SENTENZA DELLA CORTE
6 novembre 2003 (1)
«Diritto di stabilimento – Libera prestazione dei servizi – Raccolta in uno Stato membro di scommesse sugli eventi sportivi e trasmissione, via Internet, verso un altro Stato membro – Divieto penalmente sanzionato – Normativa di uno Stato membro che riserva a taluni enti il diritto di raccogliere scommesse»
Nel procedimento C-243/01,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell’art. 234 CE, dal Tribunale di Ascoli Piceno nel procedimento penale dinanzi ad esso pendente a carico di
Piergiorgio Gambelli e altri,
domanda vertente sull’interpretazione degli artt. 43 CE e 49 CE,
LA CORTE,
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans e J.N. Cunha Rodrigues, presidenti di sezione, dai sigg. D.A.O. Edward (relatore) e R. Schintgen, dalle sig.re F. Macken e N. Colneric, e dal sig. S. von Bahr, giudici,
avvocato generale: sig. S. Alber
cancelliere: sig. H.A. Rühl, amministratore principale
viste le osservazioni scritte presentate:
– per il sig. Gambelli e altri, dall’avv. D. Agnello;
– per il sig. Garrisi, dagli avv.ti R.A. Jacchia, A. Terranova e I. Picciano;
– per il governo italiano, dall’avv. I.M. Braguglia, in qualità di agente, assistito dall’avvocato dello Stato D. Del Gaizo;
– per il governo belga, dal sig. F. van de Craen, in qualità di agente, assistito dal sig. P. Vlaemminck, avocat;
– per il governo ellenico, dal sig. M. Apessos e dalla sig.ra D. Tsagkaraki, in qualità di agenti;
– per il governo spagnolo, dalla sig.ra L. Fraguas Gadea, in qualità di agente;
– per il governo lussemburghese, dal sig. N. Mackel, in qualità di agente;
– per il governo portoghese, dal sig. L. Fernandes e dalla sig.ra A. Barros, in qualità di agenti;
– per il governo finlandese, dalla sig.ra E. Bygglin, in qualità di agente;
– per il governo svedese, dalla sig.ra B. Hernqvist, in qualità di agente;
– per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. A. Aresu e dalla sig.ra M. Patakia, in qualità di agenti,
vista la relazione d’udienza,
sentite le osservazioni orali del sig. Gambelli e altri, rappresentati dall’avv. D. Agnello, del sig. Garrisi, rappresentato dagli avv.ti R.A. Jacchia e A. Terranova, del governo italiano, rappresentato dall’avvocato dello Stato A. Cingolo, del governo belga, rappresentato dall’avv. P. Vlaemminck, del governo ellenico, rappresentato da sig. M. Apessos, del governo spagnolo, rappresentato dalla sig.ra L. Fraguas Gadea, del governo francese, rappresentato dal sig. P. Boussaroque, in qualità di agente, del governo portoghese, rappresentato dalla sig.ra A. Barros, del governo finlandese, rappresentato dalla sig.ra E. Bygglin, e della Commissione, rappresentata dal sig. A. Aresu e dalla sig.ra M. Patakia, all’udienza del 22 ottobre 2003,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 marzo 2003,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1. Con ordinanza 30 marzo 2001, pervenuta in cancelleria il 22 giugno successivo, il Tribunale di Ascoli Piceno ha sottoposto alla Corte, a norma dell’art. 234 CE, una questione pregiudiziale relativa all’interpretazione degli artt. 43 CE e 49 CE.
2. La detta questione è stata sollevata nell’ambito di un procedimento penale a carico del sig. Gambelli e di altri 137 indagati (in prosieguo: i «sigg. Gambelli e altri») accusati di aver organizzato abusivamente scommesse clandestine e di essere proprietari di centri che effettuerebbero attività di raccolta e trasmissione di dati in materia di scommesse, il che costituisce un reato di frode contro lo Stato.
Contesto normativo
La normativa comunitaria
3. L’art. 43 CE così recita:
«Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di uno Stato membro.
La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività non salariate e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 48, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali».
4. L’art. 48, primo comma, CE, prevede che «[l]e società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno della Comunità, sono equiparate (…) alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri».
5. L’art. 46, n. 1, CE, dispone che «[l]e prescrizioni del presente capo e le misure adottate in virtù di queste ultime lasciano impregiudicata l’applicabilità delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che prevedano un regime particolare per i cittadini stranieri e che siano giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica».
6. A norma dell’art. 49, primo comma, CE, «[n]el quadro delle disposizioni seguenti, le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno della Comunità sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello del destinatario della prestazione».
La normativa nazionale
7. Ai sensi dell’art. 88 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (GURI del 26 giugno 1931, n. 146; in prosieguo: il «regio decreto»), «non può essere conceduta licenza per l’esercizio di scommesse, fatta eccezione per le scommesse nelle corse, nelle regate, nei giuochi di palla o pallone e in altre simili gare, quando l’esercizio delle scommesse costituisce una condizione necessaria per l’utile svolgimento della gara».
8. Ai sensi dell’art. 37 della Legge Finanziaria 23 dicembre 2000, n. 388 (Supplemento ordinario della GURI del 29 dicembre 2000; in prosieguo: la «legge n. 388/00»), la licenza di esercizio delle scommesse è accordata solo ai concessionari o autorizzati da un ministero o altro ente al quale la legge riserva la facoltà di organizzare o accettare scommesse. Le scommesse possono riguardare tanto il risultato di eventi sportivi posti sotto il controllo del Comitato olimpico nazionale italiano (in prosieguo: il «CONI») o delle organizzazioni da esso dipendenti, quanto il risultato delle corse di cavalli organizzate tramite l’Unione nazionale per l’incremento delle razze equine (in prosieguo: l’«UNIRE»).
