Trib. riesame di Brescia – Ord. 4 ottobre 2006

Sequestro informatico nei confronti del terzo non indagato – finalità esplorativa – non sussiste.
Sequestro informatico nei confronti del terzo non indagato – apprensione anche di dati estranei all’indagine – spropositata afflizione di diritti costituzionali – necessità di restringere l’estensione della misura – sussiste

TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI BRESCIA
Sezione Seconda Penale per le procedure ex artt. 309- 310 – 324 cpp –
Proc. n. 121/06 Mod 18
N. 11972/06 PM Brescia
Il Tribunale di Brescia – Sezione II Penale – riunito in Camera di Consiglio nella seguente composizione collegiale
Dr. Francesco Maddalo Presidente
Dr. Anna di Martino Giudice rel.
Dr. Antonio Minervini Giudice
ha emesso la seguente
ORDINANZA
Sulle (riunite) richieste di riesame presentate (il 25/9/06) da Bonini Carlo, difeso di fiducia dall’avv. Carlo Federico Grosso (foro di Torino), e da Colonnello Paolo, difeso di fiducia dagli avvocati Luigi Chiappero e Luigi Giuliano (foro Torino), avverso i decreti 11 agosto, 13 e 21 settembre 2006 del Pubblico Ministero di Brescia aventi ad oggetto il sequestro probatorio di personal computer (ed altro materiale informatico) con operazioni di “clonazione” delle correlative memorie;
letti i motivi dei gravami, valutate le argomentazioni e le produzioni rese all’udienza camerale dalle parti comparse, visti gli atti processuali ed a scioglimento della riserva assunta:
RILEVA
Pende avanti alla locale Procura della Repubblica il procedimento n. 11972/06 RGNR inscenato dalla denuncia 12 luglio 06 di tale Pillinini Lorenzo, funzionario SISMI indagato dalla Procura della Repubblica di Milano nell’ambito della nota indagine sul rapimento dell’imam Abu Omar (contrassegnata al n. 10838/05 PM MI), nonché dall’ulteriore denuncia 5/8/06 del legale di Pillinini, avv. C. D’Alessandro del foro di Trieste.
Le denunce (ed il procedimento bresciano) hanno ad oggetto l’asserita pubblicazione del contenuto del verbale di interrogatorio 6/7/06 reso dal detto Pillinini al PM di Milano, verbale fatto segno di secretazione (dalla competente Procura milanese) e consegnato in copia al difensore; le prime ipotesi di reato profilate dalla Procura bresciana sono quelle di cui agli articoli 326, 261, 262 cp con rimando alla competenza ex art. 11 cpp (altre iscrizioni risultano per il reato ex art. 684 cp relativamente a giornalisti del Corriere della Sera e del Piccolo di Trieste.
Nell’ambito del detto procedimento, finalizzato ad acclarare gli autori della propalazione del verbale secretato – i cui contenuti si assume essere apparsi pubblicati sul Corriere della Sera l’8 ed il 9 settembre 06, sul Piccolo di Trieste il 9 settembre 06, sulla Repubblica il 10 settembre 061 – il PM disponeva (il 10-11 agosto 06) atti di perquisizione e contestuale sequestro nei confronti dei giornalisti processioni Claudio Ernè, addetto al Piccolo di Trieste, e Cristina Zagaria, addetta alla redazione di Milano di Repubblica ed autrice di articoli sul caso di Abu Omar, rintracciando presso l’ufficio della Zagaria, indagata come Ernè per il reato ex art. 648 cp, il verbale secretato, reso da Pillinini il 6/7/06.
Presso la stessa Zagaria (ufficio della sede milanese di Repubblica) era ritrovata, ispezionando la posta elettronica del di lei personal computer, una e-mail – avente ad allegato il file 15/6/06 relativo alla richiesta di applicazione di misure cautelari avanzata dal PM di Milano 2 al GIP (dr. Manzi) nell’ambito delle indagini sul rapimento di Abu Omar – proveniente dall’indirizzo di posta elettronica intestato a c.bonini@repubblica.it>. Ancora presso la Zagaria erano trovate copie cartacee ed informatiche di altri atti provenienti dal procedimento milanese sul rapimento di Abu Omar (n. 10838/05 PM MI), atti non oggetto di secretazione ed apparentemente fatti segno di ostensione ; due CD ROM, dal contenuto non meglio precisato, ma – stando alla pg – .
Da ciò, nei silenzi opposti dall’indagata Zagaria (indicata dall’Ernè quale colei che gli aveva rimesso copia del verbale secretato, verbale dall’Ernè asseritamente rammostrato all’avv. D’Alessandro), l’emanazione l’11 agosto 2006 di decreto di perquisizione presso l’ufficio e l’abitazione del giornalista Carlo Bonini di Repubblica in Roma – < per accertare la provenienza della e-mail pervenuta al giornalista Carlo Bonini>, nonché l’assunzione a verbale di Bonini .
Stante l’assenza dall’Italia (all’epoca) del Bonini, la GDF, su mandato (orale) della Procura, sequestrava nella notte tra l’11 ed il 12 agosto 2006, nell’ufficio romano del Bonini presso il quotidiano Repubblica, il personal computer ed altri supporti informatici del giornalista: trattasi di due floppy-disk intestati , relativi ad annotazioni 3/4/2001 della DIA di Napoli alla competente Procura partenopea; un floppy-disk intestato recante il file di ordinanza di cattura 3/11/04 del Gip di Catanzaro; un floppy-disk intestato recante un file-documento sul tema del terrorismo islamico; due DVD 9/11 intitolato e relativi a films-documentari sulla strage dell’11 settembre 2001 negli USA.
