Il documento informatico nell’attività forense

Interlex n.92

di Andrea Monti

Il documento informatico è valido e rilevante ad ogni effetto di legge, dice il DPR 513/97 ma la legge non sempre è valida e rilevante ai fini dell’effettivo impiego del documento informatico…
Scherzi a parte, il nitido dettato dell’articolo 1 del DPR 513/97 è – almeno in parte – oscurato da un’articolata serie di norme previgenti e di necessità operative che ne limitano l’immediata applicazione concreta. Ciò vale in modo particolare per l’attività giudiziaria e quindi per quella forense.
Esula dall’intenzione di questo articolo – che piuttosto vuole essere una prima ricognizione – l’esame dettagliato delle difficoltà di utilizzo del documento informatico nel complesso “Pianeta Giustizia” e pertanto, coerentemente con lo scopo dichiarato, limiterò l’analisi ad alcuni aspetti più generali.

Innanzi tutto è bene sgombrare il campo da un equivoco: almeno fino a quando il Ministero competente non avrà messo regime il sistema di certificazione per gli uffici giudiziari (in particolare, cancellerie e ufficio notifiche, esecuzioni e protesti) ben difficilmente si potrà vedere l’alba del giorno in cui sarà possibile iscrivere a ruolo una causa rimanendo (comodamente?) seduti nel proprio studio. Bisognerà poi attendere – per quanto riguarda gli avvocati – per vedere se il Consiglio Nazionale Forense darà vita a una propria entità di certificazione, che veda nei Consigli dell’Ordine le propaggini locali (e questa sembrerebbe la soluzione più ovvia e doverosa) o se invece i professionisti potranno o dovranno rivolgersi a soggetti privati, e analoga sorte attenda gli altri soggetti (medici, architetti, ingegneri) che, a vario titolo, intervengono nel processo in qualità di consulenti o ausiliari di polizia.

Dal punto di vista del corpus normativo poi – specie per quanto riguarda gli aspetti procedurali – ci sono indubitabilmente parecchi nodi da sciogliere, uno per tutti la scomparsa della differenza fra “originale” e “copia” dell’atto formato e firmato digitalmente. Tanto per citarne uno, possiamo riflettere sulla problematica del mandato in un ricorso o in un atto di citazione. Come è noto il conferimento del potere defensionale può avvenire “dislocando” il mandato a margine dell’atto o in calce. Con le forme tradizionali non sussistono particolari problemi, ma con l’impiego della firma digitale forse le cose potrebbero non essere più così semplici, vediamo perché.

Come dovrebbe essere oramai noto, la firma digitale altro non è se non il risultato di una serie di operazioni matematiche effettuate sul contenuto di un file. Ciò significa che la “apposizione” della firma non avviene in relazione ad una localizzazione del segno grafico fisicamente individuato sul foglio ma riguarda il file nella sua interezza cioè prescindendo da qualsiasi posizionamento visivo. E’ vero che la tecnologia consente di firmare digitalmente anche specifiche porzioni di un documento, per cui si potrebbe dire che predisponendo il mandato in calce all’atto si risolverebbe il problema, giacché l’avvocato potrebbe firmare prima il testo dell’atto e poi nuovamente autenticare la firma del cliente, nel pieno rispetto del codice di rito. Questa soluzione, quand’anche praticabile, impedirebbe tuttavia di ricorrere al mandato a margine creando un’irragionevole ed immotivata asimmetria rispetto alla disciplina dell’istituto. Una possibile soluzione potrebbe essere quella di non abbandonare la “veste grafica” dell’atto giudiziario anche dovendo farlo circolare telematicamente, questo perché alcuni software per la firma digitale già consentono di apporre la firma digitale in specifici punti del “foglio” specificando anche il motivo della sottoscrizione.

L’obiezione più immediata a questa ipotesi è che così facendo si conserverebbe un legame con la “apparenza cartacea” dell’atto giudiziario e che quindi si snaturerebbe la caratteristica stessa del documento informatico. Ma è immediato replicare in primo luogo che non mi pare eliminabile dall’atto giudiziario una sorta di “impostazione grafica” e in secondo luogo che anche nel caso di cui sopra, della sola firma in calce – esempio impiegato per sostenere l’inutilità della conservazione del layout della pagina – in realtà si afferma la necessità di una qualche rappresentazione grafica del documento informatico. Essendo quindi ineliminabile detta caratteristica, tanto vale impiegarla al meglio per applicare, interpretando le norme vigenti piuttosto che aspettare l’ennesima riforma e rimanere paralizzati nel frattempo.

Visti i tempi – notoriamente biblici – delle pubbliche amministrazioni, qualcuno potrebbe essere portato a concludere che l’argomento in questione sia privo di interesse ed immediatezza e che dunque meglio sarebbe dedicarsi ad altre e maggiormente proficue attività.
Certo, qualcuno potrebbe ragionare in questi termini, ma se lo facesse commetterebbe un grosso errore di valutazione. Proprio il tempo necessario a quella che un orrendo informatichese chiama “implementazione” del documento informatico consente a tutti gli operatori di godere di quello spazio, di quell’attimo di respiro per non farsi trovare impreparati nel fatidico “anno zero”.

Utilizzare il documento informatico prima e più che una questione tecnica è un fatto culturale; anche se personalmente non condivido i facili ottimismi di chi prospetta l’avvento di un mondo nuovo e la scomparsa di istituti e norme “antiche”, non posso non riconoscere la necessità di metabolizzare al massimo i meccanismi positivizzati dalla legge prima di usarli nell’attività quotidiana.
Senza un’adeguata cultura della sicurezza nella gestione dei dati e delle chiavi, senza il superamento di quell’approccio distante e reverenziale nei confronti della tecnologia è troppo facile immaginare la reazione del professionista di fronte alla osticità culturale del mezzo, che se non sarà di rigetto, sicuramente sarà di scarso interesse.
Per evitare tutto questo, dunque, si può fare veramente parecchio e – tutto sommato – con relativa fatica.

Personalmente utilizzo da tempo sistemi di firma digitale per lo scambio di corrispondenza con clienti e colleghi e posso dire che, al di là delle questioni processuali relative al regime probatorio di questi documenti, tutto questo ha rappresentato una notevole palestra tanto sotto il profilo pratico che sotto quello concettuale.

Quanto ai possibili sviluppi della firma digitale, mi torna alle mente il vecchio adagio che ricorda quanto sia difficile fare previsioni, specie quando riguardano il futuro.

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