9. Gli artt. 4, 4 bis e 4 ter della legge 13 dicembre 1989, n. 401, recante «Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di competizioni agonistiche» (GURI del 18 dicembre 1989, n. 294; in prosieguo: la «legge n. 401/89»), come modificata dall’art. 37, n. 5, della legge n. 388/00, che ha introdotto gli artt. 4 bis e 4 ter nella legge n. 401/89, dispongono quanto segue:
«Esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommessa
Articolo 4
1. Chiunque esercita abusivamente l’organizzazione del giuoco del lotto o di scommesse o di concorsi pronostici che la legge riserva allo Stato o ad altro ente concessionario, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Alla stessa pena soggiace chi comunque organizza scommesse o concorsi pronostici su attività sportive gestite dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dalle organizzazioni da esso dipendenti o dall’Unione italiana per l’incremento delle razze equine (UNIRE). Chiunque abusivamente esercita l’organizzazione di pubbliche scommesse su altre competizioni di persone o animali e giuochi di abilità è punito con l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda non inferiore a lire un milione.
2. Quando si tratta di concorsi, giuochi o scommesse gestiti con le modalità di cui al primo comma, e fuori dei casi di concorso in uno dei reati previsti dal medesimo, chiunque in qualsiasi modo dà pubblicità al loro esercizio è punito con l’arresto fino a tre mesi e con l’ammenda da lire centomila a lire un milione.
3. Chiunque partecipa a concorsi, giuochi, scommesse gestiti con le modalità di cui al primo comma, fuori dei casi di concorso in uno dei reati previsti dal medesimo, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da lire centomila a lire un milione.
(…)
Articolo 4 bis
Le sanzioni di cui al presente articolo sono applicate a chiunque, privo di concessione, autorizzazione o licenza ai sensi dell’articolo 88 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, svolga in Italia qualsiasi attività organizzata al fine di accertare o raccogliere o comunque favorire l’accettazione o in qualsiasi modo la raccolta, anche per via telefonica o telematica, di scommesse di qualsiasi genere da chiunque accettate in Italia o all’estero.
Articolo 4 ter
(…) le sanzioni di cui al presente articolo si applicano a chiunque effettui la raccolta o la prenotazione di giocate del lotto, di concorsi pronostici o di scommesse per via telefonica o telematica, ove sprovvisto di apposita autorizzazione all’uso di tali mezzi per la predetta raccolta o prenotazione».
La causa principale e la questione pregiudiziale
10. Dall’ordinanza di rinvio emerge che il Pubblico ministero e il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Fermo hanno rilevato l’esistenza di un’organizzazione diffusa e capillare di agenzie italiane, collegate via Internet con il bookmaker Stanley International Betting Ltd (in prosieguo: la «Stanley»), con sede in Liverpool (Regno Unito), della quale fanno parte il sig. Gambelli e altri, che sono gli indagati nella causa principale. Viene loro contestato di aver collaborato, sul territorio italiano, con un bookmaker straniero all’attività di raccolta di scommesse di regola riservata per legge allo Stato, in violazione della legge n. 401/89.
11. Tale attività, considerata in contrasto con il regime di monopolio sulle scommesse sportive attribuito al CONI e integrante la fattispecie di reato prevista dall’art. 4 della legge n. 401/89, si svolgeva con le seguenti modalità: comunicazione da parte del giocatore al responsabile dell’Agenzia italiana delle partite sulle quali intende scommettere e indicazioni della somma giocata; invio, da parte della predetta agenzia, via Internet, della richiesta di accettazione al bookmaker con indicazione degli incontri di calcio nazionali in questione e delle puntate effettuate; invio, da parte del bookmaker, via Internet e in tempo reale, della conferma dell’accettazione della scommessa; trasmissione di tale conferma, da parte dell’agenzia italiana, al giocatore e pagamento di quest’ultimo del corrispettivo dovuto all’agenzia, inoltrato poi al bookmaker su apposito conto estero.
12. La Stanley è una società di capitali di diritto britannico, registrata nel Regno Unito e che svolge attività di bookmaker sulla base di una licenza rilasciata dalla Città di Liverpool ai sensi del Betting Gaming and Lotteries Act, con facoltà di svolgere tale attività nel Regno Unito e all’estero. La detta società organizza e gestisce scommesse in base ad una licenza britannica selezionando gli eventi e le quote, nonché assumendone il rischio economico. La Stanley versa le vincite e paga le varie imposte previste nel Regno Unito, oltre alle tasse sulle retribuzioni e ad altri tributi. Essa è soggetta a controlli rigorosi quanto alla regolarità delle attività svolte, controlli che vengono effettuati da una società privata di revisione nonché dall’Inland Revenue e dal Customs & Excise.
13. La Stanley propone al pubblico europeo un ampio ventaglio di scommesse a quota fissa su eventi sportivi nazionali, europei o mondiali. I singoli possono partecipare dalla propria abitazione, mediante vari sistemi come Internet, via fax o telefonicamente, alle scommesse organizzate e gestite dalla Stanley.
14. La presenza della Stanley in Italia come impresa si concretizza in accordi commerciali con operatori ovvero intermediari italiani, accordi relativi alla creazione di centri di trasmissione dati. Tali centri mettono a disposizione degli utenti alcuni mezzi telematici, raccolgono e registrano le intenzioni degli scommettitori e le trasmettono alla Stanley.
15. Gli indagati nella causa principale sono iscritti alla Camera di Commercio quali proprietari di imprese per l’avvio di un centro trasmissione dati e sono stati autorizzati dal Ministero delle Poste e delle Comunicazioni alla trasmissione di dati.
16. Il giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Fermo emanava un decreto di sequestro preventivo e gli indagati venivano sottoposti a perquisizioni personali e controlli nelle agenzie, nelle abitazioni e nelle autovetture. Veniva ordinato l’arresto dell’indagato Garrisi, membro del Consiglio di amministrazione della Stanley.
