di Andrea Monti – PC Professionale n. 136
Secondo la legge sul diritto d’autore, chi realizza un sito per la Pubblica Amministrazione cede a quest’ultima i diritti sull’opera d’ingegno commissionata. Il 20 aprile 2002 un provvedimento d’urgenza del Tribunale di Pescara ha oscurato il web istituzionale del Comune di Francavilla al mare in provincia di Chieti. La decisione è stata motivata da una controversia sulla titolarità dei diritti d’autore sul sito dell’amministrazione pubblica, citata in giudizio dalla web agency che si afferma titolare dei diritti d’autore sul sito. Nella fase cautelare, dove il giudice adotta dei provvedimenti temporanei per evitare il prodursi o il protrarsi di danni gravi ed irreparabili senza entrare specificamente nel merito della vicenda, è stato appunto ordinato di sequestrare le pagine “incriminate”, in attesa che il successivo processo consenta di risolvere definitivamente la questione.
A prescindere dal merito della controversia (che sarà compito del magistrato individuare), la vicenda offre l’occasione per chiarire alcuni aspetti dell’applicabilità del diritto d’autore ai lavori commissionati dalla Pubblica Amministrazione. Il punto di partenza è l’art. 11 della legge sul diritto d’autore, che attribuisce automaticamente alla Pubblica Amministrazione tutti i diritti sulle opere dell’ingegno da questa commissionate a terzi. In altri termini, quando si riceve una commessa da un ente pubblico gli si trasferiscono tutti i diritti con l’esclusione di quelli morali (paternità dell’opera, ad esempio). E sarebbero inapplicabili le eventuali clausole contrarie che dovessero cioè riservare alla web-agency la proprietà del sito o di una sua parte.
È evidente, quindi, che nel caso particolare le pagine in questione non potevano essere sequestrate perché detenute e utilizzate dal legittimo proprietario. Per di più, nell’eseguire il provvedimento, oltre a sequestrare le pagine in contestazione, è stato addirittura bloccato l’accesso all’intero dominio. Con la conseguenza di oscurare contenuti non contestati (aree istituzionali, documentazione amministrativa) e disattivare servizi come la posta elettronica ufficiale dell’ente. Con gravissimo danno sia per l’ente sia per i cittadini che per svariati giorni non hanno potuto usufruire dei servizi offerti dall’Amministrazione (non solo “lato web”). Eppure sarebbe stato sufficiente disporre una semplice descrizione delle pagine controverse, oppure la loro duplicazione su di un supporto non riscrivibile, o ancora disabilitare i permessi di lettura. Senza con questo andare a paralizzare altre funzionalità del sistema totalmente estranee alla controversia. Il tema è serio e complesso.
Da anni lo scandalo dei sequestri di computer continua praticamente ignorato, eccezion fatta per i Tribunali del riesame di Torino e Venezia che rappresentano gli unici due orientamenti “controtendenza”. Ora anche i domini possono essere indiscriminatamente bloccati e per le ragioni più futili. E i cittadini si trovano a dover subire danni perché siti istituzionali possono essere “smantellati” dall’oggi al domani. Purtroppo, si è avverata puntualmente la previsione di chi contestava la legittimità dei sequestri di computer e di domini relativi a duplicazione abusiva o a diffusione di contenuti critici. E che temeva l’estensione di questo modus operandi anche a situazioni molto diverse e innocue, come quella che ha visto protagonista il Comune di Francavilla. Come si fa – adesso – a sconfessare anni di giurisprudenza draconiana?
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