Su Rousseau il Garante ha sbagliato prospettiva (e forse competenza)

Il Garante dei dati personali ha sanzionato l’Associazione Rousseau, che detiene i diritti sull’omonima piattaforma utilizzata dal Movimento5Stelle per gestire con “democrazia diretta” la vita politica del Movimento stesso. La sanzione ha riguardato non un fatto concreto, ma la ipotizzata – secondo il Garante – manipolabilità del voto espresso tramite questo strumento per via del “superpotere” riservato agli amministratori di sistema e alla mancata adozione di altri adempimenti di sicurezza. Il problema (serio) di Rousseau, tuttavia, non è quello di cui si è preoccupato il Garante dei dati personali ma quello della tutela dell’indipendenza e della libertà del Parlamento, e dunque di ordine pubblico (materia sottratta alle competenze del Garante).

“Prima di  tutto”, Rousseau è un’associazione privatistica senza personalità giuridica. Non è un partito, non ha funzioni istituzionali e dunque il modo in cui i gli associati gestiscono la democrazia interna è un fatto del tutto privato e personale. Non si pone, quindi, il tema della tutela dei diritti e delle libertà fondamentali dell’individuo perchè in questo contesto, semplicemente, non entrano in gioco: sarebbe come dire che il Garante pretendesse di avere giurisdizione anche sulla vendita dei biglietti di una lotteria di paese e sull’estrazione del relativo premio.

Ma l’Associazione Rousseau non è solo il soggetto che gestisce una piattaforma software. E’ anche – e sopratutto – il “luogo” dove un partito politico (soggetto diverso dall’associazione stessa) adotta delle decisioni che influenza direttamente le scelte politiche e il voto dei parlamentari di riferimento.

La potenziale manipolabilità dei risultati di Rousseau, dunque, non è un tema di trattamento dei dati personali ma riguarda direttamente l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato, nel momento in cui esiste un “oggetto” che, dall’esterno e senza alcun controllo, può condizionare le scelte del Parlamento.

E’ vero, si potrebbe osservare, che tutti i partiti fanno lo stesso, nel senso che ciascun movimento politico è portatore di istanze che i singoli parlamentari poi trasportano e portano in Parlamento. Ma, a differenza di quanto accade con Rousseau, sempre in via mediata dal meccanismo rappresentativo stabilito nella Costituzione.

Nel caso del Movimento5Stelle, invece siamo di fronte al sistematico innesto di fatto di una ulteriore fase pre ed extra parlamentare nel procedimento di formazione delle leggi e in generale sulla formazione della volontà del Parlamento, tramite uno strumento che – salvi i casi di franchi tiratori e dissidenti – eterodirige i parlamentari.

In altri termini: nel muro di cinta che protegge autonomia e libertà dei parlamentari si è aperta una breccia che indebolisce l’Istituzione in quanto tale.

Se questa analisi è corretta, allora, i problemi di sicurezza che affliggerebbero Rousseau avrebbero ben altra importanza e sarebbero di competenza del Ministero degli interni piuttosto che del Garante dei dati personali.

Dovendo utilizzare un sistema di voto a distanza per condizionare le scelte dei politici e – in ultima analisi – la vita del Paese, l’adozione di misure di sicurezza che tutelino – più che le scelte individuali di chi esprime la propria opinione –  l’effettiva democraticità delle decisioni assunte dal Parlamento.

Non entro dunque nel merito della liceità o meno dell’utilizzo di Rousseau perchè non è questo il punto.

Garantire una sicurezza vera ed efficace del voto elettronico, oggi di Rousseau ma domani di qualsiasi altro corpo intermedio che volesse avventurarsi per la stessa strada, è un elemento fondamentale per la tenuta democratica dell’Italia.

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