17. Contro i decreti di sequestro dei centri trasmissione dati di loro proprietà gli indagati della causa principale hanno proposto istanza di riesame dinanzi al Tribunale di Ascoli Piceno.
18. Il Tribunale di Ascoli Piceno si richiama alla giurisprudenza della Corte, in particolare alla sentenza 21 ottobre 1999, causa C-67/98, Zenatti (Racc. pag. I-7289). Osserva tuttavia che le questioni sorte nella causa dinanzi ad esso pendente non sono pienamente riconducibili alle fattispecie già esaminate dalla Corte nella menzionata sentenza Zenatti. Le recenti modifiche della legge n. 401/89 richiederebbero un nuovo esame della questione da parte della Corte.
19. A tale riguardo il Tribunale di Ascoli Piceno si riferisce ai lavori parlamentari relativi alla legge n. 388/00, dai quali emergerebbe che le restrizioni introdotte da quest’ultima nella legge n. 401/89 sarebbero state dettate prioritariamente dall’esigenza di salvaguardare la categoria dei «Totoricevitori» sportivi, categoria imprenditoriale privata. Detto giudice afferma di non ravvisare, in tali restrizioni, alcuna preoccupazione di ordine pubblico che possa giustificare la limitazione dei diritti garantiti dalla normativa comunitaria o costituzionale.
20. Detto giudice sottolinea che la liceità dell’attività di raccolta e di trasmissione delle scommesse su eventi sportivi esteri, ricavabile dall’originaria formulazione dell’art. 4 della legge n. 401/89, aveva provocato la nascita e lo sviluppo di una rete di operatori che avevano investito capitali e creato infrastrutture nel settore del giuoco e delle scommesse. Tali operatori avrebbero visto improvvisamente messa in discussione la regolarità della loro posizione in seguito alle modifiche normative introdotte con la legge n. 388/00 contenente divieti – penalmente sanzionati – di svolgere attività, da chiunque e ovunque effettuate, di raccolta, accettazione, prenotazione e trasmissione di proposte di scommessa, in particolare su eventi sportivi, in assenza di concessione o autorizzazione dello Stato.
21. Il giudice del rinvio si pone la questione del rispetto del principio di proporzionalità con riguardo, da un canto, al rigore del divieto previsto, accompagnato da sanzioni penali tali da rendere praticamente impossibile per le imprese o per gli operatori comunitari legalmente costituiti lo svolgimento in Italia di attività economiche nel settore del giuoco e delle scommesse, e, d’altro canto, con riguardo all’importanza dell’interesse pubblico interno protetto cui vengono sacrificate le libertà sancite dal diritto comunitario.
22. Il Tribunale di Ascoli Piceno ritiene peraltro di doversi interrogare sulla rilevanza dell’apparente discrasia esistente tra la normativa interna di rigoroso contenimento delle attività di accettazione delle scommesse sportive da parte delle imprese comunitarie estere, da un lato, e la forte espansione del giuoco e delle scommesse che lo Stato italiano persegue sul piano nazionale con finalità di raccolta di risorse per l’Erario, dall’altro.
23. Il detto giudice osserva che il procedimento dinanzi ad esso pendente solleva, da un lato, questioni di diritto interno relative alla compatibilità delle modifiche legislative apportate all’art. 4 della legge n. 401/89 con la Costituzione italiana, che tutela l’iniziativa economica privata per le attività non assoggettate ad imposizione fiscale da parte dello Stato e, dall’altro, questioni relative all’incompatibilità della norma contenuta nella detta disposizione con la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi transfontalieri. Con riguardo alle questioni di diritto interno così formulate, il Tribunale di Ascoli Piceno ha adito la Corte costituzionale.
24. Ciò premesso, il Tribunale di Ascoli Piceno ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:
«Se vi sia incompatibilità, con conseguenti effetti nell’ordinamento giuridico interno, tra gli artt. 43 e segg. e 49 e segg. del Trattato CE in materia di libertà di stabilimento e di libertà di prestazione dei servizi transfontalieri, da un canto, e, d’altro canto, una normativa nazionale quale quella italiana di cui agli artt. 4, primo comma e segg., 4 bis e 4 ter della legge n. 401/89 (come da ultimo modificata con l’art. 37, quinto comma, della legge 23 dicembre 2000, n. 388) contenente divieti – penalmente sanzionati – di svolgimento delle attività, da chiunque e ovunque effettuate, di raccolta, accettazione, prenotazione e trasmissione di proposte di scommessa, in particolare, su eventi sportivi, in assenza di presupposti concessori e autorizzatori prescritti dal diritto interno».
Sulla questione pregiudiziale
Osservazioni presentate alla Corte
25. Il sig. Gambelli e altri osservano che, vietando ai cittadini italiani di collaborare con società straniere al fine di effettuare scommesse e di ricevere in tal modo i servizi offerti da tali società via Internet, proibendo agli intermediari italiani di offrire le scommesse gestite dalla Stanley, impedendo a quest’ultima di stabilirsi in Italia mediante i detti intermediari e di offrire così in tale Stato i propri servizi provenienti da un altro Stato membro e, dunque, creando e mantenendo un monopolio nel settore del giuoco e delle scommesse, la normativa oggetto della causa principale costituisce una restrizione sia alla libertà di stabilimento sia alla libera prestazione di servizi. Tale restrizione non potrebbe essere giustificata alla luce della giurisprudenza della Corte risultante dalle sentenze 24 marzo 1994, causa C-275/92, Schindler (Racc. pag. I-1039), 21 settembre 1999, causa C-124/97, Läärä e a. (Racc. pag. I-6067), e Zenatti, citata supra, poiché la Corte non avrebbe avuto modo di esaminare le modifiche introdotte nella detta normativa dalla legge n. 388/00 e non avrebbe esaminato la problematica sotto il profilo della libertà di stabilimento.
