Quando il web è più pericoloso della bomba atomica. Verità o fantascienza?

Un articolo di Loretta Napoleoni, poco informato e condito di luoghi comuni, paragona nuovamente il web alla bomba atomica. Verità o pura fantascienza?
di Andrea Monti – Key4Biz.it del 22 maggio 2017

Dopo aver sostenuto che il web è la bomba atomica dell’ISIS, Loretta Napoleoni pubblica un articolo su Il Fatto Quotidiano nel quale rincara la dose e sostiene che il web è più pericoloso della bomba atomica.

A sostegno di questa tesi stravagante, la signora Napoleoni sostiene che:

  • dal web arriva gran parte degli attentati alla nostra democrazia. Questo è fattualmente falso. I pericoli per la democrazia arrivano dal controllo dell’accesso alle reti di telecomunicazioni (chiamare Erdogan per i dettagli), dall’oligopolio sui sistemi operativi, e da quello sulle piattaforme Over the Top,
  • La prova di quanto sopra è Wannacry che ha messo in ginocchio il sistema sanitario britannico. La situazione sarebbe aggravata dall’avvento dell’intelligenza artificiale. Virus che hanno infettato rilevanti quantità di computer esistono dai tempi del worm di Robert Tarpan Morris. Se non si diffondessero… viralmente, che virus sarebbero? Quanto all’intelligenza artificiale: HAL 9000 è solo un personaggio di 2001 Odissea nello spazio, e questa data è trascorsa abbondamentemente senza avere creato un software che possa emulare i processi di “pensiero” di forme minime di vita. L’intelligenza artificiale è una bufala del marketing tecnologico fatta per vendere software che interagiscono meno meccanicamente con gli utenti, in un ambiente a misura di programma e non di uomo. Da qui a parlare di “intelligenza” ce ne corre,
  • i governi hanno sviluppato capacità offensive in ambito software. E allora? perché dovrebbero limitarsi a cannoni, bombe e missili?
  • sono vent’anni che criminali di vario tipo rubano codici e algoritmi a nei sistemi di NSA e soci. Dati? Prove? Fatti? Certo, ci sono state fughe di dati e notizie, ma ad opera di gente come Snowden e Manning, cioè – a seconda di come li si vuole definire – traditori o combattenti per la libertà. Ma prove di “hack” in senso proprio non ce ne sono. A meno di non voler proporre ancora una volta il trito cliché dell’hacker quindicenne con la faccia piena di acne che entra nei server del Pentagono,
  • rubare dati è un giochetto da principianti … tutti possono diventare hackers. Quello del “giochetto da principianti” – e della presenza nel dark web di strumenti per il crimine-fai-da-te – sono i luoghi comuni più gettonati da chi pretende di occuparsi di sicurezza informatica senza una preparazione adeguata. La signora Napoleoni potrebbe provare in prima persona e sperimentare “che effetto che fa” sentirsi bussare alla porta in prima mattinata, quando il sole è appena sorto e scoprire che non è il lattaio,
  • La minaccia informatica che abbiamo di fronte è dunque duplice: politica e criminale. Accanto a Wikileaks ci sono gli ShadowBrokers – quelli di Wannacry. Dunque, da un lato c’è l’angelo platinato, dall’altro i delinquenti cattivi e puzzolenti. E’ una visione del mondo hollywoodiana, dove buoni e cattivi sono ben identificati ad uso del pubblico che così evita la fatica di capire. Se gli ShadowBrokers sono al servizio di un governo, hanno compiuto un’azione, dal loro punto di vista, patriottica. Se Wikileaks è pagata da qualche governo, sta commettendo azioni di destabilizzazione e terrorismo. Dov’è la verità?

L’articolo della signora Napoleoni è poco informato e poco informatore. Non fornisce elementi di novità a chi a un interesse per l’argomento e confonde le idee a chi sta cercando di costruirsene qualcuna.

Ma, soprattutto, utilizza nuovamente a sproposito il paragone nucleare in modo superfciale e retorico, senza mostrare alcun rispetto per le vere vittime di queste armi di distruzione di massa.

Un viaggio allo Hiroshima Peace Memorial Museum sarebbe altamente consigliato, prima di scrivere un altro articolo su argomenti del genere.

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