UsaL’intelligenza artificiale secondo Trump: potenza, biosecurity e zero regoleUsa

Il nuovo AI Action Plan del presidente Usa abbandona ogni cautela: più difesa, meno regolazione, piena alleanza con Big Tech. Per l’Europa, è tempo di decidere se restare vincolata ai suoi regolamenti o entrare nella partita industriale globale di Andrea Monti – Inizialmente pubblicato su Italian Tech-La Repubblica

Il significato del documento appena reso pubblico dalla Casa Bianca sulla strategia per americana per l’AI è tutto nel titolo: “Winning the Race” —vincere la corsa.

Senza mezzi termini, l’amministrazione Trump va oltre l’AI executive order della presidenza Biden emesso il 14 gennaio 2025 e poi abrogato dall’amministrazione attuale che più blandamente parlava di “far crescere la leadership USA nell’infrastruttura AI”, e definisce in modo chiaro obiettivi e strumenti per arrivare alle “vittoria”.

L’autonomia della filiera produttiva

Evidentemente memori della crisi dei chip, di quella delle terre rare e della rinnovata consapevolezza dei problemi di una lunga catena di approvvigionamento, i policy maker statunitensi hanno innanzi tutto concentrato l’attenzione sul creare una catena produttiva “corta”, una forza lavoro locale e una ricerca che attragga talenti stranieri. Nulla di diverso, dunque, da quanto già stabilito negli altri comparti industriali per importare forzosamente produzioni e competenze straniere nel suolo USA.

La sovranità sui dataset e il ruolo della scienza come abilitatore

Analogamente a quanto stabilito già un paio d’anni fa dal governo cinese, anche gli USA attribuiscono particolare importanza ai dataset, specie quelli destinati alla ricerca scientifica.

In questo senso, dunque, è chiara la funzione strumentale riservata all’AI, il cui sviluppo non è fine a se stesso, ma serve anche (e soprattutto) per supportare altri settori critici per l’amministrazione USA, dalla ricerca scientifica, all’azione amministrativa del governo, alla difesa.

La fusione fra AI, manipolazione genetica e biosicurezza

Quasi distrattamente, il documento fa un riferimento esplicito all’importanza di potenziare la ricerca per la biosecurity. Il che può significare —come si legge nel documento— mettere l’AI al servizio della genetica per curare le malattie ma anche —si può dedurre— usare l’AI per trovare contromisure ad agenti biologici, cioè riaprire il vaso di Pandora delle armi batteriologiche. È impossibile non sentire, in questa scelta, un’eco delle questioni relative alle cause della pandemia.

La protezione del mercato e il controllo sulla conoscenza

Seguendo una politica tecnologica abbastanza consolidata, specie nel settore delle armi, da un lato il documento dichiara senza mezzi termini che le tecnologie USA non potranno essere indiscriminatamente disponibili (anzi, dovranno essere scrupolosamente protette anche dallo spionaggio industriale interno) e dall’altra salda l’alleanza con Big Tech che incrementano il proprio ruolo di partner strategici del governo.

La semplificazione normativa

Il motore che muove la strategia concepita dall’amministrazione Trump è una precisa scelta di campo sulla regolamentazione: poche norme, facilmente applicabili.

Contrariamente all’approccio seguito dalla UE con il regolamento AI e i relativi atti di esecuzione, come le Guidelines on the scope of the obligations for general-purpose AI models, gli USA sono chiaramente consapevoli della necessità di una scelta di campo rispetto al ruolo delle AI company: privilegiare la capacità di realizzare strumenti sempre più efficienti, senza il peso di inutili pastoie regolamentari.

“L’AI è troppo importante”, si legge nel documento, “da impantanarla nella burocrazia statale o federale in queste fasi di avvio. Il governo federale non deve consentire che i fondi pubblici vengano indirizzati verso Stati che varano leggi che impongono oneri pesanti, ma senza interferire con il diritto degli Stati di approvare leggi prudenti che non impongano restrizioni inutili all’innovazione.”

Il confronto con la UE e la politica dei blocchi

Potrà essere un caso che la nuova strategia USA per l’AI sia stata diffusa in concomitanza con le negoziazioni sui dazi, ma di certo questo documento è destinato a giocare un ruolo anche sul tavolo della trattativa diplomatica in corso.

Dopo il GDPR, infatti, anche il regolamento AI rischia di diventare un motivo di scontro nel momento in cui, dalla prospettiva USA, impedisce o limita fortemente la diffusione delle tecnologie americane.

Queste limitazioni non rilevano soltanto in termini commerciali o di mantenimento del controllo tecnologico sugli Stati membri, ma incidono anche sulla generale strategia di contrasto delle tecnologie Cinesi.

La UE non ha ancora assunto una posizione chiara nei confronti di Pechino su svariati dossier, ai quali ora si aggiungono anche quelli sull’AI e sulle tecnologie che la abilitano.Dunque, non è irragionevole pensare che anche in questo ambito gli USA possano porre qualche ultimatum a Bruxelles il cui “bazooka” più volte invocato —“aggredire” Big Tech— appare sempre più lontano dall’essere impiegato sul campo.

Conclusioni

La scelta dell’amministrazione USA è chiara: da un lato spinge verso una deregolamentazione rapida e una militarizzazione dell’innovazione, dall’altro relega insecondo piano ogni riflessione sui diritti. Dunque, in termini geopolitici, la nuova strategia americana sull’intelligenza artificiale non è soltanto un gigantesco piano industriale, ma soprattutto è un’affermazione di potenza per rimettere gli Stati Uniti al centro di una nuova geografia della conoscenza.

Di fronte a questa presa di posizione, se davvero l’Unione Europea vuole parlare di sovranità digitale, è arrivato il momento di superare la fase regolatoria burocratica e dirigista e di dotarsi di una strategia industriale sull’AI comparabile per ambizione a quella americana. Altrimenti, i regolamenti serviranno solo a rallentare la diffusione delle tecnologie altrui, non a generare in Europa quelle del futuro.

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