26. A tale riguardo gli indagati nella causa principale sottolineano che lo Stato italiano non persegue alcuna politica coerente finalizzata a limitare ovvero a sopprimere le attività di giuoco, ai sensi delle menzionate sentenze Läärä e a., punto 37, e Zenatti, punto 36. Le preoccupazioni dedotte dalle autorità nazionali con riguardo alla tutela degli scommettitori contro i pericoli di frode, alla salvaguardia dell’ordine pubblico o alla riduzione delle occasioni di giuoco per evitare le conseguenze dannose delle scommesse, sia sul piano individuale che sociale, e con riguardo all’incitamento alla spesa che queste ultime costituiscono, sarebbero destituite di fondamento dal momento che lo Stato incrementa l’offerta di giuochi e di scommesse e incita anche i singoli a ricorrere a tali giuochi facilitando il sistema di raccolta per aumentare gli introiti fiscali. La circostanza che l’organizzazione delle scommesse sia disciplinata da leggi finanziarie indicherebbe la reale motivazione, di natura economica, delle autorità nazionali.
27. La finalità della normativa italiana consisterebbe parimenti nel proteggere i concessionari del monopolio nazionale rendendo quest’ultimo impenetrabile per gli operatori degli altri Stati membri, atteso che i bandi di gara prevedono criteri riguardanti la struttura proprietaria che non possono essere soddisfatti da una società di capitali quotata in borsa, ma solo da persone fisiche, e che essi impongono il requisito di disporre di locali e di essere concessionari di lunga data.
28. Gli indagati della causa principale sostengono che è difficile ammettere che una società quale la Stanley, operante in modo assolutamente legittimo e debitamente controllata nel Regno Unito, venga trattata dal legislatore italiano al pari di un operatore che pratichi l’organizzazione di giuochi clandestini, quando tutti gli elementi connessi con l’interesse pubblico sono tutelati dalla normativa britannica e gli operatori intermediari italiani, contrattualmente legati alla detta società quali sedi secondarie o filiali, sono iscritti all’ordine dei fornitori di servizi e registrati presso il Ministero delle Poste e delle Comunicazioni, con il quale operano e dal quale sono periodicamente sottoposti a controlli e verifiche.
29. Tale situazione, rilevante sotto il profilo della libertà di stabilimento, si porrebbe in contrasto con il principio del reciproco riconoscimento nei settori non ancora armonizzati. Essa violerebbe, del pari, il principio di proporzionalità, tanto più che la sanzione penale dovrebbe costituire l’extrema ratio alla quale uno Stato membro può ricorrere quando altre misure o strumenti non siano in grado di fornire una tutela adeguata dei beni da proteggere. Orbene, per effetto della normativa italiana, il giocatore che si trovi sul territorio italiano non solo sarebbe privato della possibilità di rivolgersi ai bookmakers stabiliti in un altro Stato membro, ancorché mediante l’intermediazione di operatori stabiliti in Italia, ma sarebbe anche passibile di sanzione penale.
30. I governi italiano, belga, ellenico, spagnolo, francese, lussemburghese, portoghese, finlandese e svedese, nonché la Commissione si richiamano alla giurisprudenza della Corte, in particolare alle menzionate sentenze Schindler, Läärä e a. e Zenatti.
31. Il governo italiano richiama la sentenza Zenatti, citata supra, al fine di giustificare la compatibilità della legge n. 401/89 con la normativa comunitaria in materia di libera prestazione dei servizi, nonché di libertà di stabilimento. Sia l’aspetto preso in considerazione dalla Corte nella detta sentenza, vale a dire l’autorizzazione amministrativa a svolgere l’attività di raccolta e di gestione delle scommesse sul territorio italiano, sia la questione sorta nella causa principale, vale a dire la previsione di una sanzione penale che vieta tale attività allorché è prestata da operatori che non facciano parte del sistema di monopolio statale in materia di scommesse, perseguirebbero la medesima finalità, costituita dal divieto dell’attività e dalla riduzione delle opportunità concrete di giuoco al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge.
32. Secondo il governo belga, un mercato unico dei giuochi d’azzardo potrebbe soltanto indurre i consumatori a sperperare somme maggiori e comporterebbe rilevanti conseguenze dannose per la società. Il livello di tutela introdotto dalla legge n. 401/89 ed il sistema restrittivo di autorizzazione sarebbero idonei ad assicurare la realizzazione di obiettivi di interesse generale, quali la limitazione e il controllo rigoroso dell’offerta dei giuochi nonché delle scommesse, e sarebbe proporzionale ai detti obiettivi, senza comportare alcuna discriminazione in base alla nazionalità.
33. Il governo ellenico ritiene che l’organizzazione dei giuochi d’azzardo e delle scommesse su eventi sportivi debba rimanere sotto il controllo dello Stato ed essere esercitata sotto forma di monopolio. Il suo esercizio da parte di enti privati produrrebbe conseguenze dirette, quali il turbamento dell’ordine pubblico, l’incitamento alla commissione di reati nonché lo sfruttamento degli scommettitori e, più in generale, dei consumatori.
34. Il governo spagnolo fa valere che sia l’attribuzione di diritti speciali o esclusivi, mediante un rigoroso regime di autorizzazioni o di concessioni, sia il divieto di apertura di succursali di agenzie straniere ai fini della raccolta di scommesse effettuate in altri Stati membri sono compatibili con la politica di limitazione dell’offerta, sempreché tali misure vengano introdotte con la finalità di ridurre le occasioni di giuoco e lo stimolo della domanda.