Alla data del 30 agosto 06 Bonini rilasciava (in Roma alla GdF) informazioni sul file oggetto di interesse investigativo (la richiesta di cattura 15/6/06 del PM di Milano) del seguente tenore: .
All’intenzione manifestata dalla GDF di procedere alle operazioni di copia dell’intera memoria del computer ed all’opposizione manifestata dal Bonini (e dalla difesa) il PM emanava un provvedimento (in pari data: 30/8/06) con il quale escludeva la prospettata clonazione dell’intero hard-disk del p. computer in argomento> rilevando che .
Seguiva l’ispezione della posta elettronica del giornalista che consentiva di accertare che detto file (documento) gli era provenuto con e-mail 18 luglio 06 delle ore 18,25 all’indirizzo di posta elettronica , intestato al giornalista Paolo Colonnello della Stampa di Torino.
Emergeva anche che il detto era stato inviato via e-mail dal Bonini alla Zagaria, e per conoscenza a 3, il 18 luglio 06 alle ore 18,31.
Le e-mail estrapolate erano riversate in apposito DVD-R.
Nello stesso contesto la pg, su mandato orale del PM, procedeva a ricercare tutti i files contenenti la parola , a mezzo di ispezione sul disco fisso del computer, estrapolando un elenco di 112 files.
Dopo richieste del Bonini e della difesa intese al rilascio del p. computer e di quanto altro in sequestro di fatto dall’11/8/06, seguiva alla data del 13 settembre 06 decreto disponente:
1.l’acquisizione del clone della memoria del computer in sequestro al giornalista Carlo Bonini;
2.il dissequestro del computer del Bonini;
3.il sequestro del personal computer del giornalista Paolo Colonnello della Stampa di Torino con acquisizione del clone della memoria del detto computer e conseguente immediato dissequestro del p. computer;
4.l’accesso – mediante perquisizione – al Server di posta elettronica del quotidiano la Stampa di Torino, finalizzato ad accertare la provenienza dell’e-mail trasmessa dal Colonnello al Bonini il 18 luglio 2006 ore 18,25 (avente ad oggetto la richiesta cattura PM Mi del 15 giugno 06).
Le acquisizioni del “clone” della memoria del p. computer dei due giornalisti erano così motivate:
Alla data del 19 settembre la GdF delegata provvedeva alle disposte operazioni di “clonazione” (dell’hard-disk, memoria del p.c. e dei floppy-disk, riversati in 20 supporti DVD e 2 CD-R) e dissequestrava il p. computer ed i 4 floppy-disk del Bonini, trattenendo in sequestro, ancora su ordine orale del PM, i due DVD 9/11 (relativi a filmati documentati sulla strage in Usa dell’11/9/01). Analoghe attività erano svolte quanto al giornalista Colonnello.
Con ulteriore decreto del 21 settembre 2006 il PM, a fronte di ribadita opposizione del Bonini e della di lui difesa quanto alla violazione del segreto professionale e della , disponeva che l’analisi della copia estratta del p. computer e dell’ulteriore documentazione informatica (floppy-disk) appresa a Bonini avesse luogo in contraddittorio con il giornalista e/o un suo delegato; disponeva acquisirsi i soli documenti (files relativi alla richiesta cattura PM Milano del 15/6/06; files contenenti atti provenienti dal proc. 10838/05 PM Milano ed eventuali altri files pertinenti); disponeva ugualmente per il giornalista Colonnello e nei sensi della restituzione ai due giornalisti dei cloni dei personal computer e dell’ulteriore materiale informatico clonato al termine delle operazioni di verifica.
Il detto ultimo provvedimento del PM era così motivato: .
Le operazioni di analisi della memoria del computer di Bonini proseguivano il 25 settembre 06 alla presenza del giornalista; con nota 26 settembre la GdF comunicava che l’esame del contenuto del DVD-R – sul quale erano state riportate le due e-mail estrapolate dal computer di Bonini sequestrato il 12 agosto (aventi ad oggetto la ricezione da Paolo Colonnello e la spedizione a Zagaria Cristina il 18 luglio 06 del file contenente la richiesta di cattura 15/6/06) – consentiva di stabilire l’autore del documento (il Procuratore Aggiunto di Milano dr. Armando Spataro firmatario, insieme all’altro Aggiunto dr. F. Pomarici, della richiesta in parola) e l’ora di creazione (15 giugno 2006 ore 12,32).
La Finanza annotava anche che nella ricerca di files tra il 15 giugno e il 12 agosto 06, individuati in numero di 52, solo 4 (files) potevano avere attinenza con le indagini: trattasi di un file (a) denominato < rich. Cattura 15 giugno.doc>; di altri tre file (b) denominati ; ; .
Il primo documento contiene la richiesta integrale (oltre 400 pag.) della cattura del 15/6/06, e risale al 18 luglio 06 ore 24; i documenti , e attengono a bozze di articoli sui fatti degli arresti per il rapimento di Abu Omar e risalgono all’8 luglio 2006.
Le operazioni di analisi proseguivano in assenza di Bonini (che segnalava, oltre ai tempi non brevi delle verifiche, propri impegni lavorativi).
È in atti ulteriore provvedimento del PM, datato 27 settembre 2006, con il quale si dispone partitamene l’analisi del “clone” della memoria del giornalista Colonnello: nel detto provvedimento, con riferimento agli atti disposti nei confronti dei due giornalisti, si legge – a proposito della Zagaria – del rintraccio di .

