Gli accaparramenti dei nomi a dominio: lei non sa chi sono io!

Interlex n.120

Roma, 25 gennaio 2000

Registration Authority Italiana Istituto per le Applicazioni Telematiche  del CNR 
Via Vittorio Alfieri, 1 56010 Ghezzano (Pisa)



e p.c. Sen. Stefano Passigli Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri 
Sede

Prof Stefano Rodotà Presidente Garante tutela dati personali 
L.go Teatro Valle, 6 
00186 Roma

Sen. Franco Bassanini Ministro Funzione Pubblica 
C.so Vittorio Emanuele, 116 
00186 Roma

Gentile Prof. Denoth 
com'è noto, in data recente, il Sen. Stefano  Passigli è stato nominato Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio  per l'Innovazione tecnologica e Intemet. 
E' stato inoltre istituito un Comitato di Esperti con il compito di definire le linee strategiche di indirizzo per un approccio globale e sistematico alle problematiche inerenti alla rete INTERNET. 
L'introduzione alle regole di naming già entrate in vigore il 15 dicembre us.. e l'apertura della possibilità di registrazione alle persone fisiche, che è operativa dallo scorso 15 gennaio, sollevano problematiche che verranno esaminate anche nei sopra citati contesti.
Nell'attesa di un intervento organico in materia, per quanto concerne le  richieste di registrazione a dominio in Intemet sotto il Top Level Domain ".it" di nomi e cognomi di persone fisiche, credo sia opportuno, per il momento, limitare al massimo le registrazioni ai casi  in cui sia provato il titolo all'uso di quello specifico "nome cognome" da parte del richiedente.
 Vista la delicatezza della materia, sono fiducioso per la collaborazione della Registration Authority e auspico un solerte intervento da parte degli organismi competenti. 
Cordialmente 
Claudio Caprara 
Consigliere Presidente del Consiglio
((c.caprara@palazzochigi.it)

Questa è la lettera inviata alla Registration Authority italiana (potete trovare l’originale sul sito del NIC) dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a seguito delle polemiche scatenate dalla massiccia operazione di registrazione di nomi a dominio da parte di alcune società, che fra l’altro si sono “aggiudicate” anche svariati “nomicognomi.it”.

Curiosamente, tra i numerosi indirizzi dell’intestazione, non compare quello dell’Autorità per le comunicazioni (l’unica ad avere titolo istituzionale per occuparsi della questione), mentre vengono tirati in ballo altri soggetti che ben poco c’entrano con le regole sui domini. In realtà si tratta di una tempesta in un bicchier d’acqua, perché le attuali Regole di Naming consentono (magari con qualche aggiustamento) di gestire bene le problematiche legate alla “appropriazione indebita” di nomi a dominio. E se non dovessero essere sufficienti, può intervenire la legge, che già prevede istituti – tutela del diritto al nome, legge marchi – già applicati con successo anche alle controversie sorte in questa materia.

Contro ogni buon senso, invece, il risultato di questo bailamme è – manco a dirlo – l’invocazione dell’ennesima (inutile) regolamentazione diretta ad aumentare i già pesanti vincoli che gravano sulle aziende interessate (in qualità di cliente o fornitore) al mondo ICT. Alcuni addirittura si sono sbilanciati a chiedere un decreto legge, equiparando qualche “sveltina” commerciale alle emergenze provocate da terremoti o da attentati alla sicurezza dello Stato.

Che l’operato degli accaparratori – come quello di tutti gli altri che hanno fatto lo stesso pur in misura ridotta – sia fortemente discutibile mi sembra fuori di dubbio, così come è altrettanto vero che le regole per l’assegnazione dei nomi a dominio italiani sono sicuramente perfettibili e le procedure di registrazione risultano ancora farraginose e complesse.

Ma sono state fatte in modo trasparente e in buona fede, con la collaborazione di un “esponente” pubblico (un istituto del CNR), alla presenza dell’AIIP (Associazione Italiana Internet Provider), il cui componente Joy Marino è anche vice presidente della Naming Authority (il soggetto che stabilisce le regole di naming) e di due osservatori dell’Autorità per le comunicazioni (peraltro tutti assenti all’assemblea in cui vennero prese le decisioni).

 Dopo anni di inerzia, nel corso dei quali l’esistenza dell’internet “.it” è stata affidata alla buona volontà di una sparuta pattuglia di tecnici del CNR e di quella sgangherata e simpatica – e onesta – “armata Brancaleone” che è la Naming Authority, ecco che il burosauro si sveglia dal letargo per reclamare “quello che gli spetta”. E lo fa come sa, con un linguaggio cordiale ma esplicito e perentorio: levatevi dai piedi, perché ora (???) ci pensiamo noi.

L’aspetto singolare di questa vicenda non è tanto il fatto che il Governo abbia “scoperto” di doversi occupare anche dei nomi a dominio (cosa che ci saremmo potuti risparmiare, se non ci fossero stati gli stolti e inutili accaparramenti) ma il “perché” questo accade. Fonti ufficiose, ma attendibili, riferiscono che quando alcuni politici hanno saputo che qualcun altro aveva registrato il loro nome e cognome, hanno perso il loro aplomb cercando a modo loro di chiudere la stalla dopo che i buoi sono scappati. Così, invece di rivolgersi alla Magistratura per ottenere giustizia (e magari rischiando pure la sconfitta) hanno rispolverato il caro, vecchio “leinonsachisonoio” pensando bene di prodursi in interrogazioni parlamentari confuse ed imprecise e in “veline” dal contenuto inequivocabile.

E si che di occasioni per occuparsi dei nomi a dominio ce ne sono state parecchie, compreso il Forum per la società dell’informazione (istituito proprio dalla Presidenza del Consiglio) che invece sul punto è stato assolutamente latitante. Ancora una volta la classe politica – e in particolare quella che avendo specifici incarichi istituzionali in ambito ICT dovrebbe rivelarsi maggiormente competente – si è mostrata superficiale e impreparata…

Stando ai dati di fatto, sembra proprio che più di usare l’internet come scusa per andare a cena, i politici non siano in grado fare.

(Per gentile concessione della rivista Web Marketing Tools – febbraio 2000)

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