Open Source,media e Istituzioni. Colpevoli silenzi, crassa ignoranza e arrogante presunzione

Linux&Co n.ro 16

di Andrea Monti

Nell’ultimo mese ho avuto la fortuna di partecipare a tre eventi che mi hanno consentito, da un lato, di conoscere esponenti storici del movimento Open Source internazionale come Bruce Perens e Roberto Di Cosmo e, dall’altro, di incontrare faccia a faccia – come presidente di ALCEI – il parlamentare che ha funto da relatore alla famigerata legge sul bollino, e il responsabile delle relazioni esterne della SIAE. Non tutti questi incontri hanno una relazione diretta con gli aspetti legali che normalmente tratto in queste pagine, ma per una volta spero mi perdonerete l’off topic. Che spero sia comunque interessante.

Cominciamo dall’inizio.
Il 5 aprile scorso, a Milano, la sezione milanese dell’Associazione Italiana Calcolo Automatico (AICA) in collaborazione con ALCEI ha organizzato un incontro con Bruce “Mr.Debian” Perens. Che nella prestigiosa cornice dell’università statale di Milano ha brillantemente intrattenuto una platea interessata e “agguerrita”.

L’intervento ha spaziato fra i temi più diversi. Dal “perché” dell’Open Source, alle differenziazioni con il freeware, alla denuncia della criminalizzazione di Linux messa in piedi da coloro che lo ritengono “roba da delinquenti”, alle critiche al bollino SIAE (notevole anche la preparazione sui “fatti” di casa nostra”).

Ma l’aspetto centrale dell’intervento di Bruce Perens è stato il dimostrare come l’open source non sia (o non sia più soltanto) “roba da nerd” ma il mezzo per definire un modello di business alternativo a quelli tradizionali, non per questo meno efficiente o produttivo. E per convincersi che non si tratta di baggianate o utopie, basta pensare all’incarico attualmente ricoperto da Perens: Senior strategist per Linux e Open Source in HP. Cioè una posizione di primissimo livello nell’organigramma di una multinazionale che impiega oltre 84.000 persone in tutto il mondo.

Una nota di colore (ma non per questo meno grave o allarmante). E’ stato abbastanza divertente – in un convegno che parlava di Open Source – ascoltare il docente universitario nella relazione di apertura che, celebrava la ECDL (European Computer Driving License)la “patente europea del computer”, che rilascia “attestati” di “capacità d’uso” dei sistemi Windows:)

In tutt’altra cornice si è tenuto l’incontro con Roberto Di Cosmo che, pur italianissimo (laureatosi alla Normale di Pisa), è emigrato in Francia, dove è professore ordinario di informatica alla VII università di Parigi, anima del movimento per il software libero e autore di un best seller dal titolo “Microsoft. Le hold-up planetaire” i cui contenuti vi lascio immaginare.

La cornice è quella del Futurshow, la fiera bolognese che quest’anno ha dato molto spazio al tema del software libero. In particolare con due dibattiti: uno dal titolo “Free web, Free software” al quale, oltre a Di Cosmo, hanno partecipato fra gli altri Carlo Massarini (che moderava) Carlini (L’Espresso), Beppe Caravita (Sole24Ore), Falsea (Microsoft) e – in modo rocambolesco – il sottoscritto. L’altro, dal titolo “Welcome in open source” nel quale Roberto Di Cosmo è stato protagonista di un brillantissimo intervento sui fondamenti culturali e sulle applicazioni commerciali del software libero.

Mentre i contenuti di quest’ultimo intervento sono stati estremamente focalizzati sul significato del software libero, ben altro è accaduto nel corso dell’incontro “Free Web, Free Software”che, già a partire dal titolo, lasciava presagire il peggio. Che puntualmente è accaduto, con lo scadimento nella querelle Linux vs Windows, con l’associazione concettuale fra software libero e Napster, con “dichiarazioni di avvenuto decesso” dell’internet (oramai “preda delle corporazioni”) e fine, a dire degli intervenuti, delle strutture di autogoverno tecnico della Rete (veramente a me risulta che IETF & C godano ottima salute, ma sicuramente mi sbaglio:)).
In tutto questo bailamme – non ho invidiato affatto Carlo Massarini che si è dovuto districare (peraltro bene) in mezzo alla confusione più totae – c’è stata poca possibilità di parlare correttamente di open source. Anche perché ogni volta che si cercava di impostare un discorso coerente tornava alla ribalta un pericoloso mix di ignoranza e ideologia che non fa certo bene allo sviluppo del free software e assimilati.
Il dato evidente emerso da questo incontro è, purtroppo, la riconferma dell’italico vezzo di ritenersi unici “portatori del verbo”. A buon intenditor…

Veniamo ora, dulcis in fundo, alla conferenza organizzata dal LUG di Roma nell’aula “E.Amaldi” presso la facoltà di fisica dell’università “La Spaienza” di Roma il 20 aprile scorso. Il titolo dell’incontro era “Licenze open source in Italia e in Europa” ed erano stati invitati, oltre ad ALCEI, Alessandro Rubini in “rappresentanza” per così dire, degli sviluppatori, l’on.Altea, relatore della legge sul bollino SIAE e il dr.Agoglia, responsabile delle relazioni esterne della SIAE.