Avverso i detti provvedimenti avevano già in data 25/9/06 presentato reclami (ex art. 324 cpp) i due giornalisti fatti segno delle attività di perquisizione, sequestro e verifiche tratteggiate, con richiesta di annullamento dei provvedimenti impugnati e conseguente svincolo delle memorie clonate dei p. computer e di ogni altro materiale informatico appreso in copia (nonché – per Bonini – dei due DVD contenenti filmati appresi in originale).

All’odierna udienza il PM ha riversato altri atti: tra questi, il verbale 3 ottobre 2006 della GdF relativo all’esaurimento delle verifiche sul clone del p. computer del giornalista Colonnello e la restituzione allo stesso di tutto il materiale informatico clonato oggetto di analisi; la nota 26/9/06 a firma del Procuratore della Repubblica di Milano (dante conto che la cattura 3 luglio 06 a firma del GIP dr. Manzi, relativa agli indagati Mancini e Pignero, agenti SISMI accusati di concorso nel rapimento di Abu Omar, è stata eseguita il 5 luglio con correlativo deposito degli atti presso la cancelleria GIP; che il verbale di interrogatorio di Pillinini, secretato il 6 luglio 06, è stato rimesso, con tutto il carteggio processuale, al Tribunale del Riesame di Milano il 12 luglio 06; che presso la cancelleria del Riesame risultano essere state rilasciate copie degli atti del procedimento; l’annotazione 29/9/06 della GdF relativa alle verifiche su taluni materiali informatici appresi all’indagata Zagaria (tale da palesare il possesso di files provenuti da rapportabili ai siti telematici degli uffici giudiziari e di polizia giudiziaria di Milano).
È pervenuta rinuncia al gravame di Paolo Colonnello (e della di lui difesa), datata 4 ottobre e motivata dall’avvenuta restituzione o distruzione di tutto il materiale informatico soggetto a sequestro.
La difesa di Carlo Bonini ha esplicitato (con apposita memoria) i motivi dell’impugnazione facendo riferimento all’illegittimità degli atti compiuti nei confronti di soggetto avente veste di ed alla violazione dei disposti ex articoli 191- 200 – 253 – 256 cpp.
Il PM – nell’orale intervento – ha sottolineato che tra i materiali appresi alla giornalista-indagata Cristina Zagaria vi sarebbero anche atti provenienti apparentemente da uffici di polizia giudiziaria e da studi legali; ha aggiunto che le verifiche ad oggi compiute non deporrebbero nei sensi dell’avvenuta pubblicazione del verbale secrecato reso dal denunciate Pillinini (il 6/7/06); ha concluso per il rigetto del gravame ribadendo la necessità ai fini delle indagini di quanto disposto.

