Non è chiaro se la frase “una bugia detta una volta rimane una bugia, una bugia ripetuta diecimila volte diventa verità” (o una delle sue tante varianti) sia stata effettivamente pronunciata dal ministro della propaganda nazista Joseph Goebbels. Fatto sta che il modo in cui media e istituzioni usano numeri e statistiche conferma empiricamente questo assioma della propaganda. Nel caso del COVID-19, tuttavia, il suo largo impiego è frutto di ignoranza e necessità di “dare numeri” a tutti i costi piuttosto che di un “piano per il controllo globale”.
Mentre alcuni, come la BBC, o France Info cominciano a farsi qualche domanda sul significato dei numeri della pandemia, anche oggi – come in tanti articoli e tanti servizi televisivi – si continua ad utilizzare il rapporto “numero dei tamponi” su “numero di contagiati” per fornire un indice sull’andamento del contagio.
E’ un criterio semplicemente sbagliato, come scrivo fin dall’inizio di questa vicenda ma che insieme ad altre maniere di mal-trattare i numeri produce effetti distorti sulla comprensione del fenomeno da parte delle istituzioni e sulla percezione da parte dei cittadini. In altri termini, questo significa che le scelte politiche non sono basate sulla realtà e che le persone hanno visto e vedranno rovinare la propria vita da una finzione.
La domanda, come direbbe il grande Antonio Lubrano, “sorge spontanea” e dunque viene da chiedersi il perchè di questo stato di fatto. La risposta è contenuta nelle righe che seguono, citate nel mio prossimo libro sull’impatto del COVID-19 sul public policy, tratte da uno studio di Philip Taylor intitolato “Communications, International Affairs and the Media Since 1945“:
La paura — del crimine, del volo o della guerra — è sproporzionata rispetto alla realtà. Che si manifesti in una mentalità ispirata al mito delal “fortezza americana”, nella paura dell’Unione Europea da parte del Regno Unito, o della paura che la UE ha del morbo della mucca pazza diffuso in Inghilterra, questioni complicate sono comunicate al pubblico come se fossero semplici, senza che i media si assumano la responsabilità sul come comunicano queste informazioni, una volta che non fanno più “notizia”. In questo modo, i media fissano l’agenda del pubblico non tanto in modo da dire loro cosa pensare, ma fisssando le priorità delle quali dovrebbero occuparsi.
Ora, istituzioni e sistema dell’informazione possono ben autoconvincersi che “va bene così”, ma la realtà ha l’antipatica tendenza a non piegarsi alla volontà politica, come sapeva bene Abraham “Honest Abe” Lincoln
Si può ingannare tutta la popolazione per qualche tempo, e una parte della gente per tutto il tempo. Ma non si possono ingannare tutti per sempre
e meglio ancora lo sapevea il vero autore della frase, Jacques Abbadi, quando scriveva nel suo Traité de la Vérité de la Religion Chrétienne pubblicato nel 1684 che
… si può ingannare qualcuno, o tutti, in un certo luogo e in un dato momento, ma non tutti ovunque e per sempre.
Ora, quello che resta da capire è in quale delle tre opzioni ci troviamo in questo momento. Non conosco la risposta ma spero una cosa: che non sia la terza.
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