Cass. Sez. V – Sent. 42765/19

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Napoli, decidendo sulla richiesta di riesame avanzata da XXXXX avverso il decreto di convalida di sequestro probatorio emesso dal Pubblico Ministero c/o il Tribunale di Napoli in data 5 marzo 2019, ha disposto l’annullamento del decreto impugnato limitatamente a due I-Phone e ad un I-Pad sequestrati dal Commissariato di Napoli in data 2/3/2019 – previa estrazione di copia informatica del relativo contenuto – e rigettato nel resto la richiesta. Tanto, per aver ritenuto congruamente motivato il decreto del Pubblico Ministero ed esuberante il vincolo apposto sui beni per violazione dei principi di proporzionalità e adeguatezza.

2. Il Tribunale evidenzia che il decreto impugnato è stato emesso nell’ambito di un procedimento penale instaurato contro YYYYY per falso in atto pubblico  fidefacente e destinatario – per tale reato – di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice pèr le indagini preliminari del Tribunale di Napoli in data 2/2/2019. Aggiunge che, nella fase di esecuzione della misura personale, la Procura della Repubblica procedente ha disposto, con decreto del 28/2/2019, la perquisizione, anche informatica, del luogo di residenza e degli altri luoghi e dei veicoli nella disponibilità dell’YYYY , di quelli adiacenti e pertinenziali, nonché della persona dell’indagato e degli altri soggetti presenti in tali luoghi, con conseguente sequestro di quanto rinvenuto; che in data 2/3/2019 è stata data esecuzione al decreto di perquisizione, con estensione delle operazioni all’abitazione di XXXXX, madre dell’indagato, sita in ZZZZ (ove l’indagato era stato ristretto agli arresti domiciliari fino al mese di gennaio 2019), nel corso della quale la polizia giudiziaria procedente ha sottoposto a sequestro una busta bianca con la scritta “note ministeriali autentiche assoluzione Regno Unito” e “un ritaglio di foglio datato 5.10.2018 con firma Gip”, nonché alcuni supporti informatici, due I-Phone e un I-Pad; che in data 5/3/2019 il Pubblico Ministero procedente ha convalidato il sequestro di P.G. ai sensi dell’art. 355 cod. proc. pen ..

3. Contro il provvedimento suddetto ha proposto ricorso per cassazione il difensore di XXXXX con quattro motivi.

3.1. Dopo aver premesso che l’I-Pad e gli I-Phone appartenevano alla ricorrente, lamenta, col primo motivo, che il Tribunale – in violazione degli artt. 50, 326 e 358 cod. proc. pen., artt. 11, 107 e 112 della Costituzione e con provvedimento sostanzialmente abnorme – abbia esercitato un potere riservato al Pubblico Ministero, disponendo che, prima della loro restituzione e senza richiesta della pubblica accusa, venisse estratta copia forense dei dispositivi informatici.

3.2. Col secondo lamenta che il decreto del Pubblico Ministero non contenga la specificazione delle esigenze probatorie perseguite col sequestro, attuato su beni di terzi e in un’abitazione in cui l’indagato non era nemmeno presente. Invero, aggiunge, il decreto di convalida emesso il 5/3/2019 è assolutamente generico e qualifica, apoditticamente, in beni sequestrati come pertinenti al reato, tanto più che il decreto di perquisizione, emesso dal Pubblico Ministero , il 28/2/2019, specificava già che i beni da sequestrare erano quelli “nella disponibilità dell’indagato”. Lamenta, altresì, che il Tribunale del riesame, chiamato a pronunciarsi sulla genericità della motivazione contenuta nel decreto di convalida del sequestro, si sia limitato a “recepire acriticamente il provvedimento del P.M.” ed abbia “sorvolato su tutte le questioni processuali proposte” (pag. 14), oltre a non dare “conto di alcuna autonoma valutazione critica della legittimità e consistenza degli elementi disponibili e delle ragioni poste a fondamento della misura cautelare reale” (pag. 17). Con lo stesso motivo lamenta che lo stesso Pubblico Ministero, chiamato a convalidare l’operato della polizia giudiziaria, abbia richiamato, per relationem, la motivazione del decreto di perquisizione, “che lo stesso P.M. ha riconosciuto non essere il titolo cautelare in base al quale ha avuto luogo il sequestro”. Infine, lamenta che il decreto di perquisizione sia stato emesso per finalità esplorative, rivolte alla ricerca della notitia criminis, e che il Tribunale, chiamato a pronunciarsi su tale eccezione, abbia omesso di farlo. Deduce che, quando è stato emesso il decreto di perquisizione, il Pubblico Ministero era già in possesso di elementi sufficienti ad elevare l’accusa per falso e che non è dato comprendere quali siano le ragioni giustificatrici del sequestro, eseguito, peraltro, in assenza dell’imputato e a carico di terzi. Tale vizio sarebbe stato riconosciuto dallo stesso Pubblico Ministero, il quale ha convalidato il sequestro operato dalla polizia giudiziaria ritenendo che i beni sequestrati fossero necessari alla cattura di un latitante (l’YYYYY, che, all’epoca di emanazione del decreto di perquisizione, non era ancora latitante) e alla individuazione di eventuali correi.