Rileva il Collegio che va preliminarmente dichiarata inammissibilità del gravame a firma Paolo Colonnello, alla stregua dell’intervenuta rinuncia all’impugnazione; non v’è luogo a provvedere sulle spese tenuto conto che la rinuncia al reclamo devesi alla sopravvenuta restituzione da parte del PM dei materiali appresi al giornalista in costanza della di lui opposizione.

Quanto al gravame di Carlo Bonini (unico di interesse) stima il Tribunale che lo stesso meriti accoglimento.

In diritto, in linea con svariate pronunce della Corte di Cassazione4 e del Giudice delle Leggi5, va ribadito che la verifica demandata al Tribunale (nella materia che occupa: riesame ex art. 324 cpp) non significa esclusivamente , ma contempla l’esercizio di un controllo di legalità sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati in rapporto ai presupposti legittimanti il sequestro (qui probatorio).
Ciò comporta che il Tribunale, pur non potendo esercitare in concreto la verifica della fondatezza della tesi accusatoria, ha il potere-dovere di esplicare il controllo di legalità nell’ambito delle indicazioni di fatto offerte dal Pubblico Ministero, al fine di verificare se gli elementi rappresentati consentano di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica e se sussistano estremi per l’esatta qualificazione dell’oggetto del sequestro come corpo del reato o cose pertinenti al reato, ciò, con tutta evidenza, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive.
A corollario di quanto precede va rammentato che:
1.la nozione di deve comunque esprimere un rapporto seppure indiretto rispetto all’accertamento dei fatti, sicchè la detta nozione e la sua valenza resta designata ed è verificata dal nesso strumentale con la necessità per l’accertamento del reato;
2.il consolidato orientamento giurisprudenziale6 sul disposto di cui all’art. 247 comma 1 cpp (“fondato motivo di ritenere che il corpo del reato o cose pertinenti al reato si trovino in un determinato luogo”) è tale per cui ai fini della legittimità del provvedimento che dispone la perquisizione domiciliare il fumus necessario per la ricerca della prova è non solo quello inerente l’avvenuta commissione dei reati (sotto il profilo della loro ragionevolmente presumibile o probabile commissione), ma anche la presenza di indizi di un certo rilievo quanto alla possibilità di accreditare la probabilità che l’oggetto da ricercare si trovi presso la persona da perquisire: tanto, all’evidenza, per non trasformare la perquisizione, che è un mezzo di ricerca della prova. In un mezzo di acquisizione della notitia criminis, come tale inammissibile perché lesivo della libertà individuale costituzionalmente garantita;
3.l’istituto del sequestro presso il terzo presuppone una ricerca mirata di cose pertinenti al reato giacchè il è (tradizionalmente) colui presso il quale si trovano, custodite o depositate, cose la cui giuridica o concreta disponibilità appartiene a soggetto diverso (l’indagato), ovvero (colui) che sia in possesso di cose o documenti estranei al reato ma che attengano alla verifica fattuale dell’ipotesi accusatoria;
4.la motivazione delle esigenze probatorie, vieppiù nei casi di apprensione presso
, deve essere adeguata ed idonea a convincere della rigorosa necessità dell’atto (la giurisprudenza7 rimarca che il PM deve rendere comprensibile il rapporto esistente tra le cose sottratte alla disponibilità del soggetto ed il reato per cui si procede, seppure sulla base degli atti acquisiti e senza giudizi di certezza).

