Interlex n. 248
La notizia del ragazzo suicidatosi all’arrivo dei Carabinieri che – nell’ambito dell’ennesima indagine anti “pedofilia online” – dovevano eseguire un decreto di perquisizione e sequestro è rapidamente scomparsa dalle cronache. E non sembra avere stimolato riflessioni che, visti i fatti e, soprattutto, quelli che in cronaca non finiscono, sarebbero invece doverose. Sarebbe innanzitutto da ricordare che la legge 269 punisce a vario titolo la diffusione (impropriamente definita divulgazione, che in italiano significa altro) di immagini pornografiche prodotte mediante lo sfruttamento sessuale dei minori.
Viceversa, quando ci si riferisce a casi del genere, si utilizza il termine “pedofilia”, che ha tuttaltro significato e che riguarda la sfera delle psicopatologie sessuali. In altri termini si opera un pericoloso ribaltamento dei criteri di imputazione della responsabilità, per cui non è sanzionato il provocare un fatto tipico e antigiuridico (come è regola nel codice penale), ma la pura e semplice “colpa per tipo d’autore”. In altri termini, non è punito chi “si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene”, ma chi presenta tutte le caratteristiche del “ladro”, a prescindere dall’effettiva commissione del furto. Come si legge in un qualsiasi manuale universitario di diritto penale, un simile criterio di attribuzione della responsabilità era comune, nel recente passato, alla Germania nazista e alla Russia stalinista.
In conclusione, quando a proposito delle retate di onanisti e delle leggi che le ispirano o le consentono si utilizza il termine “pedofilo”, si compie una inaccettabile e pericolosissima inversione semantica, che induce a pensare proprio come in quei tempi che nessuno vorrebbe rivivere. Non era certo, in questo senso, un pedofilo il giovane suicida.
Rispetto al tema, non si tratta di entrare nello specifico di una vicenda dolorosa che può avere cause articolate e al di fuori della ragionevole prevedibilità, né di trasformare in un’icona una tragica vicenda umana. Quanto piuttosto di prendere atto del sostanziale fallimento della inaccettabile guerra santa condotta in nome di una strumentalmente invocata “necessità” di tutela dei minori. Che non ha ridotto l’esposizione dei soggetti indifesi a vessazioni e abusi e non ha portato a risultati realmente significativi. Limitandosi ad “accalappiare” per lo più sprovveduti “guardoni”, superficiali curiosi e ragazzi non abbastanza maturi da valutare le conseguenze dei propri comportamenti.
Tanto è vero che, timidamente, ma solo fra le forze di polizia, alcuni soggetti più competenti cominciano a rendersi conto che azioni del genere sono sbagliate e inutili. Soprattutto perché non sono affatto calibrate e fanno finire nel “tritacarne” giudiziario e giornalistico anche soggetti – ragazzi e adolescenti, appunto – che senza essere affetti da psicopatologie sessuali sono trattati e additati come gli eredi di monsieur Landru. E invece, almeno nei casi di cui c’è esperienza diretta, si tratta di persone che hanno un rapporto difficile con genitori distanti, oppressivi o separati, con un livello di maturazione non corrispondente all’età anagrafica e con una minore capacità di autodeterminazione e relazione con l’esterno. O, in altri casi, portatori di una carica di ribellione che li porta a compiere azioni illecite o comunque riprovevoli.
Si potrà dire che non tutti gli indagati per detenzione e scambio di immagini pornografiche prodotte mediante lo sfruttamento sessuale dei minori rientrano in questa categoria. Forse è vero, ma si tratta comunque di un fenomeno da non sottovalutare, riguardasse – e non è così – anche solo una persona.
Non è questa la sede per valutare le implicazioni extragiuridiche e psicologiche di quanto si desume dall’analisi dei casi processuali. Ciò non toglie, tuttavia, che persone bisognose di assistenza (e nemmeno per questioni psicosessuali) vengono inforcate sullo spiedo di indagini “alla moda”.
Sarebbe veramente triste se dopo indagini del genere, questi ragazzi si convincessero di essere “marchiati” indelebilmente e cominciassero a compiere sul serio azioni illegali.
Insomma, non si proteggono certo i minori creando nuovi mostri.
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