35. Il governo francese sostiene che la circostanza che, nella causa principale, la raccolta delle scommesse si effettui con mezzi telematici e gli eventi sportivi che ne costituiscono l’oggetto si svolgano esclusivamente sul territorio italiano – il che non si verificava nella causa sfociata nella menzionata sentenza Zenatti – non rimetterebbe in questione la giurisprudenza della Corte ai sensi della quale una normativa nazionale che limiti l’esercizio di attività legate a giuochi d’azzardo, alle lotterie ed alle slot machines è compatibile con il principio della libera prestazione dei servizi ove tale normativa sia finalizzata ad obiettivi di interesse generale quali la prevenzione della frode o la protezione dei giocatori dal loro stesso comportamento. Gli Stati membri sarebbero pertanto legittimati a disciplinare l’attività degli operatori in materia di scommesse a condizioni non discriminatorie, l’intensità e la portata delle restrizioni rientrando nei margini di discrezionalità riconosciuti alle autorità nazionali. Spetterebbe pertanto ai giudici degli Stati membri valutare se le autorità nazionali abbiano rispettato la corretta proporzione nella scelta dei mezzi utilizzati, con riguardo al principio della libera prestazione dei servizi.
36. Quanto alla libertà di stabilimento, il governo francese ritiene che le restrizioni alle attività delle società italiane indipendenti contrattualmente legate alla Stanley non pregiudichino il diritto del detto bookmaker di stabilirsi liberamente in Italia.
37. Secondo il governo lussemburghese, la normativa italiana costituisce un ostacolo all’esercizio di un’attività di organizzazione di scommesse in Italia, poiché impedisce alla Stanley l’esercizio delle proprie attività sul territorio italiano, vuoi direttamente mediante la libera prestazione di servizi transfontalieri, vuoi indirettamente con l’intermediazione di agenzie italiane connesse via Internet. La detta normativa costituirebbe, al contempo, un ostacolo alla libertà di stabilimento. Tuttavia, tali restrizioni sarebbero giustificate in quanto perseguono obiettivi di interesse generale, quali la preoccupazione di incanalare e controllare il desiderio di giocare, e sono idonee e proporzionate rispetto ai detti obiettivi, in quanto non comportano discriminazioni riguardanti la nazionalità, dal momento che sia gli organismi italiani sia quelli con sede all’estero devono ottenere la stessa licenza rilasciata dal Ministro delle Finanze per poter esercitare sul territorio italiano le attività di organizzazione, accettazione e raccolta di scommesse.
38. Il governo portoghese sottolinea la rilevanza della questione oggetto della causa principale ai fini del mantenimento, in Italia come in tutti gli Stati membri, della gestione delle lotterie in regime di monopolio pubblico, nonché ai fini di assicurare un’importante fonte di entrate per gli Stati, che sostituisca la riscossione coercitiva di imposte e che serva a finanziare le politiche sociali, culturali e sportive. Per quanto riguarda il giuoco d’azzardo, l’economia di mercato e la libera concorrenza implicherebbero una ridistribuzione antisociale dei fondi raccolti tramite il giuoco, dal momento che tali fondi tenderebbero a spostarsi da paesi in cui il complesso degli importi delle scommesse è modesto a paesi in cui tale importo è più considerevole e l’ammontare dei premi più interessante. Gli scommettitori dei piccoli Stati membri finanzierebbero pertanto il bilancio sociale, culturale e sportivo degli Stati membri più grandi e, negli Stati membri più piccoli, la diminuzione delle entrate dei giuochi costringerebbe i rispettivi governi a finanziare altrimenti l’azione sociale pubblica e le altre attività sociali, sportive e culturali dello Stato, il che comporterebbe, nei piccoli Stati, un aumento delle imposte e, negli Stati grandi, una diminuzione delle imposte. La spartizione del mercato del lotto e delle lotterie statali fra tre o quattro grandi gestori nell’Unione europea produrrebbe peraltro cambiamenti strutturali nelle reti di distribuzione di giuochi legittimamente gestite dagli Stati, provocando la soppressione di numerosi posti di lavoro e un divario tra i livelli di disoccupazione dei diversi Stati membri.
39. Il governo finlandese si richiama, in particolare, alla menzionata sentenza Läärä e a., nella quale la Corte avrebbe riconosciuto che la necessità e la proporzionalità delle disposizioni emanate da uno Stato membro devono essere valutate soltanto alla stregua degli obiettivi perseguiti dalle autorità nazionali di tale Stato e del livello di tutela che intendono assicurare, cosicché spetterebbe al giudice del rinvio verificare se, in considerazione delle sue concrete modalità di applicazione, la normativa nazionale consenta di conseguire gli obiettivi che ne giustificano l’esistenza e se le restrizioni siano proporzionate rispetto agli obiettivi medesimi, fermo restando che tale normativa deve trovare applicazione indistintamente nei confronti di tutti gli operatori, siano essi italiani o provenienti da un altro Stato membro.
40. Secondo il governo svedese, la circostanza che l’introduzione di restrizioni alla libera prestazione di servizi sia finalizzata ad interessi di natura fiscale non consente di concludere che tali restrizioni siano in contrasto con il diritto comunitario, sempreché siano proporzionate e non discriminatorie tra gli operatori, il che spetta al giudice del rinvio accertare. Le modifiche apportate alla normativa italiana dalla legge n. 388/00 consentono di vietare a un ente al quale sia stata negata l’autorizzazione alla raccolta di scommesse in Italia di eludere la legge esercitando la propria attività da un altro Stato membro e vietano ad enti stranieri che organizzano scommesse nel proprio paese di esercitare in Italia la loro attività. Come la Corte ha già avuto modo di affermare ai punti, rispettivamente, 36 e 34 delle menzionate sentenze Läärä e a. e Zenatti, la sola circostanza che uno Stato membro abbia scelto un sistema di tutela diverso da quello adottato da un altro Stato membro non può incidere sulla valutazione della necessità e della proporzionalità delle disposizioni adottate in materia.