Merita soffermarsi – in rapporto ai temi agitati in causa e seppure nei limiti di quanto oggetto della procedura – sulla disciplina processuale del segreto giornalistico.
Il segreto professionale del giornalista è stato introdotto nel nostro ordinamento dagli articoli 2, comma 3, e 48 della Legge 3 febbraio 1963 n. 69, disposti che prevedono che i giornalisti, pubblicisti e praticanti inclusi, , con correlativa previsione di una specifica responsabilità disciplinare per violazione della regola deontologica del segreto.
La protezione delle fonti giornalistiche, pilastro della libertà di stampa (avente rango costituzionale in uno Stato di diritto), è assicurata dal vigente ordinamento processuale dagli articoli 200- 256 – 362 cpp.
Il disposto di cui all’art. 200, comma 3, cpp, introdotto con l’approvazione del nuovo codice di rito, è tale per cui il giornalista non può essere obbligato a deporre relativamente ai nomi delle persone dalle quali ha avuto notizie di carattere fiduciario nell’esercizio della professione, tranne i casi in cui .
La norma esige (come è bene evidente) una rigorosa interpretazione, tale da non vanificare la garanzia del segreto (riconducibile all’art. 21 della Costituzione) assicurata pur a fronte della soddisfazione delle esigenze (del pari costituzionalmente protette) di giustizia.
Di tanto vi è traccia di una recente pronuncia della SC8 con la quale (confermandosi l’assoluzione di un giornalista dal reato ex art. 371 bis cp) si fa rientrare nel segreto professionale non solo il nome della fonte ma anche qualsiasi ulteriore indicazione che possa portare ad identificare quest’ultima, con tutela del segreto, dunque, assicurata in rapporto a tutti quegli elementi che possano comunque essere utili a stabilire un collegamento investigativo tra questi e la fonte al fine di rintracciarla.
Anche nel panorama internazionale si presta peculiare attenzione al tema del diritto al segreto giornalistico: si rammentano qui (per quanto, ovviamente, non vincolanti) le pronunce della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (27/3/96: caso Godwin contro Regno Unito9; 25/2/2003: caso Roemen e Schmit contro Lussemburgo)10, con le quali si è ritenuta la mancata protezione del segreto giornalistico per impiego di mezzi .
Le garanzie di cui all’art. 200 cpp sono poi rafforzate dal richiamo espresso che appare nelle disposizioni di cui all’art. 362 cpp e 256 cpp.
Tale ultimo disposto (art. 256 cpp), in simmetria con quanto prevede l’art. 200 cpp, prescrive che in caso di opposizione di segreto (di Stato o professionale) l’autorità che ha richiesto l’esibizione di atti o documenti coperti da segreto deve svolgere gli opportuni accertamenti e può procedere a sequestro solo se perviene a conclusioni nei sensi dell’infondatezza del rilievo e l’acquisizione sia necessaria alle indagini.
Trattasi di norma che rafforza la tutela del segreto giornalistico e che deve essere interpretata similmente a quella ex art. 200 cpp, si da scongiurare la riduzione a vacuo sofismo dell’affermazione (insita nella garanzia assicurata nell’art. 200 cpp) della libertà di stampa e segnatamente della libertà di ricevere informazioni al fine dello svolgimento dell’attività di informazione al pubblico.
Infatti, a seguire l’impostazione (qui propria del PM) tale per cui la ricerca delle fonti di certe notizie sarebbe consentita senza limiti nei confronti del giornalista (cfr. in appresso), si perviene (inammissibilmente) ad un sostanziale aggiramento della disposizione di cui all’art. 200, co. 3, cpp. Non è, invero, concepibile un sistema improntato ad assicurare la tutela del segreto giornalistico che contempli, da un lato, un rigido meccanismo di controllo sul diritto-obbligo del segreto e – dall’altro – consenta l’accesso indiscriminato ai materiali più propri e riservati del giornalista.

Tanto premesso, è a dirsi che difettano gli estremi dei provvedimenti adottati sotto plurimi profili.
Va qui subito detto che il provvedimento giustificativo del sequestro del p. computer e dell’altro materiale informatico di Bonini non risulta formalmente adottato: come si evince dalla narrativa, il decreto PM 11 agosto 06 contiene (stando agli atti rimessi) solo ordine di perquisizione, finalizzato ad accertare la provenienza dell’e-mail trovata alla Zagaria, nonché disposizioni di assunzione a s.i.t. del giornalista, senza alcun cenno all’apprensione di beni; di fatto sin dalla notte 11-12 agosto il p. computer e gli altri materiali (i 4 floppy-disk ed i due filmati in DVD) vengono trattenuti dalla GdF su ordine orale del PM; si perviene al 30 agosto, con le prime esplorazioni nel computer in sequestro di fatto; solo il 13 settembre, con richiamo al provvedimento in data 11 agosto, che viene menzionato come atto di , si fornisce spiegazione dell’atto disposto e delle connesse operazioni di “clonazione”.
Tuttavia, le dette (tortuose) sequenze non comportano problemi di ammissibilità dell’impugnazione, dato rilievo alla comune impostazione di PM e difesa e, pur in mancanza di formale atto di sequestro, alla presenza del provvedimento 13 settembre 06 (contenente, seppure a posteriori, l’esplicitazione delle ragioni di adozione del vincolo, nonché le tratteggiate operazioni di “clonazione”).

