That’s none of your business, “non sono fatti tuoi” questa è la concezione piuttosto rozza che Apple ha scelto per una campagna pubblicitaria dell’iPhone. Il video è tutto impostato sul concetto di “statemi alla larga” e ritrae segni di divieto d’accesso, distruggidocumenti e – alla fine – un lucchetto che si trasforma nella mela morsicata, marchio dell’azienda.
Da un soggetto che ha come unico (legittimo) obiettivo quello di vendere quanti più prodotti possibile non ci si può aspettare che tenga conto del complesso dibattito sulla natura – e prima ancora sull’esistenza stessa – del diritto alla privacy e dunque non ci si può lamentare del fatto che abbia usato un concetto obsoleto e inadatto ai nostri tempi.
Ciò che conta, invece, è che la scelta di Apple di sostenere la tesi che “privacy” equivale a “segreto” rinforza la tesi dei detrattori di questo diritto secondo la quale sostenere la privacy significa aiutare pedofili e terroristi a commettere le loro nefandezze. L’arresto di Ola Bin è una delle vicende più recenti che si inserisce drammaticamente in questo dibattito.
Ma cosa volete che sia preoccuparsi delle implicazioni per i diritti umani collegate a una campagna pubblicitaria?
L’importante, è vendere, mica filosofare…
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