41. La Commissione delle Comunità europee ritiene che le modifiche legislative di cui alla legge n. 388/00 si limitano ad esplicitare quanto già previsto dalla legge n. 401/89, senza creare una fattispecie di reati completamente nuova. Le ragioni di ordine sociale che inducono a limitare gli effetti nocivi delle attività di scommessa sugli incontri di calcio e che giustificano una normativa nazionale che riservi a determinati enti il diritto di raccogliere tali scommesse restano identiche, indipendentemente dallo Stato membro in cui tali manifestazioni abbiano luogo. La circostanza che, nella menzionata sentenza Zenatti, le manifestazioni sportive oggetto delle scommesse si svolgessero all’estero, mentre nella causa principale gli incontri di calcio hanno luogo in Italia, sarebbe del tutto irrilevante. La Commissione aggiunge che la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico») (GU L 178, pag. 1), non si applica alle scommesse, sicché la questione non dovrebbe essere risolta in modo diverso rispetto alla detta sentenza.
42. La Commissione osserva che la causa non deve essere esaminata sotto il profilo della libertà di stabilimento, dal momento che le agenzie gestite dagli indagati nella causa principale sono indipendenti ed agiscono quali centri di raccolta delle scommesse e come intermediarie nelle relazioni tra i loro clienti italiani e la Stanley, al di fuori di ogni rapporto di subordinazione nei confronti di quest’ultima. Tuttavia, anche se si dovesse ipotizzare l’applicabilità delle disposizioni sul diritto di stabilimento, le restrizioni introdotte dalla normativa italiana sarebbero giustificate dalle stesse ragioni di politica sociale riconosciute dalla Corte nelle menzionate sentenze Schindler, Läärä e a. e Zenatti con riguardo alla restrizione della libera prestazione dei servizi.
43. All’udienza, la Commissione ha comunicato alla Corte di aver avviato un procedimento per inadempimento nei confronti della Repubblica italiana relativo alla liberalizzazione del settore delle scommesse ippiche gestite dall’UNIRE. Quanto al settore del lotto, che è liberalizzato, la Commissione ha ricordato la sentenza 26 aprile 1994, causa C-272/91, Commissione/Italia (Racc. pag. I-1409), nella quale la Corte ha affermato che la Repubblica italiana, avendo riservato la partecipazione a un bando di gara relativo ad un appalto-concorso per la concessione del sistema di automazione del giuoco del lotto soltanto ad enti, società, consorzi o raggruppamenti il cui capitale sociale, considerato singolarmente o complessivamente, fosse a prevalente partecipazione pubblica, è venuta meno agli obblighi che le incombono, in particolare, ai sensi del Trattato CE.
Pronuncia della Corte
44. Occorre esaminare, in primo luogo, se una normativa quale la legge n. 401/89 di cui alla causa principale costituisca una restrizione alla libertà di stabilimento.
45. Si deve ricordare che le restrizioni alla libertà di stabilimento da parte dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro, ivi comprese le restrizioni all’apertura di agenzie, di succursali o di filiali, sono vietate dall’art. 43 CE.
46. Laddove una società, quale la Stanley, con sede in uno Stato membro, effettui un’attività di raccolta di scommesse con l’intermediazione di una organizzazione di agenzie situate in un altro Stato membro, quali le agenzie degli indagati di cui alla causa principale, le restrizioni imposte alle attività di tali agenzie costituiscono ostacoli alla libertà di stabilimento.
47. Inoltre, in risposta ai quesiti posti dalla Corte all’udienza, il governo italiano ha riconosciuto che la normativa italiana relativa ai bandi di gara per le attività di scommessa in Italia contiene restrizioni. Secondo il detto governo, la circostanza che nessun ente abbia ottenuto l’omologazione per tali attività, salvo quello detentore del monopolio nel settore, troverebbe spiegazione nel fatto che la normativa italiana è concepita in modo tale che solo alcuni soggetti possano ottenere la concessione.
48. Orbene, nella misura in cui l’assenza di operatori stranieri tra i concessionari del settore delle scommesse relative ad eventi sportivi in Italia è dovuta alla circostanza che la normativa italiana in materia di bandi di gara esclude, in pratica, che le società di capitali quotate sui mercati regolamentati degli altri Stati membri possano ottenere concessioni, la detta normativa costituisce, prima facie, una restrizione alla libertà di stabilimento, anche se tale restrizione si impone indistintamente a tutte le società di capitali potenzialmente interessate da tali concessioni, indipendentemente dal fatto che abbiano sede in Italia o in un altro Stato membro.
49. Non si può pertanto escludere che i requisiti dettati dalla normativa italiana per partecipare ai bandi di gara, ai fini dell’attribuzione delle dette concessioni, costituiscano parimenti un ostacolo alla libertà di stabilimento.
50. In secondo luogo, si deve esaminare se la detta normativa costituisca una restrizione alla libera prestazione dei servizi.
51. L’art. 49 CE vieta le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno della Comunità nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della Comunità che non sia quello del destinatario della prestazione. L’art. 50 qualifica «servizi» le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone.
52. La Corte ha già affermato che l’importazione di documenti pubblicitari e di biglietti di lotteria in uno Stato membro per far partecipare gli abitanti di detto Stato membro ad una lotteria organizzata in un altro Stato membro si ricollega ad un’attività di «servizi» (sentenza Schindler, citata supra, punto 37). Analogicamente, l’attività consistente nel far partecipare i cittadini di uno Stato membro a giuochi di scommesse organizzati in un altro Stato membro, ancorché aventi ad oggetto eventi sportivi organizzati nel primo Stato membro, si ricollega ad un’attività di «servizi» ai sensi dell’art. 50 CE.
53. La Corte ha affermato, del pari, che l’art. 49 CE dev’essere interpretato nel senso che esso concerne i servizi che un prestatore offre telefonicamente a potenziali destinatari stabiliti in altri Stati membri e che questi fornisce senza spostarsi dallo Stato membro nel quale è stabilito (sentenza 10 maggio 1995, causa C-384/93, Alpine Investments, Racc. pag. I-1141, punto 22).
