Tribunale di Venezia – Sezione distrettuale del riesame
Ordinanza N. 62/05 del 31 marzo 2005
N. 62/05 TLMC
N. 2082/05 RGNR Venezia
Il Tribunale in composizione collegiale formato da:
dott. Angelo Risi Presidente
dott.ssa Priscilla Valgimigli Giudice
dott.ssa Roberta Poirè Giudice
pronunciandosi:
sul riesame proposto da XXXXX, nato a…… il……, avverso il decreto del GIP di Venezia che, in data 24.2.2005, ha disposto il sequestro del personal computer e delle relative periferiche in relazione al reato ex art. 600 ter comma 3 c.p.
OSSERVA
Nell’ambito di una complessa indagine svolta in collaborazione con le Polizie Giudiziarie di altri paesi europei e, altresì, su sollecitazione di privati che, utilizzando programmi di file sharing, si erano imbattuti in files recanti immagini di pornografia minorile, la Polizia Postale, accertava, con attività sottocopertura regolarmente autorizzata, che alcuni programmi di files sharing denominati Kazaa, Imesh e Grokster venivano utilizzati, altresì, per la condivisione di immagini di bambini ripresi in atteggiamenti o comportamenti sessuali.
L’odierno ricorrente veniva individuato in base alle informazioni tecniche fornite dalla Polizia norvegese, informazioni che, elaborate secondo le modalità compiutamente spiegate nell’informativa del 14.2.2005, consentivano di identificare l’utente XYZ quale soggetto che in data 24 marzo e 28 marzo 2004 aveva messo in condivisione – e quindi divulgato – tre files e ventisette fotografie pornografiche riproducenti bambini, scaricandole dalla rete e collocandole sul proprio hard disk mediante il programma KAZAA.
Attraverso gli indirizzi utilizzati in quelle occasioni dall’utente si risaliva ai “file di log” (acquisiti mediante i rituali provvedimenti del Giudice per le Indagini Preliminari) dell’utente stesso e quindi, all’utenza telefonica di cui è titolare YYYYY, padre dell’odierno ricorrente XXXXXX..
Il provvedimento oggetto del presente riesame è il decreto del PM con cui, in data 24.2.2005, è stata disposta la perquisizione locale dell’abitazione, e pertinenze, dell’indagato con conseguente sequestro del p.c., delle relative periferiche e dei supporti informatici in quanto necessari ai fini della prova.
Il suddetto decreto veniva eseguito in data 17.3.2005; in quella occasione XXXXX indicava alla P.G. le directory su cui erano archiviate immagini e filmati del genere e consegnava 11 CD ROM contenenti materiali dello stesso genere anch’essi sequestrati.
Con il presente ricorso XXXXX, osservato che il computer sequestrato era stato acquistato in epoca successiva ai fatti contestati e che, pertanto, non poteva essere considerato corpo di reato, contesta la sussistenza del fumus di reato (sotto il profilo che l’impiego dei programmi di files sharing non concretizzerebbe il concetto di divulgazione richiesto dal comma 3 dell’art. 600 ter c.p.) e la sussistenza della finalità probatoria del sequestro esteso alle componenti ulteriori rispetto all’hard disk.
Lamenta, poi, la carenza di motivazione del provvedimento impugnato e l’irritualità dell’accesso al domicilio informatico senza previa autorizzazione dell’A.G.
Esaminati gli atti e ad esito della camera di consiglio il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato.
Sussiste il fumus del reato contestato.
I programmi di files sharing, consentendo di ricercare un file in rete e, una volta trovatolo, di scaricarlo salvandolo sul proprio P.C., permettendo, contestualmente, ad un numero indeterminato di altri utenti di prelevare a loro volta, i files messi in condivisione da chi sta scaricando, sono uno strumento di divulgazione che si rivolge ad un numero indefinito di destinatari, con la conseguenza che l’utente di tali programmi pone senz’altro in essere la condotta contemplata dall’art. 600 ter comma 3 c. (si vedano, in proposito, tra le altre, le sentenze della S.C. 11.2.20/ 3.2.03 N. 4900 e 11.2.2002 n. 5397).
Premesso, poi, che in questa sede può solo dibattersi circa la sussistenza del fumus del reato, e non già della gravità indiziaria individualizzata – richiesta quale condizione legittimante della cautela personale ma non già di quella reale – deve nondimeno osservarsi che nel presente caso sussistono evidenti elementi concreti per ritenere il protagonismo delittuoso del ricorrente, stante l’uso del nome XYZ (facilmente riconducibile al nome XXXXX) e, soprattutto, il contegno serbato in occasione della perquisizione, quando XXXXX ha spontaneamente consegnato i Cd Rom compromettenti ed indicato la directory contenente le immagini ricercate.
Nessuna violazione a norme procedimentali sembra, poi, sussistere atteso che dagli atti emerge come sia l’attività sottocopertura che l’acquisizione dei dati relativi al traffico telematico siano stati ritualmente autorizzati, rispettivamente, ai senti dell’art. 14 L. 269/98 ed ex L. 45/04 e D.lo 196/036.
Passando a considerare la strumentalità dei beni sequestrati rispetto alle finalità di indagine, deve, innanzi tutto, escludersi la carenza di motivazione in capo al decreto del P.M. avendo l’inquirente spiegato sufficientemente che “nel personal computer, nelle relative periferiche nonché nei supporti informatici potrebbero essere conservate le immagini di pornografia infantile” costituenti prova dell’ipotizzato reato sub indagine.
Evidente, quindi, che, contariamente a quanto assume la difesa, il computer sequestrato è stato utilizzato per la realizzazione del reato de quo (quantomeno su di esso sono state riversate le immagini previamente scaricate, non essendo, comunque, decisivo lo scontrino fiscale prodotto che en potrebbe riferirsi ad un secondo elaboratore acquistato, ad esempio, per dono o per conto di terzi), allo stato attuale non pare accoglibile la richiesta di limitare il sequestro al solo hard disk.
Le acquisizioni fino ad oggi effettuate, infatti, sembrano dimostrare sufficientemente che il ricorrente abbia divulgato, in talune occasioni, immagini di pornografia infantile avvalendosi del programma di condivisione di files Kazaa ma, certamente, sono insufficienti a ricostruire con esattezza la dimensione, frequenza e durata dell’attività delittuosa, ciò che potrò essere stabilita solo attraverso un approfondito esame tecnico della strumentazione informatica.
Un parziale restituzione è, in questa fase, prematura non potendosi escludere che la disponibilità di tutto il materiale sequestrato possa consentire, o comunque facilitare, operazioni tecniche più complesse quali, ad esempio, la ricerca di tracce files già scaricati e, successivamente, cancellati con conseguente possibilità di concretizzare e circostanziare adeguatamente l’ipotesi investigativa.
P.Q.M.
Visto l’art. 324 c.p.p.
RIGETTA il riesame proposto da XXXXX avverso il decreto di sequestro probatorio emesso dal P.M. di Venezia in data 24.2.2005 e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali di fase.
Venezia, 31.3.2005.
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