Legge Urbani. Per non dimenticare

Linux&C n.42

Legge Urbani. Per non dimenticare
di Andrea Monti

Come tutte le azioni che provocano reazioni sproporzionate, anche quelle di contrasto alla famigerata e incivile “legge Urbani” si sono smorzate nel giro di qualche mese e si è persa memoria di tutta la spregiudicata propaganda (di destra e di sinistra) fatta dai politici sulla pelle delle persone (che, ancora una volta, sono state trattate da “delinquenti presunti” e delle imprese (che – specie quelle operanti nel settore dei contenuti – ora si trovano di fronte a nuovi balzelli e complicazioni). Nel numero scorso ho affrontato nel dettaglio i contenuti della nuova legge, mentre questo articolo fissa dei punti – del recente passato e del presente – che aiutano a non dimenticare nomi, cognomi e responsabilità politiche nella gestione di questa (in ogni senso) vergognosa vicenda.

Agli inizi del 2004 comincia a “girare la voce” dell’ennesima modifica della legge sul diritto d’autore, questa volta necessitata – fra l’altro – dalla “urgenza” più volte segnalata dalle major dell’audiovisivo di combattere la (indimostrata) “piaga” del peer-to-peer .
Non ci è voluto molto perchè questi timori diventassero realtà e si traducessero nella presentazione, da parte del ministro dei beni culturali Giuliano Urbani, di un decreto-legge (il n.72/04 ) che oltre a stabilire criteri per l’assegnazione di contributi all’industria cinematografica, interveniva pesantemente e goffamente (vedi http://www.alcei.it/documenti/copyright/p2panalisi.htm) anche sulla L.633/41 (quella sul diritto d’autore ) .
La comprensibile preoccupazione degli utenti fu “cavalcata” da esponenti politici della sinistra, che si resero protagonisti di “uscite” veramente infelici che hanno dimostrato il pressappochismo con il quale è stata gestita la situazione. Fu l’on. Pietro Folena (DS) – sulle pagine di Punto Informatico – ad ammettere che, durante i lavori di conversione del decreto, l’opposizione si era fatta “passare sotto il naso” una fondamentale modifica all’art.171 ter della legge sul diritto d’autore che estendeva ulteriormente il già ampio e inaccetabile confine della sanzionabilità della duplicazione . E si tratta della stessa opposizione che, prima, presenta una eccezione di costituzionalità e poi, a fronte delle promesse del ministro Urbani, la ritira. Analogamente a quanto fece il senatore Fiorello Cortiana (Verdi) che arrivò addirittura a sollecitare il “popolo della rete” perchè scrivesse degli emendamenti in modo da fare ostruzionismo e impedire la conversione del decreto-legge. Ma lo sforzo di tutte le persone che decisero di aiutare il senatore Cortiana – scrivendo oltre settecento emendamenti – finì nel nulla. Perchè questi, al momento di presentarli, si tirò indietro in quanto il ministro Urbani, ancora una volta, gli promise di modificare rapidissimamente la legge in corso di approvazione, tenendo conto delle “perplessità” sul testo in questione. In altri termini, ci si è trovati nell’incredibile condizione di un governo – e di un’opposizione – che si mettono d’accordo per approvare consapevolmente una legge che riconoscono sbagliata, per poi modificarla nuovamente.
Come era facilmente prevedibile, le “promesse” non si rivelarono tali e le annunciate modifiche – come era altrettanto immaginabile – servono soltanto a “rimediare” alle sviste che, per via della fretta, non hanno consentito di tutelare ancora di più i grandi operatori del settore. E infatti, nell’ultimo testo disponibile della “Urbani 2.0” – cioè del disegno di legge attualmente in discussione e reperibile su http://www.ictlex.net/index.php?p=397 – se, da un lato, si torna a punire la duplicazione “a scopo di lucro” e non quella “a scopo di profitto”, si propone di istituire una commissione per la riscrittura della disciplina del diritto d’autore, con riferimento specifico alla diffusione online delle opere protette. Non è difficile immaginare chi farà parte di questa commissione e – soprattutto chi, gli utenti, ne sarà escluso. E – come insegna la storia recente – non c’è nemmeno da stare tranquilli ascoltando i proclami e le “dichiarazioni di guerra” di questo o quel politico che assicura di non mollare l’osso.
Il punto è che la Legge Urbani è “passata di moda” e dunque non fa più notizia – e consenso. Molto meglio dedicarsi ai problemi della “brevettazione degli algoritmi” e alla “salvaguardia degli alfabeti”, almeno fino a quando non verrà fuori il prossimo “caso”.
Il che, inevitabilmente, conduce a una riflessione di ordine più generale. E’ evidente che le denunce sull’involuzione del diritto d’autore, sui pericoli dei brevetti, sull’importanza dell’open source, su rischi della regolamentazione della protezione dalla copia e via discorrendo non sono più “roba da geek” nè – e in realtà non lo sono mai stato – tesi sostenute da “portoghesi” dell’informatica. La partita si gioca in un campo diverso, quello delle libertà fondamentali continuamente minacciate da interessi di parte, che però sembra interessare veramente a pochi, politici in testa.
Questo discorso non va ridotto a una semplicistica e sterile contrapposizione fra “corporation potenti e cattive” e “individuo-vittima”. Perché in realtà è innanzi tutto il mondo dell’impresa ad avere bisogno di regole chiare e adatte ai tempi. E non di misure a protezione di alcuni comparti, che vengono stabilite per legge a danno di tutte gli altri. D’altra parte, a furia di trattare i clienti come dei criminali e di estendere continuamente per interesse privato l’elenco dei reati, si potrebbe arrivare al punto che in mezzo a tanti venditori non ci sarà nessuno in grado di comprare…

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