di Andrea Monti – Nova IlSole24Ore del 16 luglio 2009
Il disegno di legge anticrisi contiene, fra le tante, anche una norma (l’art. 15 comma I lettera c) che rende le aziende penalmente responsabili per l’uso di software P2P da parte dei dipendenti e in generale per le violazioni del diritto d’autore commesse sul luogo di lavoro. Tecnicamente, il ddl raggiunge questo risultato aggiungendo i reati in materia di copyright a quelli che secondo il decreto legislativo 231/01 estendono la responsabilità penale anche all’impresa, se questa non prova di avere fatto tutto il possibile per evitare il fatto.
In realtà l’ambito effettivo di applicazione di questa norma, se dovesse entrare in vigore così com’è, è abbastanza limitato perché il decreto legislativo 231 si applica ai reati commessi dai manager nell’interesse dell’azienda, e dunque il comportamento dei singoli dipendenti non provocherebbe il coinvolgimento automatico dei datori di lavoro.
E’, tuttavia, singolare, il presupposto culturale che sta dietro la norma in questione. Si tratta, infatti, dello stesso approccio che sta dietro il tentativo, finora non riuscito, di imporre una “tassa” sul costo dell’abbonamento per l’accesso alla rete, o dietro la responsabilizzazione forzata dei fornitori di accesso per gli illeciti commessi dagli utenti. In altri termini, la logica non è più quella di sanzionare gli effettivi responsabili di un reato, ma quella di colpire chi ha la solvibilità per pagare le sanzioni – e dunque, innanzi tutto, gli operatori telefonici e i fornitori di accesso alla rete.
Questo ennesimo tentativo mal indirizzato di regolamentazione è l’indice più evidente della mancanza nel legislatore di una visione culturale di cosa sia effettivamente l’internet, e del perché la rete e i servizi che può veicolare esplodono all’estero ma in Italia non fanno più rumore di un petardo. Ma soprattutto, è la prova dei danni che può provocare la tracimazione normativa provocata dalle major dell’intrattenimento, che nel perseguire ossessivamente la tutela dei propri – legittimi ma non assoluti – diritti, stanno provocando asimmetrie normative pericolose per il mercato, dannose per gli utenti virtuosi e controproducenti per i loro interessi.
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