Decreto legislativo 196/03: l’internet non è una rete

Interlex n. 269 – di Andrea Monti

L’applicazione del DLgv  196/03, già resa complessa dalla mole del testo normativo, potrebbe incontrare ulteriori problemi concreti per via dello scarso rigore definitorio adottato dal legislatore.
Un esempio è l’art. 4 c.2 lett. c) che definisce “reti di comunicazione elettronica” i sistemi di trasmissione, le apparecchiature di commutazione o di instradamento e altre risorse che consentono di trasmettere segnali via cavo, via radio, a mezzo di fibre ottiche o con altri mezzi elettromagnetici, incluse le reti satellitari, le reti terrestri mobili e fisse a commutazione di circuito e a commutazione di pacchetto, compresa Internet, le reti utilizzate per la diffusione circolare dei programmi sonori e televisivi, i sistemi per il trasporto della corrente elettrica, nella misura in cui sono utilizzati per trasmettere i segnali, le reti televisive via cavo, indipendentemente dal tipo di informazione trasportato.
La definizione è particolarmente ampia tanto da ricomprendere elementi tecnicamente attestati su livelli diversi e che sembra difficile poter equiparare in termini normativi. Così vengono messi sullo stesso piano gli apparati di trasmissione, le apparecchiature di commutazione o instradamento e le infrastrutture. Queste ultime distinte ancora in “sistemi di trasmissione” e “reti” tout-court. Inoltre, nell’elenco delle reti oggetto di attenzione legislativa viene inclusa – con seria perplessità dell’interprete – anche l’internet (anzi “Internet” con la maiuscola).

Sembra di capire che infatti, secondo il legislatore, “Internet” sarebbe un mezzo di trasmissione analogo a reti a commutazione di circuito o di pacchetto e al resto del composito panorama tecnologico che caratterizza i servizi della società dell’informazione. Se così fosse – ma non c’è altra interpretazione della norma – saremmo di fronte a un errore concettuale molto serio, se si considera che l’internet non è una rete fisica ma un protocollo (meglio, una suite di protocolli). E che in quanto tale può essere utilizzato su una pluralità di reti tecnologicamente diverse.
Per rendersene conto basta pensare che è possibile accedere a risorse IP dalla linea telefonica (rete commutata), via satellite, via GSM o GPRS, Wi-FI, ecc. Diverse le reti, identico il protocollo.
Come è noto, infatti, i sistemi e protocolli di rete sono descritti in una tabella denominata “TCP/IP Stack” nella quale ciascun elemento ha una posizione e una funzione. Al livello link vengono gestite le comunicazioni primarie con l’hardware. A quello di rete vengono invece assunte le decisioni sulla destinazione dei dati senza però garantire alcuna effettiva “consegna” degli stessi, compito assegnato al livello di trasporto. L’ultimo livello, applicazione, è quello con il quale di regola l’utente interagisce con la rete grazie, appunto, ai protocolli http, FTP ecc. La tabella (parziale) che segue riassume, semplificando, il tutto:
 


Applicazione

Telnet, http, FTP

Trasporto

TCP, UDP

Rete

IP, ICMP, IGMP

Link

Interfaccia di rete


Decidendo di ignorare il funzionamento tecnico di una rete il legislatore ha normato allo stesso modo le regole per la trasmissione di un dato (protocollo) e lo strumento fisico che veicola i dati secondo le indicazioni del protocollo (sistema di trasmissione), creando un’ambiguità che sarebbe stato preferibile e possibile evitare.
Insomma, se, almeno in diritto, non è vero che il mezzo è il messaggio, a maggior ragione il messaggio non può essere il mezzo.

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