione affari giuridici dell’Unione Europea pubblica un rapporto sulla robotica palesemente ossessionato da luddismo e sindrome di Frankenstein, mentre un ricercatore italiano, evidentemente ignorando o facendo finta di non conoscere i romanzi di Isaac Asimov, si inventa – e viene premiato per – la “roboetica”.

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Bufale, disinformazione e mala informazione non riguardano solo gli utenti Facebook

La fine del 2016 e il 2017 sono (stati) qualificati come l’era della post-verità (cioè del fatto che qualsiasi fesseria venga scritta online, c’è sempre qualcuno che ci crede), con la croce per la “scomparsa del vero” buttata sulle spalle di Facebook e dell’industria delle telecomunicazioni. Il che si è tradotto nell’annuncio da parte dei politici italiani di un “giro di vite” sugli over-the-top (Facebook, appunto, ma anche Google, Twitter ecc.) invece che sugli untori digitali (la banda di ignoranti e analfabeti che scambiano il diritto alla libertà di parola per quello di parole in libertà e si sentono “legittimati” a scrivere qualsiasi bestialità).

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Due miliardi di danni per uso non autorizzato di una fotografia. La storia si ripete?

La catena di ristorazione messicana Chipotle è stata citata da una cliente la cui foto è stata utilizzata per una campagna pubblicitaria. La richiesta della “danneggiata” è di oltre due miliardi di dollari.

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Pubblicata l’edizione italiana di Privacy. A Very Short Introduction

Dopo quasi due anni di lavoro sono riuscito a pubblicare Privacy. Una sintetica introduzione che è l’edizione italiana di Privacy. A Very Short Introduction scritta dal prof. Raymond Wacks e pubblicata originariamente dalla Oxford University Press.

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Il tribunale di Pescara, Stamina e il gioco di parole

Leggo su Primadanoi.it che il Tribunale di Pescara ha concesso a un malato di potersi curare con il metodo Stamina presso l’ospedale di Pescara. Il quotidiano riporta anche le parole del legale che ha patrocinato la causa, il quale ha dichiarato testualmente che la materia va trattata

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Il prof. Onida e la responsabilità dei provider. Tanto rumore per nulla?

di Andrea Monti – ICTLEX

Ha destato molte reazioni il parere del prof. Onida – ex presidente della Corte costituzionale – secondo il quale è giuridicamente possibile attribuire all’Autorità per le comunicazioni poteri di “chiusura” o “filtraggio di accesso” a risorse di rete localizzate all’estero per combattere la “pirateria informatica”. In sintesi, ritiene il prof. Onida, pochè l’articolo 17 del d.lgs. 70/2003 che recepisce la direttiva comunitaria sul commercio elettronico  stabilisce che
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Promuovere gli e-book partendo dai classici

Come ho scritto in un articolo precedente, il circolo vizioso che frena lo sviluppo degli e-book è quello del prezzo elevato dei reader che non scenderà fino a quando non ci saranno abbastanza lettori, i quali non aumenteranno fino a quando i reader costeranno così tanto e – attenzione – fino a quando mancheranno contenuti esclusivamente fruibili in elettronico.

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Demistificazione e telefonia mobile possono aiutare la diffusione degli e-book

Una delle barriere che tengono lontani i lettori dagli e-book è il costo elevato dei reader. Anche se in Italia si vendessero apparati a meno di cento Euro non è detto che il pubblico li acquisterebbe. E se non lo fa, se non cresce il numero degli apparati, non potrà evidentemente crescere il mercato dei libri che li contengono. Allo stato, infatti, il parco dei potenziali lettori è limitato a persone che vivono “in mobilità” e che hanno una propensione all’acquisto di quelli che, per ora, sono solo dei gadget tecnologici. Nell’angusto mercato di riferimento questa è una nicchia nella nicchia.

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Il “tutto a un’Euro” non funziona per gli e-book

ICTLex – Il “tutto a un’Euro” non funziona per gli e-book

Anche per gli e-book si comincia a parlare del “prezzo fisso” a 99 Eurocent, sulla falsariga della scelta vincente (per la musica) compiuta da Apple sul suo Itunes Store. Può essere un’idea, ma non è detto che quello che ha funzionato per la musica funzioni ugualmente per i libri.
Una canzone pop è per sua natura trasversale e ha un pubblico, pardon, mercato, non (troppo) vincolato da limiti linguistici.

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Falsi problemi e rendite di posizione bloccano il mercato italiano degli e-book

Questo articolo riassume e coordina gli interventi pubblicati su McReporter-Interlex sui vari aspetti del mercato degli e-book

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La gestione della Full Disclosure

Il concetto, in sintesi

  • la full disclosure è la scelta compiuta da chi ricerca vulnerabilità di sistemi operativi e applicazioni, di renderne integralmente noti i risultati.
  • A seconda della tipologia delle informa- zioni rilasciate e delle tempistiche adottate, si possono configurare diversi livelli di responsa- bilità per lo scopritore dei bug
  • La scoperta di una vulnerabilità causata da una grave negligenza del produttore può provocare, a carico di quest’ultimo, l’apertura di procedimenti penali e l’attivazione di class action.
  • Prima di rendere integralmente nota una vulnerabilità è opportuno segnalarla al pro- duttore del software e alle forze di polizia.

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Reagire ai pen-test non autorizzati

di Andrea Monti monti@ictlex.com – ICTLEX BRIEFS 1/06

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Controllare l’internet sul luogo di lavoro

di Pierluigi Perri – perri@ictlex.com – ICTLEX BRIEFS 1-06

Il concetto, in sintesi Continue reading “Controllare l’internet sul luogo di lavoro”

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