Copyright – Mytech – Mondadori 7 febbraio 2001
Sul       Web non si può linkare tutto. Il copyright vale anche per gli ipertesti,       mettendo a rischio l’esistenza stessa della rete. L’alternativa? Buon       senso, correttezza e una chiara distinzione tra servizi commerciali e non
Si       sa che tecnologia e diritto non vanno troppo d’accordo. Spesso infatti le       possibilità aperte dalla bravura e dall’intelligenza dei programmatori       vengono frustrate da norme inutilmente complicate e antistoriche. Come nel       caso di Mp3, Div-x e via discorrendo, che, pur neutre sotto il profilo       tecnico, vengono additate alla pubblica opinione come l’ennesima       aggressione criminale a danno di questa o quella major.
Il problema non è affatto nuovo e, per quanto riguarda       l’internet, si pose almeno fin dagli albori della nascita del Web, che       tramite il protocollo Http realizzava il sogno a lungo accarezzato       dell’ipertesto (tralascio, per economia di spazio, riflessioni su quello       che c’era prima). Il fatto, però, che tecnicamente sia       possibile linkare qualsiasi altro contenuto disponibile in rete non       significa automaticamente che questo sia lecito. Ma come, si potrebbe       dire, se uno mette qualcosa on line vuol dire che chiunque può farci       quello che vuole!
Questo non è vero. Il diritto d’autore – regolato in       Italia da leggi estremamente discutibili – persiste anche sulla       pubblicazione on line di documenti. Pertanto, prima di linkare i contenuti       di un sito (direttamente o tramite framing) è opportuno leggere i vari       disclaimer sulla tutela del diritto d’autore. E scrivere al gestore del       sito chiedendogli l’autorizzazione.
Se poi non è presente alcuna dicitura sul copyright       questo vuol dire che la pagina in questione può soltanto essere       visualizzata e non riutilizzata in altro modo. Soprattutto, in       quest’ultimo caso, è opportuno più che mai “farsi vivi” con       l’autore. Il quale in molti casi, apprezzando il gesto di cortesia, non       farà alcun problema ad “autorizzare” il link. Se la risposta       non arriva, c’e’ poco da fare e si dovrà rinunciare al contenuto in       questione.
È evidente che questa conclusione suona paradossale       alle orecchie di chi “vive” la rete. E non fa altro che       evidenziare lo “stato di crisi” nel quale versa l’attuale modo       di intendere il diritto d’autore. Se tutti coloro che linkano dei       contenuti dovessero chiedere – e ottenere – il permesso di farlo verrebbe       meno uno dei punti di forza del Web.
Ma è anche vero che portali grandi e piccoli       “prosperano” sul lavoro altrui senza pagare una lira di royalty,       riutilizzando – altro che link! – disinvoltamente materiali per i quali       avrebbero dovuto pagare somme anche rilevanti.
A prescindere dalle questioni economiche, tuttavia,       c’e’ anche da considerare che qualcuno potrebbe semplicemente non gradire       di essere linkato da qualcun altro. Pensate – facendo un esempio       paradossale – se il sito di una parrocchia linkasse quello di una setta       satanica. Quest’ultima avrebbe il sacrosanto diritto di chiedere che quel       collegamento venga rimosso. Uno strumento di controllo per chi decidesse       di non seguire queste indicazioni, comunque, esiste: i software che       analizzano gli accessi a un sito sono anche in grado di individuare se la       pagina è stata richiesta dal server che la ospita o da un link esterno.       In questo modo è possibile tenere traccia in modo estremamente preciso di       “chi” ha linkato “che cosa”. E verificare, di       conseguenza, se sia stata concessa o meno l’autorizzazione.
L’unico modo per uscire da questa pazzesca situazione       è quello di comportarsi con sano buon senso. Se i link vengono impiegati       nell’ambito di un progetto commerciale è opportuno       “formalizzare” anche i rapporti con i proprietari dei contenuti.       Se si tratta di un’iniziativa no profit (fermo restando che la legge       richiederebbe comunque certi adempimenti) potrebbe essere sufficiente una       e-mail di avviso.
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