Garante dei dati personali – Provvedimento 21 giugno 20007 – [doc. web n. 1433975]

La “giurisdizione” del Garante per i dati personali in materia di dati genetici è limitata al risultato delle analisi sul campione biologico e non al campione biologico in quanto tale. E’ pertanto inammissibile il ricorso volto a ottenere l’accesso al campione in questione.

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vicepresidente, del dott. Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale;

Esaminato il ricorso presentato da XY, rappresentata e difesa dall’avv. Fabio Trojani presso il cui studio ha eletto domicilionei confronti diOspedale Fatebenefratelli di Roma;

Visti gli articoli 7, 8 e 145 s. del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196);

Viste le osservazioni dell’Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

Relatore il dott. Mauro Paissan;

PREMESSO

L’interessata ha proposto ricorso lamentando di non aver ricevuto riscontro ad un’istanza ai sensi dell’art. 9, comma 3, del Codice, con la quale, dopo la morte del padre, aveva chiesto all’Ospedale Fatebenefratelli di Roma, presso cui lo stesso era stato ricoverato, “di essere autorizzata al prelievo di qualsiasi campione biologico con preferenza di un frammento del tessuto incluso in paraffina od altrimenti” di “prelievi ematici relativi” allo stesso; ciò, “al fine di eseguire un’analisi genetica”. La ricorrente, nutrendo alcuni “dubbi riguardanti” la propria “origine biologica” che le procurano da diverso tempo un “forte disagio psicologico”, intende infatti, attraverso alcune indagini genetiche su campioni biologici appartenuti al proprio padre deceduto, conoscere tale origine al fine di “favorire il raggiungimento di un equilibrio e di un benessere psico-fisico, che solamente possono derivare dal chiarire –senza alcun dubbio– in modo indefettibile” la propria “identità personale (senza la necessità (…) di esercitare l’azione di disconoscimento di paternità ai sensi dell’art. 235 c.c.)”.

CIÒ PREMESSO IL GARANTE OSSERVA

Il ricorso è inammissibile in quanto difetta dei presupposti previsti (art. 147).

Il Codice in materia di protezione dei dati personali disciplina l’esercizio dei diritti in materia (artt. 7 ss.), nonché la presentazione, il contenuto e il procedimento per i ricorsi (art. 141, comma 1, lett. c), e artt. 145 ss.); individua, altresì, le ipotesi di inammissibilità dei ricorsi (art. 148), prevedendo che gli stessi siano dichiarati inammissibili o manifestamente infondati anche prima della loro comunicazione al titolare e al responsabile del trattamento con il connesso invito ad aderire (art. 149, comma 1).

Il procedimento previsto dagli artt. 145 e ss. del Codice ha caratteri particolari e può essere instaurato solo per soddisfare specifiche richieste formulate in riferimento alle particolari situazioni soggettive tutelate dall’art. 7 del Codice, richieste avanzate precedentemente e negli stessi termini dal medesimo interessato al/i titolare/i o al/i responsabile/i del trattamento e da questi disattese anche in parte.

Al fine di consentire l’esatta individuazione dei diritti fatti valere, il ricorrente deve allegare copia dell’istanza inoltrata al titolare o al responsabile del trattamento “senza formalità”, ma intesa, comunque, ad esercitare gli specifici diritti previsti dal citato art. 7 (artt. 8, comma 1, e 147, comma 2, lett. a), del Codice). Tra questi diritti è compreso quello di accesso ai dati personali il quale consente di ottenere la conferma dell’esistenza e la comunicazione in forma intelligibile dei dati riguardanti l’interessato che siano detenuti effettivamente dal titolare del trattamento e che vanno estratti secondo le modalità di cui all’art. 10 del Codice dal supporto che li contiene. Lo stesso diritto può essere esercitato ai sensi dell’art. 9, comma 3, del Codice da chi ha un interesse proprio o agisce a tutela dell’interessato o per ragioni familiari meritevoli di protezione, ma sempre rispetto ai “dati personali” concernenti persone decedute, anziché ai supporti che eventualmente li contengano.

Nel caso di specie, nonostante la ricorrente faccia riferimento nel ricorso ad una richiesta avanzata ai sensi dell’art. 9, comma 3, del Codice che sarebbe stata formulata precedentemente nei confronti dell’Ospedale Fatebenefratelli di Roma, l’istanza allegata al medesimo ricorso non è qualificabile come atto di previo esercizio dei diritti di cui al citato art. 7. A seguito della richiesta di regolarizzazione rivolta da questa Autorità in data 11 maggio 2007, la ricorrente non ha prodotto copia di un altro documento qualificabile come tale.

La nota indicata dalla ricorrente quale istanza ex art. 9, comma 3, del Codice non può essere qualificata alla stregua di un atto di esercizio dei diritti di cui all’art. 7, in quanto contiene solo la ben diversa richiesta di ottenere il prelievo e la consegna non di un dato personale di tipo genetico eventualmente detenuto dal titolare del trattamento, bensì il prelievo e la consegna di un campione biologico (un “frammento di tessuto incluso in paraffina” o un prelievo ematico). Anche in base all’autorizzazione generale del Garante al trattamento dei dati genetici (in www.garanteprivacy.it, doc. web n.1389918), per campione biologico deve intendersi “ogni campione di materiale biologico che contiene le informazioni genotipiche caratteristiche di un individuo”. Ed è solo rispetto a queste ultime, se già estrapolate e conservate dal titolare del trattamento (ad esempio in referti, cartelle cliniche, ecc.), che possono essere esercitati i diritti di cui all’art. 7 del Codice.

L’inammissibilità del ricorso non preclude alla ricorrente di formulare eventuali altre legittime richieste di accesso a dati personali effettivamente esistenti, nei limiti e secondo le modalità previste dal Codice, o di esercitare ulteriori suoi diritti nelle competenti sedi.

PER QUESTI MOTIVI IL GARANTE:

dichiara inammissibile il ricorso.

Roma, 21 giugno 2007

IL PRESIDENTE
Pizzetti

IL RELATORE
Paissan

IL SEGRETARIO GENERALE
Buttarelli

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