Consumatori (e relativo avvocato di associazione dei consumatori) si lamentano del fatto che Amazon abbia sospeso account di utenti che hanno eseguito dei resi e invocano maggiore tutela per i consumatori contro i “colossi del web” con l’altrettanto inevitabile “appello” alla UE.
Amazon (a prescindere da inevitabili errori, sempre possibili) è nel suo pieno diritto di recedere da contratti a tempo indeterminato, così come di risolverli a fronte di comportamenti scorretti degli utenti che comprano, usano e restituiscono in malafede. Non vedo nulla di vessatorio nel comportamento di Amazon, mentre vedo molto di fraudolento in quello dei “restitutori seriali”.
Effettivamente, però, il tema del come portare una piattaforma USA in giudizio davanti a un giudice nazionale è rilevante: costa molto, pochi possono permetterselo e ancora meno sono gli avvocati che hanno una reale compenteza per gestire casi del genere (a partire dalle conoscenze linguistiche).
Non è, dunque, un problema di “possibilità” ma di effettiva fattibilità: su questo, forse e una volta tanto, un intervento normativo non guasterebbe.
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