Purtroppo la registrazione integrale del convegno, benchè effettuata, non potrà essere diffusa perché alcuni relatori non hanno firmato l’apposita liberatoria. Per cui si dovrebbe attendere (quanto?)la diffusione di un “testo approvato”, che però non potrà farvi sperimentare il clima che si è respirato nelle quasi tre ore e mezza di discussione.
Il primo dato che è emerso in modo incontestabile è che la politica ignora assolutamente l’open source, più volte definito, dall’on.Altea un “fenomeno minoritario” che non può provocare il cambiamento della legge!!

Al di là della soddisfazione di relatori e pubblico di aver avuto a “distanza di domanda” chi ha fatto la legge e chi ne influenza l’applicazione, tuttavia, la situazione emersa dalla discussione è veramente desolante. E’ chiaro che siamo di fronte ad uno “spiegamento di forze” tanto occulte quanto impressionanti. E’ chiaro che esistono canali preferenziali di comunicazione fra le lobby e i politici ed è altrettanto chiaro che i politici subiscono passivamente queste pressioni. Persino quelle parti politiche (sinistra) che per svariati ordini di ragioni hanno avuto (o dovrebbero avere avuto)diretta informazione di queste problematiche. Veniamo al dunque.
Dagli interventi del responsabile SIAE dott.Agoglia e dell’on. Altea
è emerso in modo inequivoco e confermabile riascoltando la registrazione che la legge è pensata e strutturata per la protezione degli interessi delle grandi case produttrici. La cosa grave è che è risultato assolutamente evidente quanto sia fortissimamente sia radicata la presenza della cultura Microsoft in Parlamento.

L’intervento dell’on. Altea è stato incentrato sui guasti della pirateria, sul fatto che è giusto pagare per ascoltare la musica di Madonna (è vero, lo giuro!), che è cosa buona e giusta incoraggiare la Microsoft nella sua “missione” verso l’innovazione, augurandosi che nella platea ci fosse un “futuro bill Gates” (al commento “speriamo di no”, scroscio di applausi e risa)che verrà così protetto da questa buona legge. E’ stato poi esplicitamente dichiarato che ci sono state pressioni di lobby (BSA).
Un altro argomento dibattuto allo spasimo è stato quello del famigerato bollino SIAE. Non c’è stato verso di far capire che non c’è bisogno del bollino per i software open source (dato che non c’è necessità di distinguere supporto originale da quello contraffatto).
Ho avuto la precisa impressione che, resisi conto del “guaio” combinato con la legge, i due esponenti istituzionali abbiano cercato in qualche modo di rimediare con una “interpretazione” delle norme. In questo senso credo di poter interpretare l’opinione espressa dall’esponente SIAE. Secondo il quale il bollino sarebbe obbligatorio sul solo impiego a fine di profitto dei supporti che contengono software anche open source. Praticamente allora, gli fa notare Rubini, su tutto lo scibile, considerando che qualsiasi programmatore che presta opera di consulenza detiene a scopo di profitto dei supporti che non sono bollinati ma che – secondo quanto assrito – dovrebbero esserlo. Capitola la SIAE rispondendo un candido “è vero”.
Proseguendo nel dibattito, il dot.Agoglia, ha poi dichiarato, rispondendo ad una domanda precisa, che fino all’entrata in vigore del fantomatico regolamento che disciplinerà l’uso del bollino SIAE, quest’ultimo va apposto su tutti i supporti destinati alla commercializzazione o comunque alla realizzazione di un profitto (e quindi anche su quelli che ospitano software libero).
Mentre quando il moderatore gli ha chiesto se volesse impegnarsi nell’ottenimento di una legge che escluda la bollinatura per il software opne source e freeware l’on.Altea rispondeva di no.
Ad entrambi i relatori viene poi chiesto conto della criminalizzazione della semplice diffusione di informazioni sui sistemi di sicurezza e protezione software, anche quando il tutto è fatto solo per scopi scientifici (DeCSS)e dell’istituzione del regime di “pentitismo elettronico” (denunciare qualcun altro, ottenendo uno sconto di pena se dalla denuncia si riesce a sequestrare un gran numero di supporti – anche se poi il denunciato dovesse rivelarsi innocente).

Nessuno ha risposto.

Questi sono soltanto alcuni stralci di un evento destinato, secondo me, ad essere ricordato molto a lungo. Soprattutto perché ha evidenziato la clamorosa ignoranza degli interlocutori isituzionali e la loro scarsa attenzione a quanto arriva dalla comunità e in particolare da quella del software libero. Etichettata più volte, lo ripeto, come un fenomeno minoritario. A questo punto, o si fa finta di niente, e probabilmente fra qualche, poco, tempo Linux diventerà fuorilegge. Oppure toccherà unirsi – superando rigidità ideologiche purtroppo molto presenti – perché le singole, deboli voci di ciascuno si fondano insieme fino a diventare un boato.E allora nemmeno se fossero sordi, potrebbero dire di non avere sentito.

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