Un primo rilievo: è lo stesso PM che ammette non essere configurabile allo stato – reato (concorso nell’art. 326 cp ovvero art. 684 cp) per ciò che concerne il possesso da parte di Bonini (e prima di Colonnello) dell’unico atto giudiziario non coperto dal segreto a lui trovato (la richiesta di cattura PM MI del 15/6/06, seguita dagli arresti del 5 luglio con deposito atti nella cancelleria GIP e successiva rimessione dei carteggi il 12 luglio al Riesame), alla stregua dei disposti ex art. 114, comma 7, cpp, e 329, comma 1, cpp.
Bonini è dunque (allo stato) soggetto terzo il quale è stato raggiunto dagli atti di ricerca della prova di cui si è detto.
Come anticipato, se è ben vero che il sequestro può raggiungere il terzo (cfr. segnatamente l’art. 257 cpp), è altrettanto vero che in tale caso è richiesto un accertamento , privo di attività invasive ed esplorative (tipiche dell’incedere nei confronti dell’indagato), il che rimanda (con tutta evidenza) alla preventiva individuazione della cosa da acquisire ed al bisogno di uno stringente collegamento tra la res da apprendere (al terzo) ed il reato oggetto di indagini preliminari.
In tale prospettiva – avuto riguardo alla qualifica di in capo all’odierno reclamante ed ai connotati pesantemente intrusivi ed esplorativi delle attività nei suoi confronti condotte – già emerge l’illegittimità degli atti qui in esame sotto il profilo del difetto di nessi apprezzabili tra quanto a lui appreso e l’oggetto dichiarato (sul che cfr. in appresso) delle investigazioni.
Infatti, le risultanze sin qui disponibili non autorizzano la fondatezza dell’impostazione d’accusa tale per cui l’ispezione della memoria tutta del p. computer del giornalista Bonini sarebbe funzionale alla che vuole scopribile il canale di divulgazione dell’atto secretato a mezzo la ricerca del canale di divulgazione degli atti non secretati.
Per vero le prospettazioni ultime del PM (rese in udienza) manifestano una quale incertezza quanto al tema principale di indagini (la divulgazione del verbale secretato di Pillinini), considerato che il profilato diretto di pubblicazione sui quotidiani dei giorni 8, 9 e 10 luglio, in rapporto alla data del rintraccio presso Zagaria del detto verbale (metà di agosto) ed all’epoca di ostensione del verbale (il 12 luglio, con la trasmissione degli atti al Riesame, stando alla nota in atti del Procuratore della Repubblica di Milano), rende assai meno il quadro di fatto ( che riguarda Zagaria) sul quale ruota il procedimento.
Tali incertezze sull’ della notizia criminis rendono (solamente) vieppiù fragile l’impostazione accusatoria sulla dell’ipotesi investigativa che, si ripete, vorrebbe scopribile il canale di diffusione del verbale secretato, rinvenuto presso Zagaria in forma cartacea, esplorando di diffusione degli atti – per via telematica – non coperti dal segreto (da cui le ricerche verso Bonini).
L’impostazione del PM, che fonda su una mera deduzione astratta, appare intrinsecamente di dubbia ragionevolezza, solo che si consideri il ricorso dei giornalisti professionisti a diverse (sul che vedasi lo stesso richiamo operato dal PM, nell’intervento in udienza camerale, alla pluralità di fonti informative quanto agli atti processuali rinvenuti presso l’indagata Zagaria).
In ogni caso, pur accreditando come la notizia della divulgazione del verbale secretato (dunque seguendo quanto presupposto nei provvedimenti impugnati) il collegamento tra Bonini e le indagini riposa su un dato anodino, quale l’invio alla collega Zagaria di un documento non più coperto da segreto, ricevuto da altro giornalista (Colonnello), in contesto nel quale è acclarato che era la Zagaria, presso la quale sono stati ritrovati materiali processuali (già secretati e non), colei che si occupava della cronaca sul rapimento di Abu Omar e che il giornale che per primo avrebbe pubblicato (per contenuto) il verbale secretato (quello 6/7/06 di Pillinini) non è lo stesso per il quale lavorano Zagaria e Bonini, cioè Repubblica (peraltro la prima in Milano ed il secondo in Roma), ma il Corriere della Sera.
Sotto tale profilo merita censura il provvedimento del PM 13 settembre 06, disponente (a posteriori) il sequestro (già di fatto operato l’11 agosto) del computer e l’acquisizione della memoria intera dello stesso, siccome non sorretta (tale acquisizione) da criteri di necessitato collegamento con quanto oggetto di investigazione (principio generale del quale è espressione, peraltro, l’art. 254, comma 3, cpp11 e pesantemente invasiva, in relazione a quanto oggetto dell’hard-disk del computer (tra l’altro dotato di casella di posta elettronica, dunque contenente il di una persona di professione giornalista), delle libertà costituzionalmente protette (si pensi, oltrechè alla libertà di stampa, alla libertà di riservatezza e segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione ex art. 15 Costituzione).
Il sequestro di un intero hard-disk consente certamente l’acquisizione di elementi probatori, ma implica anche l’acquisizione di dati che esulano dal contesto per il quale l’atto e disposto, sicchè, come è immediatamente percepibile, tale genere di sequestro esige un ambito di corretta e ristretta operatività per evitare connotazioni di spropositata afflittività e di lesione di beni costituzionalmente protetti.
Va ribadito, come ha rimarcato la difesa, che dopo l’acquisizione delle note e-mail, oggetto dello specifico e dichiarato interesse investigativo, il cui esame, peraltro, ha offerto conferme alle dichiarazioni del giornalista, nessun dato fattuale emerge (né è stato dal PM chiarito) per giustificare le intrusive attività compiute, se non la sopra citata .
Orbene una simile attività, avente connotati manifestamente esplorativi, non è ammissibile nei confronti di una persona non sospetta della commissione di alcun reato12, come è in specie accaduto nei confronti del giornalista qui ricorrente.
Sotto questo profilo merita particolare segnalazione la compressione della libertà e segretezza della corrispondenza – disciplinata dall’art. 254 cpp con riguardo alla posizione del solo indagato – ma nel caso che occupa attuata nei confronti del terzo tramite l’accesso alla posta elettronica, conservata nel disco fisso, con conoscenza dei messaggi tutti trasmessi e ricevuti, compresi quelli destinati a soggetti del tutto estranei alle indagini.

