COVID-19: Il contact tracing fra scienza e superstizione

Il dibattito pubblico sul contact-tracing è senz’altro giustamente concentrato sulla “oscurità” del modo di funzionare del software individuato dal Governo e sulle preoccupazioni – più che per la “privacy” – per il modo in cui verranno selezionati, raccolti e gestiti i dati dei cittadini.

A monte, però, ci sono due questioni che avrebbero richiesto qualche riflessione in più.

La prima, è quella sulla soluzione tecnologica individuata –  o meglio, “benedetta” dal Governo italiano: il blutooth. Per giorni e giorni la narrativa più o meno tecnicamente competente aveva incoronato il blutooth come l’unico strumento in grado di realizzare un contact tracing efficace. Poi, qualche grillo parlante (in Inglese, e dunque purtroppo non intelligibile da queste parti dove il “no spik inglisc” è un vanto e non una vergogna) ha avanzato qualche dubbio sul fatto che, per esempio, la portata del blutooth è eccessiva e dunque può generare risultati inattendibili.

La cosa è talmente evidente, che Google ha inserito la possibilità di attenuare la potenza del segnale fra le funzionalità che potranno essere gestite tramite API da programmatori terzi

class? ?MatchingOptions? {? ?/**
* The signal strength attenuation value that must be reached within the exposure * duration? ?before the match is returned to the client. Attenuation is defined
* as the advertiser's TX power minus the scanner's RSSI.
*
* This value must have range 0-255.
*/

Ora, viene da domandarsi, se il discorso della portata del blutooth è effettivamente rilevante e prima che Google rendesse disponibile il modo di attenuarla questo non era possibile come è stato possibile decidere che il software A era migliore del software B o – prima ancora – se qualche software fosse effettivamente utile allo scopo?

Il che ci porta alla seconda questione, che è quella del rispondere senza conoscere la domanda. Astrattamente, infatti, un software di contact-tracing potrebbe:

  • consentire di capire ex post, una volta che uno fosse contagiato, con chi è entrato in contatto,
  • avvertire in tempo reale se una persona è vicina a un infetto
  • mettere le persone in condizione di evitare luoghi pericolosi per presenza di infetti, assembramento o entrambi,
  • informare le autorità se qualcuno sta violando la quarantena obbligatoria
  • consentire tutto, niente o magari altro – come la condivisione dei dati con la ricerca medico-scientifica.

Decidere quale – o quali – opzioni percorrere non è una questione tecnica nè di “privacy” ma di public policy, cioè di determinazione degli obiettivi di tutela della salute pubblica. Ma siccome di questo dibattito non c’è traccia – per lo meno pubblicamente – è difficile essere in disaccordo con il grillo parlante di cui sopra quando conclude:

All that said, I suspect the tracing apps are really just do-something-itis. Most countries now seem past the point where contact tracing is a high priority; even Singapore has had to go into lockdown. If it becomes a priority during the second wave, we will need a lot more contact tracers: last week, 999 calls in Cambridge had a 40-minute wait and it took ambulances six hours to arrive. We cannot field an app that will cause more worried well people to phone 999.

Il che ci porta direttamente ad un altro tema importante e negletto: il rapporto fra scienza, tecnologia e capacità del policy maker di comprendere per decidere. Come scrivo in un articolo (spero) di prossima pubblicazione,

In linea di principio si può dire che guardare alla scienza come elemento costitutivo di una scelta politica pone quattro ordini di problemi: non tutto ciò che è chiamato “scienza” lo è effettivamente, la scienza non offre certezze ma spiegazioni a validità limitata, essere un valido scienziato non implica possedere anche sensibilità politica, una decisione politica può divergere da una valutazione scientifica per ragioni di opportunità —o di ignoranza.

Nel caso del contact-tracing (che l’ennesima applicazione del nudging ha portato Google a rinominare in un meno minaccioso Exposure Notification) non ci sono elementi per capire in che modo sia stato selezionato il software. Questo accade non solo e non tanto perchè non si sa come funziona, non c’è evidenza di quali dati raccolga e come li gestisca ma perchè, appunto, chi decide continua a dare risposte a domande che non ci sono e che suscitano piuttosto una reazione di dipietresca cifra e memoria: che ci azzecca??

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