di Andrea Monti – PC Professionale n. 117
Come da migliore tradizione, l’adozione delle misure di sicurezza slitta di proroga in proroga. Il termine ultimo è fissato per fine anno, “data certa” permettendo…
La legge n.675/96 sulla protezione dei dati personali impone all’art.15 l’adozione di misure minime di sicurezza,il cui contenuto è rinviato a un apposito regolamento dettato da un Decreto del Presidente della Repubblica. La mancata osservanza di queste misure di sicurezza è sanzionata penalmente. In altri termini, non averle adottate fa automaticamente scattare un procedimento penale a carico di chi aveva il compito di porle in essere.
Il regolamento che specificava quali misure adottare doveva essere reso noto entro breve tempo dall’e
manazione della legge, ma fra una cosa e l’altra abbiamo dovuto aspettare oltre due anni per avere il DPR 318/99, che a sua volta imponeva un termine di sei mesi per l’effettiva adozione delle misure di sicurezza.
Trascorsi i sei mesi e giunti a marzo 2000, però, la stragrande maggioranza delle grandi aziende e delle cosiddette PMI(che poi non sono affatto piccole nel senso comune del termine), per non parlare di ministeri ed enti pubblici, erano ancora ben lontani dall’aver obbedito al= la legge. E non per cattiva volontà
o negligenza, quanto per il fatto che in strutture complesse ff termine di sei mesi concesso dal DPR 318/99 non era sufficiente nemmeno per `capire dove ci si trovasse”. Nella “migliore” tradizione della legge sui dati personali, dunque, si cominciò a parlare di una proroga che consentisse di mettersi in regola senza incorrere nelle sanzioni previste.
Da marzo 20001a proroga arriva (forse) a fine novembre quando dovrebbe essere pubblicata in Gazzetta Ufficiale la proposta di legge 6885?B (www.andreamonti.net/lex/ pdl68856.htm).Che concede tempo fino alla fine dell’anno a chi, con un documento avente “data certa”, dichiara i motivi peri quali non gli è stato possibile rispettare la scadenza di marzo.
Sorvoliamo sul fatto che ? messa in questi termini?la proroga è del tutto inutile perché non ha effetto retroattivo e dunque non fa venire meno la condizione di illegalità nella quale le imprese e gli enti pubblici sitrovano ancora oggi, per risolvere un problema pratico legato all’ottenimento della proroga. Quello della “data certa”.
La certezza della data è un requisito associato a un atto avente valore giuridico che consente di riferirlo indiscutibilmente a un certo giorno. I1 caso più classico di data certa è quello derivante dall’attività del notaio che assegna un numero di repertorio (una specie di protocollo) a ogni atto da lui rogato. E infatti molti?sbagliando ? hanno pensato di rivolgersi al notaio per ottenere questa “certificazione”, In realtà questo non è possibile, perchè la legge vieta al notaio di accettare atti a futura memoria; ma allora, come si fa?
Le soluzioni sono diverse e articolate. Partendo da quella più “artigianale” si potrebbe “autospedirsi” in busta sigillata il documento richiesto dalla norma. Così, in caso di controlli,si farà constatare all’accertatore la data del timbro postale.
Una soluzione più seria è invece quella di depositare il documento
presso l’Ufficio del registro, pagando la tassa fissa di lire 500.000. L’atto riceve un numero e una data, ed è possibile richiederne una copia con tanto di bolli e timbri, da conservare insieme alla notifica prevista dall’ut, 7 L:675/96 (se èstata fatta) e agli altri documenti relativi all’applicazione della legge.
Le persone giuridiche private possono invece inserire questo atto in una delibera del consiglio d’amministrazione e poi richiedere una vidimazione straordinaria.
Gli enti pubblici, infine, possono ricorrere al normale protocollo che viene apposto su ogni atto di loro
competenza. A1 di là degli aspetti formali, tuttavia, ti fatto che questa proroga sia arrivata con oltre otto mesi di ritardo la priva sostanzialmente di efficacia. Perché ha impedito di fatto qualsiasi forma di pianificazione o di organizzazione, costringendo tuttia una “corsa dell’asino” per cercare di fare in pochi giorni quello che avrebbe richiesto molto più tempo.
Il risultato è che, dunque, pur ottenendo questo famigerato documento con data certa la condizione di affanno non cambierà di una virgola. C’è solo da sperare nella proroga della proroga.
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