54. Applicando tale interpretazione alla problematica della causa principale, ne consegue che l’art. 49 CE riguarda i servizi che un prestatore quale la Stanley, con sede in uno Stato membro, nella specie il Regno Unito, offre via Internet – e dunque senza spostarsi – a destinatari che si trovino in un altro Stato membro, nella specie la Repubblica italiana, sicché ogni restrizione a tali attività costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi da parte di un tale prestatore.
55. Inoltre, la libera prestazione dei servizi comprende non solo la libertà del prestatore di offrire ed effettuare servizi per destinatari stabiliti in uno Stato membro diverso da quello sul cui territorio si trovi il detto prestatore, ma anche la libertà di ricevere o beneficiare, in quanto destinatario, dei servizi offerti da un prestatore stabilito in un altro Stato membro, senza essere impedito da restrizioni (v., in tal senso, sentenze 31 gennaio 1984, cause riunite 286/82 e 26/83, Luisi e Carbone, Racc. pag. 377, punto 16, e 26 ottobre 1999, causa C-294/97, Eurowings Luftverkehr, Racc. pag. I-7447, punti 33 e 34).
56. Orbene, rispondendo ai quesiti posti dalla Corte all’udienza, il governo italiano ha confermato che l’attività di un privato che si connette in Italia dal proprio domicilio, via Internet, con un bookmaker stabilito in un altro Stato membro, facendo uso della propria carta di credito quale mezzo di pagamento, costituisce un reato ai sensi dell’art. 4 della legge n. 401/89.
57. Tale divieto, penalmente sanzionato, di partecipare a scommesse organizzate in Stati membri diversi da quello sul cui territorio risiede il giocatore, costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi.
58. Lo stesso vale per il divieto, del pari penalmente sanzionato, nei confronti degli intermediari, quali gli indagati nella causa principale, di agevolare la prestazione di servizi di scommesse su eventi sportivi organizzati da un prestatore, quale la Stanley, con sede in uno Stato membro diverso da quello in cui i detti intermediari svolgono la propria attività, poiché un tale divieto costituisce una restrizione al diritto del bookmaker alla libera prestazione dei servizi, anche se gli intermediari si trovano nello stesso Stato membro dei destinatari dei servizi medesimi.
59. Si deve pertanto rilevare che una normativa nazionale quale la legislazione italiana sulle scommesse, in particolare l’art. 4 della legge n. 401/89, costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento ed alla libera prestazione dei servizi.
60. Ciò premesso, occorre esaminare se tali restrizioni possano essere ammesse a titolo di misure derogatorie espressamente previste agli artt. 45 CE e 46 CE, ovvero se possano essere giustificate, conformemente alla giurisprudenza della Corte, da motivi imperativi di interesse generale.
61. Quanto agli argomenti fatti valere, in particolare, dai governi ellenico e portoghese al fine di giustificare le restrizioni ai giuochi di azzardo e alle scommesse, è sufficiente ricordare che, secondo costante giurisprudenza, la riduzione o la diminuzione delle entrate fiscali non rientra fra i motivi enunciati all’art. 46 CE e non può essere considerata come un motivo imperativo di interesse generale che possa essere fatto valere per giustificare una restrizione alla libertà di stabilimento o alla libera prestazione dei servizi (v., in tal senso, sentenze 16 luglio 1998, causa C-264/96, ICI, Racc. pag. I-4695, punto 28, e 3 ottobre 2002, causa C-136/00, Danner, Racc. pag. I-8147, punto 56).
62. Come si evince dal punto 36 della menzionata sentenza Zenatti, le restrizioni devono perseguire in ogni caso l’obiettivo di un’autentica riduzione delle opportunità di giuoco e il finanziamento di attività sociali attraverso un prelievo sugli introiti derivanti dai giuochi autorizzati costituisce solo una conseguenza vantaggiosa accessoria, e non la reale giustificazione, della politica restrittiva attuata.
63. Per contro, come ricordato sia dai governi che hanno presentato osservazioni sia dalla Commissione, nelle menzionate sentenze Schindler, Läärä e a. e Zenatti, la Corte ha affermato che le considerazioni di ordine morale, religioso o culturale, nonché le conseguenze moralmente e finanziariamente dannose per l’individuo e la società che sono collegate ai giuochi d’azzardo e alle scommesse possono giustificare che le autorità nazionali dispongano di un potere discrezionale sufficiente a determinare le esigenze di tutela del consumatore e dell’ordine sociale.
64. In ogni caso, per risultare giustificate, le restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi devono presentare i requisiti previsti dalla giurisprudenza della Corte (v., in particolare, sentenze 31 marzo 1993, causa C-19/92, Kraus, Racc. pag. I-1663, punto 32, e 30 novembre 1995, causa C-55/94, Gebhard, Racc. pag. I-4165, punto 37).
65. Ai sensi di tale giurisprudenza, infatti, le dette restrizioni devono, in primo luogo, essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale; in secondo luogo, devono essere idonee a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e, in terzo luogo, non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo. In ogni caso, devono essere applicate in modo non discriminatorio.
66. Spetta al giudice del rinvio stabilire se, nella causa principale, le restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione di servizi previste dalla legge n. 401/89 rispettino tali requisiti. A tal fine, il detto giudice dovrà tener conto degli elementi precisati nei punti seguenti.
67. Anzitutto, anche se, nelle menzionate sentenze Schindler, Läärä e a. e Zenatti, la Corte ha ammesso che le restrizioni alle attività di giuoco possono essere giustificate da motivi imperativi di interesse generale, quali la tutela del consumatore e la prevenzione della frode e dell’incitazione dei cittadini ad una spesa eccessiva collegata al giuoco, occorre tuttavia che le restrizioni fondate su tali motivi e sulla necessità di prevenire turbative all’ordine sociale siano idonee a garantire la realizzazione dei detti obiettivi, nel senso che tali restrizioni devono contribuire a limitare le attività di scommessa in modo coerente e sistematico.
