Una proposta concreta per “occupare gli occupabili”: migrare la PA verso l’open source

Se c’è qualcosa che accomuna i governi degli ultimi vent’anni, a prescindere da colori, coalizioni e appartenenze politiche è la sostanziale sordità al ruolo che free software e open source possono svolgere nella gestione delle istituzioni pubbliche, non solo in termini di efficienza, sicurezza e risparmio, ma anche, da ultimo, per contribuire a risolvere il problema dei percettori di reddito di cittadinanza qualificati come “occupabili” e dunque destinati a non percepire più il sussidio di Andrea Monti – Inizialmente pubblicato su Strategikon, un blog di Italian Tech

È pacifico che l’utilizzo di sistemi e software “liberi” consente di mantenere il controllo sull’obsolescenza del hardware e di prolungarne la vita ben oltre il “lifecycle” unilateralmente stabilito dai produttori. Analogamente, l’utilizzo di formati aperti libera le amministrazioni dalla costrizione di dover aggiornare programmi e applicazioni solo per via di incompatibilità introdotte senza una reale necessità tecnologica (esemplare il caso della patch che fa funzionare l’ultimo sistema operativo di Apple anche su hardware perfettamente capace ma “non supportato”). Il tema è sul tavolo degli esecutivi da decenni, ma troppo poco è stato fatto.

È vero: pragmaticamente si dovrebbe considerare che sostituire i sistemi proprietari utilizzati nell’amministrazione centrale può essere molto complesso e avere un costo finale molto elevato, tale da scoraggiare anche il pensare di farlo (ma ci si dovrebbe chiedere perché ci siamo legati le mani da soli). Al contrario, i numerosissimi client in uso alla PA potrebbero essere più agevolmente riconvertiti formando gli “occupabili” per compiere queste attività e poi impiegandoli per “battere a tappeto” istituzioni locali e centrali. Oltre a rivitalizzare computer che non dovranno essere per forza sostituiti, gli “occupabili” potrebbero continuare a fornire servizi di supporto e manutenzione in modo da percepire uno stipendio che, quindi, sostituirebbe il sussidio e lascerebbe le risorse pubbliche sul territorio, invece che oltreoceano (Atlantico o Pacifico, non fa molta differenza).

Fantaamministrazione? No, perché progetti come Refurbishing Ninja, diretti al riutilizzo consapevole di hardware e software ci sono da sempre —già nel 2005 un piccolo istituto tecnico abruzzese, il De Sterlich, dimostrò che era possibile risparmiare e generare indotto con il free software— e dappertutto. Far scoccare la scintilla del software libero nelle pubbliche amministrazioni non è impossibile. È difficile, ma si può fare. Basta volerlo.

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