3.3. Col terzo motivo lamenta che, in relazione ai beni di cui è stato mantenuto il sequestro, siano stati violati i principi di adeguatezza e proporzione, essendo stati sequestrati beni che non hanno alcuna attinenza con l’ipotesi delittuosa prospettata.

3.4. Col quarto motivo lamenta che la perquisizione sia stata eseguita fuori dei limiti temporali segnati dall’art. 352, comma 3, cod. proc. pen. e in difetto dei presupposti richiesti dalla norma suddetta. Deduce che, nella specie, “sono state vincolate cose che non recano in sé alcuna evidenza probatoria e secondo modalità che, in quanto devianti rispetto al modello legale, non possono non avere riflessi sul sequestro medesimo”, stante la previsione dell’art. 191 cod. proc. pen ..

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso merita accoglimento nei limiti e per le ragioni di seguito esposte.

1. Preliminarmente, si rileva che le censure in rito sono manifestamente infondate. Il Tribunale, per disporre l’estrazione di “copia forense” dei dispositivi informatici sequestrati, prima della loro restituzione all’interessata, non aveva bisogno di alcuna richiesta del Pubblico Ministero, giacché, così operando, non ha adottato, in violazione di legge, una misura cautelare (per la quale sarebbe stata, ovviamente, necessaria la richiesta della pubblica accusa), ma ha, all’incontrario, conservato la misura già eseguita, “alleggerendola” nell’interesse del sequestrato, a cui sono stati restituiti gli originali. Così operando, infatti, il Tribunale ha riconosciuto la legittimità del sequestro (quali che siano le espressioni adottate al riguardo) e la strumentalità dello stesso rispetto all’accertamento probatorio, solo ravvisando, nell’interesse del soggetto inciso dal provvedimento, l’idoneità probatoria della “copia forense”. Rientrava pienamente nei poteri del Tribunale del riesame adottare il provvedimento richiesto, che non è né abnorme né illegittimo, sicché il richiamo – da parte del ricorrente – dei principi costituzionali e convenzionali è totalmente inconferente.

2. Va ulteriormente rilevato che, sebbene il ricorrente non distingua sempre tra provvedimento di perquisizione e sequestro (adottato dal Pubblico Ministero il 28/2/2019) e decreto di convalida del sequestro eseguito dalla Polizia giudiziaria (provvedimento del Pubblico Ministero del 5/3/2019), accomunando i due provvedimenti nella critica della loro legittimità, il primo decreto, emesso dall’inquirente, è scevro dei vizi lamentati, in quanto emesso nella sussistenza dei presupposti di legge e perché contiene – contrariamente alla deduzione del ricorrente – la chiara indicazione delle finalità probatorie perseguite. Il fatto che fosse già stato iscritto un procedimento per falso contro Imperiali e fosse già stata disposta una misura cautelare non esclude, invero, la ricorrenza di (ulteriori) esigenze probatorie da soddisfare, che corroborassero il quadro indiziario già delineatosi, sia nel senso di individuare correi nel reato, sia nel senso di acquisire elementi – non determinabili a priori – confermativi della responsabilità (come traspare dal riferimento alla “documentazione informatica”, collegata al falso contestato, contenuta nel decreto di perquisizione e sequestro).
E che l’intuizione dell’inquirente fosse ragionevole è dimostrato dal fatto che, effettivamente, in fase esecutiva furono sequestrati, oltre ai due due 1-Phone e all’I-Pad di, di cui si dirà, anche una busta bianca con la scritta “note ministeriali autentiche assoluzione Regno Unito” e “un ritaglio di foglio datato 5.10.2018 con firma Gip”, verosimilmente collegati al reato per cui era stato iscritto il procedimento (collegamento da accertare, ma sufficiente, già in ipotesi, a legittimare il provvedimento di perquisizione e il successivo sequestro).