Ma vi è di più, l’incedere del PM è dissonante dalle previsioni ordinamentali a tutela del segreto professionale assicurato ai giornalisti dai (sopra) commentati disposti ex artt. 200-256 cpp (ordine di esibizione, opposizione di segreto, controlli e verifiche e poi, se del caso, sequestro).
In specie, come si evince dalla narrativa, è mancato tale passaggio procedimentale: a Bonini, dopo la prima esplorazione nella casella elettronica mirata alla ricerche sull’origine dell’e-mail contente in allegato il file della richiesta cattura MI del 15/6/06 (esplorazione che, come ha sottolineato la difesa, ha fornito agli inquirenti la notizia che cercavano: l’origine della e-mail da Paolo Colonnello), è stato direttamente sequestrato il p. computer con apprensione di fatto dell’intera memoria dell’hard-disk, senza valutazione alcuna dell’opposizione pur manifestata dal giornalista sul fronte sia della tutela del segreto professionale che della di lui privacy.
Infatti, il provvedimento 13 settembre del PM, disponente il sequestro (già avvenuto l’11-12 agosto) e la “clonazione” dell’hard-disk del computer di Bonini (sulla base di non meglio precisate , nemmeno in udienza, peraltro, esplicitate), nessun cenno contiene ai temi del segreto professionale e delle altre libertà pesantemente compromesse, oggetto di formale opposizione (sin dal 30 agosto e poi sempre ribadita).
Solo nel provvedimento 21 settembre, esaurite le operazioni di copia dell’intera memoria del computer, il PM affronta i temi sollevati dal giornalista e dalla di lui difesa osservando che .
Trattasi – come già anticipato – di impostazione non condivisibile: da un lato, non è dato davvero di comprendere come la privacy ed il segreto professionale possano essere tutelati da un con gli inquirenti (la scena raffigurabile è quella che vede gli inquirenti che procedono all’apertura di tutti i files del giornalista e che selezionano a loro discrezione quelli alle indagini, all’esito di eventuali spiegazioni ed indicazioni dell’interessato); dall’altro lato, sfugge quale sia la ricerca finalizzata a quanto oggetto di possibile interesse investigativo (s.l. rispetto alle modalità di ricerca dal codice disciplinate e limitate: testimonianza, sequestro), se appena si considera che la ricerca avviene in concreto – pacificamente – con l’esplorazione di tutti i dati informatici contenuti nella memoria dell’hard-disk.
Tale incedere costituisce grave vizio della procedura acquisitiva, vizio che all’evidenza refluisce sulla valutazione demandata al Tribunale sulla legittimità (oltrechè sul merito e opportunità di cui si è già detto) del sequestro disposto (in violazione degli articoli 200, 253, 256 cpp.)13.
Va qui rammentato che per dominante opinione dottrinale e giurisprudenziale14 rientrano nella categoria delle prove sanzionate da inutilizzabilità, ai sensi dell’art. 191 cpp, non solo quelle oggettivamente vietate, ma anche quelle formate o acquisite in violazione dei diritti soggettivi tutelati in modo specifico dalla Costituzione (come nei casi di cui agli artt. 13, 14, 15, Costi., in cui la prescrizione dell’inviolabilità attiene a situazioni fattuali di libertà assolute, di cui è consentita la limitazione solo nei casi e nei modi previsti dalla legge).
In tale prospettiva, le pesanti intrusioni nella sfera personalissima del ricorrente, in dispregio della specifica disposizione ex art. 256 cpp (ed in più non sorrette da stringenti esigenze di giustizia), confermano il carattere illegittimo del sequestro disposto e delle correlative operazioni (oggetto del reclamo) di cui si è ampiamente detto.
In conclusione: alla stregua degli elementi di fatto e delle allegazioni provenute dal PM e delle prospettazione della difesa deve riconoscersi l’illegittimità delle attività di ricerca < > compiute nei confronti del Bonini, non solo irrispettose di espressi disposti di legge (artt. 256-200 cpp) ma anche originate non da < > circa il fatto che nel di lui computer potessero trovarsi < > pertinenti al reato, ma da soggettive opinioni investigative o semplici sospetti, con la conseguenza dell’avvenuta compressione nei confronti di persona non indagata di diritti costituzionalmente garantiti (nella verosimile prospettiva, come non infondatamente adduce la difesa, di rintracciare notizie di reato diverse da quella oggetto delle indagini inscenate).