68. A tale riguardo, riferendosi ai lavori preparatori della legge n. 388/00, il giudice del rinvio ha sottolineato che lo Stato italiano persegue, a livello nazionale, una politica di forte espansione del giuoco e delle scommesse allo scopo di raccogliere fondi, tutelando i concessionari del CONI.
69. Orbene, laddove le autorità di uno Stato membro inducano ed incoraggino i consumatori a partecipare alle lotterie, ai giuochi d’azzardo o alle scommesse affinché il pubblico erario ne benefici sul piano finanziario, le autorità di tale Stato non possono invocare l’ordine pubblico sociale con riguardo alla necessità di ridurre le occasioni di giuoco per giustificare provvedimenti come quelli oggetto della causa principale.
70. Inoltre, le restrizioni imposte dalla normativa italiana in materia di bandi di gara devono essere indistintamente applicabili, vale a dire con le stesse modalità e con gli stessi criteri agli operatori stabiliti in Italia ed a quelli provenienti da altri Stati membri.
71. Spetterà al giudice del rinvio esaminare se i requisiti di partecipazione ai bandi di gara per le concessioni relative alla gestione di scommesse su eventi sportivi siano fissati in termini tali da poter essere soddisfatti, in pratica, più facilmente dagli operatori italiani che non da quelli stranieri. In tale ipotesi, i detti requisiti non rispetterebbero il criterio di non discriminazione.
72. Infine, le restrizioni imposte dalla normativa italiana non devono eccedere quanto necessario per conseguire l’obiettivo perseguito. A tal riguardo, il giudice del rinvio dovrà esaminare se la sanzione penale irrogata a chiunque effettui scommesse dal proprio domicilio in Italia via Internet con un bookmaker situato in un altro Stato membro non sia sproporzionata alla luce della giurisprudenza della Corte (v. sentenze 29 febbraio 1996, causa C-193/94, Skanavi e Chryssanthakopoulos, Racc. pag. I-929, punti 34-39, e 25 luglio 2002, causa C-459/99, MRAX, Racc. pag. I-6591, punti 89-91), soprattutto dal momento che la partecipazione alle scommesse viene incoraggiata allorché si svolge nel contesto di giuochi organizzati da enti nazionali autorizzati.
73. Il giudice del rinvio dovrà inoltre chiedersi se la circostanza di imporre restrizioni penalmente sanzionate sino a un anno di arresto per gli intermediari che facilitino la prestazione di servizi da parte di un bookmaker stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui i detti servizi sono offerti, mettendo a disposizione degli scommettitori nei propri locali la connessione via Internet con il bookmaker, costituisca una restrizione che ecceda quanto necessario per la lotta alla frode, soprattutto in considerazione del fatto che il prestatore di servizi è sottoposto, nello Stato membro in cui è stabilito, ad un sistema normativo di controlli e sanzioni, gli intermediari sono legittimamente costituiti e, prima delle modifiche normative di cui alla legge n. 388/00, tali intermediari si ritenevano autorizzati a trasmettere scommesse su eventi sportivi esteri.
74. Quanto alla proporzionalità della normativa italiana con riguardo alla libertà di stabilimento, anche se l’obiettivo perseguito dalle autorità di uno Stato membro è quello di evitare il rischio che i concessionari dei giuochi siano implicati in attività criminali o fraudolente, escludere la possibilità per le società di capitali quotate sui mercati regolamentati degli altri Stati membri di ottenere concessioni per la gestione di scommesse sportive, soprattutto quando esistano altri strumenti di controllo dei bilanci e delle attività delle dette società, può risultare una misura eccessiva rispetto a quanto necessario per impedire la frode.
75. Spetta al giudice del rinvio verificare se la normativa nazionale, alla luce delle sue concrete modalità di applicazione, risponda realmente ad obiettivi tali da giustificarla e se le restrizioni che essa impone non appaiano sproporzionate rispetto a tali obiettivi.
76. Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, la questione pregiudiziale deve essere risolta nel senso che una normativa nazionale contenente divieti – penalmente sanzionati – di svolgere attività di raccolta, accettazione, prenotazione e trasmissione di proposte di scommessa, relative, in particolare, a eventi sportivi, in assenza di concessione o autorizzazione rilasciata dallo Stato membro interessato, costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi previste, rispettivamente, agli artt. 43 CE e 49 CE. Spetta al giudice del rinvio verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità di applicazione, risponda realmente ad obiettivi tali da giustificarla e se le restrizioni che essa impone non risultino sproporzionate rispetto a tali obiettivi.
Sulle spese
77. Le spese sostenute dai governi italiano, belga, ellenico, spagnolo, francese, lussemburghese, portoghese, finlandese e svedese, nonché dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Per questi motivi,
LA CORTE,
pronunciandosi sulla questione sottopostale dal Tribunale di Ascoli Piceno con ordinanza 30 marzo 2001, dichiara:
Una normativa nazionale contenente divieti – penalmente sanzionati – di svolgere attività di raccolta, accettazione, prenotazione e trasmissione di proposte di scommessa, relative, in particolare, a eventi sportivi, in assenza di concessione o
autorizzazione rilasciata dallo Stato membro interessato, costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi previste, rispettivamente, agli artt. 43 CE e 49 CE. Spetta al giudice del rinvio verificare se tale normativa, alla luce delle sue concrete modalità di applicazione, risponda realmente ad obiettivi tali da giustificarla e se le restrizioni che essa impone non risultino sproporzionate rispetto a tali obiettivi.
Skouris – Jann – Timmermans
Cunha Rodrigues – Edward – Schintgen
Macken – Colneric – von Bahr
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 novembre 2003.
Il cancelliere – R. Grass
Il presidente – V. Skouris
1: Lingua processuale: l’italiano.
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