3. Nessuna violazione di legge è ricollegabile all’esecuzione del sequestro in assenza dell’indagato. Dalla stessa esposizione contenuta nel ricorso si evince che il Pubblico Ministero dispose la perquisizione locale e personale dell’indagato; perquisizione estensibile, “in presenza dell’indagato e ove emergessero relazioni sospette tra questi e i presenti”, anche a “tutti gli altri soggetti che si trovassero all’interno dei luoghi oggetto di perquisizione”. Il che vuol dire che la perquisizione poteva essere estesa, ove presente l’indagato, anche ai “soggetti” presenti e che dessero il sospetto di occultare sulla loro persona i beni ricercati. L’estensione era relativa, quindi, alle persone (ove presente l’indagato), non già ai luoghi, che dovevano essere, invece, perquisiti in ogni caso. In altre parole, l’estensione riguardava la perquisizione :ersonale e non già quella locale.
Le deduzioni del ricorrente non riguardano le persone perquisite, né è dedotto che i beni sequestrati furono rinvenuti sulle persone, per cui la doglianza è priva di fondamento.

4. L’esecuzione di una perquisizione oltre i limiti temporali stabiliti dall’art. 251 cod. proc. pen. non comporta la nullità dell’atto, dal momento che la violazione di detta norma non rientra tra le ipotesi di cui all’art. 178, 1 ° co., lett. e, né tantomeno l’inutilizzabilità di cui all’art. 191, poiché il divieto attiene non all’atto in sé, ma alle modalità di esecuzione. In ogni caso, si rileva che la questione non era stata proposta al giudice del riesame e non può essere proposta, pertanto, in questa sede, anche perché nulla è dato sapere circa il concreto svolgimento delle operazione di perquisizione (il ricorrente si duole di una mancanza di motivazione del provvedimento, che giustificasse la deroga ai limiti temporali previsti per legge; non già della concreta esecuzione della perquisizione oltre i limiti suddetti).

5. Merita accoglimento, invece, il motivo di ricorso concernente il provvedimento di convalida del sequestro degli I-Phone e dell’I-Pad. Il decreto di sequestro probatorio – così come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (Cass., SU, n. 36072 del 19/4/2018, rv 273548-01). Tale obbligo è calibrato alla natura del reato che si tratta di accertare e alle caratteristiche dell’oggetto del sequestro, sicché la motivazione dovrà essere rafforzata ogni qual volta il nesso tra il bene e il reato per cui si procede sia indiretto.
Nella specie, il Tribunale del riesame ha ritenuto che il decreto di convalida fosse motivato dalla necessità “di acquisire elementi di prova relativi al reato di falso contestato”, in vista della “individuazione dei concorrenti nel reato”, del “rintraccio dell’indagato irreperibile e dell’emersione di fatti illeciti della medesima tipologia”. Trattasi di motivazione gravemente inadeguata – fino all’apparenza – rispetto all’obbligo di specificazione delle esigenze probatorie perseguite, perché la necessità “di acquisire elementi di prova relativi al reato di falso contestato” è tautologica, giacché non chiarisce in che modo e per quale via i beni sequestrati siano funzionali all’accertamento del falso contestato a YYYY o all’individuazione di eventuali correi (per vero, non viene nemmeno chiarito se le indagini riguardano altri sospettati); il “rintraccio dell’indagato irreperibile” costituisce giustificazione postuma del sequestro, atteso che non viene spiegato se l’indagato era stato inutilmente ricercato; l’accertamento di fatti illeciti della stessa tipologia costituisce indicazione generica, buona per ogni situazione, e scollegata dalla vicenda indagata, atteso che non viene chiarito se il falso per cui è procedimento è relativo ad una un’indagine più ampia, contemplante, almeno in nuce, ulteriori episodi di falsificazione; soprattutto, l’ordinanza impugnata non motiva in ordine alla strumentalità probatoria di beni che, fin dall’inizio, la difesa aveva protestato come appartenenti a terzi, rinvenuti in casa di un terzo (la madre dell’indagato).