All’annullamento dei provvedimenti del PM consegue la restituzione al ricorrente della copia-clone del p. computer e dei floppy-disk oggetto di sequestro, nonché dei due DVD, contenenti filmati (sulla strage dell’11 settembre 2001), anche appresi – con provvedimento orale del PM – per ragioni ad oggi non esplicitate.
Sul tema e solo per completezza va detto, in linea con le osservazioni difensive, che non è qui richiamabile l’orientamento giurisprudenziale15 che vuole lecito il trattenimento da parte del PM della copia di documenti oggetto di dissequestro.
Non solo trattasi di obiter dictum nell’ambito di pronuncia di inammissibilità del gravame (nel caso di dissequestro avvenuto nelle more della procedura), peraltro con richiamo abbastanza oscuro all’art. 330 cpp (con il che la copia degraderebbe da prova a mera notizia criminis), ma la stessa pronuncia – facendo riferimento esplicito all’eccepibilità senza pregiudizio, dell’eventuale vizio, derivante dal così acquisito contributo cartolare, nella competente sede – si riferisce (con tutta evidenza) al sequestro-dissequestro nei confronti dell’indagato, il che – come si è detto – non è in specie (sequestro presso terzo che mai potrebbe far valere nella competente sede le sue doglianze).
Va poi sottolineato, come ha efficacemente notato la difesa e come è immediatamente percepibile, che altro è il trattenimento in copia di semplici documenti cartacei, acquisibili, ove non segreti, senza peculiari limiti ex artt. 248, 255, 258 cpp, altro è il trattenimento di copia della memoria intera di un personal computer, appresa – come si è detto – illegittimamente.
Sul piano dogmatico-processuale la distinzione corrisponde alla non assimilabilità dell’ipotesi dell’annullabilità del sequestro per assenza dei requisiti generali (cd fumus dell’ipotesi di reato, nesso pertinenziale) rispetto a quella dell’invalidità (nullità) della cautela per violazione di divieti o vincoli procedimentali imposti dalla legge, che all’evidenza precludono l’assicurazione – attraverso il trattenimento delle copie – del risultato acquisitivo divietato.
Quanto, poi, alla positiva e specifica disciplina della copia, l’art. 258 cpp, ammettendo l’acquisizione della riproduzione meccanica in sostituzione dell’originale, presuppone pur sempre un valido e permanente vincolo di sequestro sul documento.
Non vi è dubbio allora sul fatto che il “clone” del materiale informatico tutto appreso al ricorrente debba essere a lui restituito, come del resto ha mostrato di convenire lo stesso Pubblico Ministero nel provvedimento 21 settembre 2006, che espressamente dispone nel senso che .

PQM
Letto l’art. 324 cpp
Il Tribunale del Riesame di Brescia Sezione II Penale
Pronunciando sui ricorsi di cui in epigrafe
1.dichiara inammissibile il gravame presentato da Colonnello Paolo.
In accoglimento del ricorso di Bonini Carlo
2.ANNULLA i decreti impugnati, emessi dal Pubblico Ministero il 13 e 21 settembre 2006 e – per l’effetto – dispone l’immediata restituzione al ricorrente Bonini Carlo della copia (“clone”) della memoria del personal computer e dei 4 floppy-disk come descritti nei verbali 30 agosto 06 e 19 settembre 06 della Guardia di Finanza di Brescia (20 supporti DVD e 2 CD-R).
Dispone altresì la restituzione dei due (originali) DVD, contenenti filmati, in sequestro.
Delega per l’esecuzione il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Brescia, Sezione Tutela Entrate.
Manda alla cancelleria per le comunicazione di legge alle parti processuali e per quanto altro di competenza.
Cosi deciso in Brescia nella camera di consiglio del 4 ottobre 2006.

Il Giudice Estensore Il Presidente
Dr. Anna di Martino Dr. Francesco Maddalo

Depositato in cancelleria
09.10.2006

Possibly Related Posts: