Dopo 70 anni, il Centro nazionale di supercalcolo realizza il sogno di Bruno de Finetti

Passa alla fase operativa il progetto gestito dalla Fondazione ICSC che, grazie ai fondi del Pnrr, doterà l’Italia di un’infrastruttura decisiva per lo sviluppo della ricerca scientifica e di quella sull’AI di Andrea Monti – professore incaricato di Digital Law nel corso di laurea in Digital Marketing dell’università di Chieti-Pescara.

In Macchine che pensano (e che fanno pensare) pubblicato nel 1952 per la facoltà di scienze e ingegneria dell’università di Trieste, Bruno de Finetti scrisse con chiarezza disarmante che per vincere la sfida delle “macchine pensanti” era necessario fermare l’esodo dei cervelli e dotare l’Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo —oggi Iat-Cnr— di una “calcolatrice elettronica”.

“Dopo aver assistito all’esodo dei fìsici verso il Paese dei  “ciclotroni”, “betatroni” , ecc.,” citando un articolo di Manlio Mandò risalente addirittura al 1949, de Finetti auspicava che non ci toccasse anche “assistere all’esodo dei matematici verso il paese delle calcolatrici elettroniche”, esprimendo nel contempo l’auspicio che il prezzo di una macchina del genere non rappresentasse un ostacolo al potenziamento della capacità scientifica italiana.

Le parole di de Finetti sono particolarmente interessanti perché evidenziano che i problemi che affliggono la ricerca italiana (fuga di cervelli e carente o limitata disponibilità di infrastrutture di altissimo livello) sono presenti praticamente dalla fine del secondo dopoguerra e certificano —guardando all’oggi— che storicamente scienza e tecnologia non hanno mai costituito una priorità nelle scelte degli esecutivi. Sarebbe interessante capire quanto su questa scelta abbiano pesato politicamente nel corso del tempo fattori come le urgenze della ricostruzione, le crisi economiche, il “pregiudizio crociano” (o quello che è stato ritenuto tale) sulla scienza e, in generale, l’incapacità degli esecutivi di capire la centralità strategica della ricerca di punta, ma questo è un tema per un altro momento.

 La centralità del supercalcolo nella politica tecnologica del governo

Il dato (geo)politico dell’oggi è che il governo italiano ha preso un’iniziativa decisa: quella di includere il supercalcolo fra le attività che dovranno essere svolte dai cinque centri nazionali per la ricerca la cui realizzazione è stata possibile anche per via dei fondi del Pnrr. Questa scelta è chiaramente destinata a far risalire la posizione dell’Italia nella classifica dei Paesi con maggiore potenza di calcolo a disposizione.

Se per rimanere alle cronache recenti, infatti, preso in quanto tale il supercomputer Leonardo è fra i cinque più potenti del mondo, l’Italia non occupa i primissimi posti della classifica della potenza di calcolo pur essendo, paradossalmente, inclusa fra i Paesi considerati leader nello sviluppo delle applicazioni AI che proprio dalla potenza di calcolo dipendono. La creazione del Centro nazionale di supercalcolo, tuttavia, non ha soltanto un significato importante per la ricerca teorica e applicata perché rappresenta un componente fondamentale della strategia per il raggiungimento della sovranità tecnologica e digitale che il governo italiano ha da tempo inserito nella propria agenda.

La disponibilità di un’infrastruttura come quella del Centro nazionale di supercalcolo consente non solo di evitare la fuga di cervelli dei quali già si lamentavano de Finetti e Mandò, ma di attrarne di nuovi, dimostrando che non necessariamente bisogna lasciare l’Europa per avere accesso alle risorse necessarie per conseguire risultati di alto livello. Parallelamente, questa infrastruttura è certamente in grado di ridurre la dipendenza della ricerca e dell’impresa dai grandi data-centre stranieri i cui servizi di high performance computing sono, ad oggi, la scelta obbligata per chiunque voglia non solo progettare ma anche gestire applicazioni seriamente basate su AI.

Il modello (co)operativo del Centro nazionale di supercalcolo

L’analisi della governance del Centro nazionale di supercalcolo lascia intendere che la vocazione di questa infrastruttura non sia limitata esclusivamente alla ricerca teorica. Fra i soci della fondazione che gestisce il centro e i componenti del consiglio di amministrazione, spiccano oltre che rappresentanti di università e centri di ricerca, anche aziende di punta dell’industria e dei servizi, da UnipolSai ad Autostrade per l’Italia, da Fincantieri a Eni, da Leonardo a Thales Alenia Space.

L’inclusione di importanti attori dell’industria pubblica e privata anche nella “stanza dei bottoni” rende possibile, in prospettiva, una riduzione del tempo necessario a traslare i risultati della ricerca nell’ambito delle applicazioni concrete, con tutto quello che ciò significa in termini di incremento del patrimonio di proprietà industriale e intellettuale del sistema Paese e di ricadute occupazionali in settori di punta.

Gli ostacoli all’indipendenza tecnologica nazionale

Questo promettente scenario tecnologico, tuttavia, deve essere completato con due “convitati di pietra”. Il costo energetico della potenza di calcolo aggiunge un altro argomento al dibattito sull’opzione nucleare come strumento primario dell’autonomia energetica nazionale. La futura normazione unionale sull’intelligenza artificiale —e in generale la visione della UE verso i temi tecnologici— si prefigurano impostate, con effetti paralizzanti, su una visione millenaristica del progresso scientifico e della ricaduta sociale dei risultati della ricerca. Non è un caso che, in rapporto all’AI, Paesi come Franciae Germania stiano accelerando investimenti e iniziative politiche nazionali, con lo scopo evidente di precostituirsi condizioni di fatto vantaggiose nel dialogo con l’Unione Europea. La scelta italiana sembrerebbe dunque ispirata anche dalla necessità di non rimanere indietro rispetto ad altri Stati membri e non solo rispetto ai soliti attori internazionali.

Conclusioni

La sempre maggiore disponibilità di dati di qualsiasi natura e, per converso, la crescente necessità di dati per supportare la ricerca scientifica e tecnologica rendono il supercalcolo uno strumento indispensabile per qualsiasi Paese che voglia poter negoziare da pari a pari con altri Stati e interlocutori privati.

L’inclusione del supercalcolo fra gli argomenti di rilevanza strategica per il governo e la possibilità di realizzare, grazie ai fondi del Pnrr, un’infrastruttura che lo renda possibile è un passo fondamentale verso il recupero della sovranità tecnologica e lo sviluppo di tecnologie di punta, grazie anche alla cooperazione dei centri di ricerca con l’industria pubblica e privata.

Sul raggiungimento di questi obiettivi pesano, tuttavia, il problema del costo energetico e la proliferazione di una normativa comunitaria che, in materia tecnoscientifica, rischia di rallentare ulteriormente invece che accelerare il recupero di una posizione di primo piano che, come rileva un’analisi pubblicata da Mit Press, l’Unione ha perso da tempo.

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