6. Gravemente inadeguata – talché può definirsi inesistente – è pure la motivazione concernente la proporzionalità del sequestro rispetto alle esigenze da soddisfare. Premesso che “l’estrazione di copia informatica” (meglio noto come backup) del contenuto degli I-Phone e dell’I-Pad equivale a mantenimento del sequestro con riferimento al loro contenuto informativo, avente rilevanza autonoma rispetto al contenitore fisico (talché è consentito all’interessato l’impugnazione del sequestro, anche a fronte della restituzione degli apparecchi contenitori: Cass. SU, n. 40963 del 20/7/2017), si rileva che nessuna spiegazione è stata fornita intorno alla necessità di mantenere il vincolo sulla totalità dei dati contenuti negli strumenti sopra menzionati, a fronte di un’indagine che riguarda un singolo falso e, a quanto è dato comprendere dall’imputazione provvisoria, un singolo imputato. All’evidenza, un sequestro così ampio ed indiscriminato viola le regole in tema di proporzionalità tra le ragioni del sequestro ed l’entità dello stesso. E’ principio ormai consolidato, infatti, quello per cui il principio di proporzionalità, pur previsto espressamente dal solo art. 275 c.p.p. per per le misure personali, è applicabile anche alle misure reali, dovendo il giudice motivare adeguatamente sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso altri e meno invasivi strumenti cautelari. Di conseguenza, è stato ritenuto illegittimo per violazione del principio di proporzionalità ed adeguatezza, il sequestro a fini probato.ri di un sistema informatico, quale è un persona! computer, un I-Pad o una chiavetta USB, che conduca, in difetto di specifiche ragioni, ad una indiscriminata apprensione di tutte le informazioni ivi contenute (cass., n. 24617 del 24/2/2015; sez. 6., n. 31735 del 15/4/2014; sez. 2, n. 48587 del 9/12/2011).
Nella specie, è completamente assente la motivazione sulla necessità di apprensione dell’intero contenuto degli strumenti di cui si discute, atteso che, pur rilevando l’esuberanza del vincolo apposto sullo stesso, il Tribunale ha ritenuto di porvi rimedio disponendo la restituzione del supporto fisico e il trattenimento del contenuto informativo perché “la difesa non ha manifestato un interesse a conservarne l’esclusiva disponibilità”, confondendo, in tal modo, l’ammissibilità del ricorso per cassazione (che, in base alla sentenza delle SU 40963/17, è effettivamente subordinata alla deduzione di un interesse alla esclusiva disponibilità dei dati) con la necessaria proporzionalità del vincolo.

7. La motivazione esibita dal Tribunale sugli aspetti della completezza motivazionale e della proporzionalità del vincolo è, pertanto, apparente, per cui sì impone l’annullamento del provvedimento impugnato con rinvio per nuovo esame al giudice a quo. Nel riesame del decreto di convalida il giudice del rinvio si atterrà al criterio per cui la motivazione del provvedimento di convalida – da parte del P.M. – del sequestro probatorio eseguito dalla polizia giudiziaria, dalla quale si evincano i presupposti del vincolo e della configurabilità del reato, può essere integrata dal giudice del riesame in sede di conferma del provvedimento con la specificazione delle esigenze probatorie che ne stanno a fondamento, sempre che le stesse siano state indicate, seppure in maniera generica, nel provvedimento impugnato (Cass, n. 30993 del 5/4/2016, Rv 267329-01; sez. 2, n. 39382 del 8/10/2008; sez. 2, n. 45212 del 8/11/2007).

P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato e rinvia per nuovo esame al tribunale di Napoli.

Così deciso il 9/9/2019

Il Consigliere Estensore                                                                     Il Presidente
Antonio Settembre                                                                              Grazia Miccoli

Depositato in cancelleria 17 ottobre 2017                                       

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