Musk, Twitter e il potere di comprare il diritto

Elon Musk acquista Twitter per garantire la libertà di parola che, secondo lui, sarebbe stata troppo compressa dalle scelte del precedente management. Gli analisti si imbarcano in complicati ragionamenti per capire quale sarà l’impatto finanziario sul social network. Qualche giurista si interroga sull’opportunità di consentire agli individui di esprimersi senza restrizioni. Questa è la vulgata. Il merito della questione, tuttavia, rimane largamente ignorato di Andrea Monti – inizialmente pubblicato su Strategikon – un blog di Italian tech

Diventando proprietario di Twitter, Musk non garantirà il diritto alla libertà di espressione, ma imporrà la propria concezione di free speech. In altri termini, Musk ha comprato il diritto di decidere cosa sia un diritto, condizionando la vita delle persone al pari di un legislatore.

Non siamo di fronte a un fatto isolato perché si registra una tendenza delle Big Tech ad esercitare le funzioni di giudici e parlamenti. Basta pensare, per esempio, al rifiuto di Apple di consentire agli eredi di un defunto di accedere ai contenuti di un iPhone, fino a quando i tribunali non hanno ordinato di farlo o alla definizione unilaterale di “privacy” associata ai propri prodotti (Privacy. That’s iPhone, What happens on your iPhone stays on your iPhone).

Il punto, dunque, non è se Musk o Apple siano “dalla parte giusta”, ma che, sulla base di convinzioni individuali o di calcolo commerciale, avrebbero potuto senza problemi sposare concezioni del tutto opposte, a prescindere dal merito delle loro scelte. Hanno tagliato fuori la società civile dall’avere voce in capitolo e scavalcato i parlamenti. Più in generale, dunque, dovremmo chiederci se possiamo accettare che, dopo essersi appropriate del potere di trattare da pari a pari con gli Stati, le Big Tech acquisiscano anche quello di decidere quali siano le regole che fanno funzionare il mondo intero.

Per rispondere a questa domanda dobbiamo innanzi tutto chiederci a che serve il diritto. Pur nella sua assoluta artificialità, il diritto è il frutto della mediazione fra diverse visioni del mondo che caratterizzano le diverse componenti di una società. È un compromesso per evitare che le persone risolvano i propri problemi con le mani, in un “tutti contro tutti”. Se, invece, il diritto è quello che il “potente” di turno decide che sia, esso perde la propria funzione e diventa soltanto uno strumento di affermazione del potere individuale, come nel caso di Musk o di Apple.

Detta in altri termini, si sta passando da un diritto creato in forza di una delega dei cittadini ai loro rappresentanti, a un diritto imposto sulla base dell’appropriazione irrevocabile del potere da parte di chi ha la capacità fattuale di esercitarlo.

E dunque, tornando al tema iniziale, arriviamo al punto e alla conclusione del ragionamento. Le Big Tech prosperano sul “capitalismo della solitudine” —pensare di avere un vita quando invece tutto ciò che resta sono quattro pareti, un computer e un accesso alla rete — basato sulla disgregazione della società intesa come sistema di relazioni dirette e non mediate fra persone. Se non esiste più la società, i diritti non sono più costruiti dal basso ma sono determinati da chi ha il potere di farlo per perseguire i propri obiettivi politici o economici. Incidentalmente, poi, questi diritti possono anche essere “quelli giusti”, ma la cosa è del tutto irrilevante.

Riprendersi il diritto di creare il diritto significa innanzi tutto liberarsi dalla “schiavitù elettronica”. Sarebbe stato necessario imporre l’uso del free software nelle istituzioni pubbliche, garantire trasparenza e compatibilità di dati e informazioni, impedire la “proprietarizzazione” delle infrastrutture nazionali. Tutto il contrario di quello che, nel corso del tempo, i governi italiani che si sono succeduti hanno lasciato accadere. Una moderna Cassandra lanciò l’allarme più di vent’anni fa, ma come quella della leggenda, fu largamente ignorata. Come allora, i moderni Achei sono oramai all’interno delle mura dei diritti e la battaglia è persa, anche se non ce ne rendiamo (ancora) conto.

Lunga vita a Elon Musk!

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