COVID-19: l’apocrifo decreto-legge e la crisi della giustizia

Nelle scorse ore sono circolate molte bozze del nuovo decreto-legge COVID-19 annunciato ieri dal Governo ma il cui testo non è ancora disponibile (perlomeno, non sul sito di Palazzo Chigi).

Spero che il testo vero sia profondamente diverso da quello rimbalzato da una parte all’altra della rete che deve per forza essere apocrifo. Non si spiegherebbero altrimenti – per esempio –  norme scritte con scarsa attenzione ai principi del diritto penale e “amnistie” o “indulti” per i “furbetti della passeggiata”.

Si legge nell’articolo 4 comma  I (tra parentesi le correzioni) che

1. Salvo che il fatto (sia punito come) costituisca reato (delitto dalla legge penale), il mancato rispetto delle misure di contenimento di cui all’articolo 1, comma 2, individuate e applicate con i provvedimenti adottati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, ovvero dell’articolo 3, e? punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro (500) 400 a euro (4.000) 3.000 e non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall’articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanita?, di cui all’articolo 3, comma 3. Se il mancato rispetto delle predette misure consegue all’utilizzo di un veicolo le sanzioni sono aumentati fino a un terzo.

e poi nel comma 7 comma secondo che

Le disposizioni del presente articolo che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, sempre che il procedimento penale non sia stato definito con sentenza o con decreto penale divenuti irrevocabili, ma in tali casi le sanzioni sono applicate nella misura minima. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni degli articoli 101 e 102 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507.

Andiamo per ordine.

Che significa “non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall’art.650 del codice penale” ecc. ecc.? Vuol dire che il processo si fa in ogni caso, il giudice condanna, ma la pena non si applica? Oppure il convoluto burocratese vuole “dire senza dire” che le decine di migliaia di contestazioni elevate in questi giorni sono carta straccia (con ciò confermando il teorema che il “furbo” ha sempre ragione a violare la legge?

Peraltro, avere disposto di “non applicare la sanzione” di cui all’art. 650 c.p. non esclude il dovere del pubblico ministero di verificare se siano stati commessi altri reati. E, in ogni caso, ogni denuncia deve essere valutata dal pubblico ministero che deciderà se aprire o meno un fascicolo, eventualmente da archiviare senza ulteriori indagini. Quindi, se la norma aveva l’obiettivo di non aumentare il carico degli uffici giudiziari non raggiungerà il suo scopo. 

L’alternativa è, pragmaticamente, che tutte quelle denunce rimangano semplicemente “lettera morta” e così decine di migliaia di persone rimarranno negli archivi di polizia come “denunciati in attesa di giudizio”.

Fa veramente rabbrividire per due motivi, invece, l’ultimo comma :

  • in primo luogo, stabilisce inutilmente ciò che è graniticamente presente nel sistema giuridico: fino a quando il procedimento penale pende, si applica sempre la legge più favorevole,
  • in secondo luogo, prevede che ai “furbi della passeggiata” sia applicata in ogni caso la sanzione mininma, mentre – evidentemente – ai “nuovi furbi” potrà essere irrogata una sanzione più pesante. In altri termini, e ancora una volta, si conferma che nemmeno uno stato di emergenza come quello che stiamo vivendo spinge le Istituzioni ad adottare sanzioni certe e dure.

Ripeto, non so se queste norme siano vere o – spero – finte. Quello che è certo, è che sono la prova provata che – di questi tempi – non è soltanto la sanità ad essere in crisi ma anche la giustizia.

In tempi normali siamo abituati a pensare che i criminali siano “gli altri” e i loro numeri, tutto sommato, vengono gestiti pur con tutti gli affanni del sistema giustizia. Ma quando i delinquenti siamo noi, quelli che “ma che male faccio se esco a fare due passi”, o “che problema c’è se da Milano torno in Sicilia”, ci accorgiamo che il sistema non è in grado di gestire il carico generato dalle “brave persone” che “non hanno fatto niente di male”.  L’unica soluzione, dunque, è che le Istituzioni dicano “scusate tanto, abbiamo scherzato, avevate ragione voi”.

Si, voi. Voi che – ancora una volta – avete avuto ragione ad anteporre i cazzacci vostri alla salute della collettività.

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