Dai Garanti tedeschi istruzioni inutili su GDPR e ricerca medico-scientifica

Il Datenschutzkonference, l’organismo che raggruppa i garanti dei dati personali tedeschi ha pubblicato un documento sul raporto fra il Considerando 33 del GDPR e la sua applicazione alla ricerca scientifica. E come spesso accade quando ci si confronta con questo tema, i risultati sono inutili, incoerenti e inapplicabili.  Un’analisi più dettagliata consentirà di capire la ragione di un giudizio così netto su questo documento.

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Ricerca scientifica: il Garante dei dati personali Soro esprime una pericolosissima posizione in materia di biobanche

In una intervista rilasciata a Nicola Pinna e pubblicata sul quotidiano “La Stampa” il 31 ottobre 2017l, parlando di biobanche il Garante dei dati personali Soro afferma

“…Se è vero che si possono ottenere profìtti dalle ricerche sul materiale biologico degli esseri umani, è altrettanto vero non esiste la proprietà di una biobanca, ma solo il diritto a fare studi sui campioni disponibili”.

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Ambiguità semantiche, finalità dei trattamenti e limiti operativi della digital evidence

La previsione normativa che limita all’identificazione dei potenziali autori di delitti la finalità dell’uso della Banca dati nazionale del DNA stabilisce, nella sua laconicità, un limite estremamente chiaro che impedisce, in assenza di uno specifico atto normativo, di estendere le analisi che si possono compiere sui reperti/campioni biologici e l’utilizzo dei profili estratti anche ad ambiti ulteriori come la ricerca scientifica o le analisi familiari. Nello stesso tempo, tuttavia, la scelta politica di conservare i campioni/reperti insieme ai profili genetici (invece di limitare al conservazione ai soli secondi) apre scenari preoccupanti in rapporto al bilanciamento fra l’interesse pubblico all’individuazione dei colpevoli e la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti alla persona di Andrea Monti – in in Banca dati del DNA e accertamento penale (a cura di L. Luparia – L. Marafioti), 2010 Giuffre? Continue readingAmbiguità semantiche, finalità dei trattamenti e limiti operativi della digital evidence

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La conservazione del DNA

di Andrea Monti – Nova-Ilsole24Oredel 27 agosto 2009

“Authentication of forensic DNA samples” è un articolo pubblicato sull’ultimo numero di Forensic Science International: Genetics” da un gruppo di ricercatori israeliani. Gli autori dichiarano di avere trovato un metodo per creare dei campioni artificiali di DNA (e il sistema per distinguerli da quelli “originali”) e auspicano che la loro metodologia diventi un componente standard delle attività di investigazione per “mantenere l’alta credibilità della DNA evidence nel sistema giudiziario”.

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Legge 30 giugno 2009, n. 85 “Adesione della Repubblica italiana al Trattato concluso il 27 maggio 2005 tra il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica d’Austria, relativo all’approfondimento della cooperazione transfrontaliera, in particolare allo scopo di contrastare il terrorismo, la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale (Trattato di Prum). Istituzione della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA. Delega al Governo per l’istituzione dei ruoli tecnici del Corpo di polizia penitenziaria. Modifiche al codice di procedura penale in materia di accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale”

pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 160 del 13 luglio 2009 – Supplemento ordinario n. 108

Capo I

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Italia a rischio di sanzioni

di Andrea Monti – Nova Ilsole24ore del 28 maggio 2009

Il 25 maggio 2009 il Garante dei dati personali ha comunicato i risultati dell’indagine sulla banca dati del DNA creata dal Raggruppamento Investigativo Speciale dei Carabinieri e ha evidenziato problemi, in particolar modo sull’accesso alle informazioni; tanto che al RIS è stato ordinato di adottare misure di sicurezza per tracciare con certezza l’identità di chi usa il database . Il provvedimento del Garante ricalca l’impostazione del disegno di legge che il Senato sta per approvare e che istituisce anche in Italia la banca dati nazionale del DNA. E questo DDL dimostra le stesse debolezze culturali che sono costate all’Inghilterra una recente condanna emessa dalla Corte europea dei diritti umani per avere il Regno Unito conservato nel proprio database del DNA anche i profili di persone riconosciute innocenti. Inoltre, ratificando la scelta del RIS (e del DDL) di conservare anche i campioni biologici delle persone coinvolte invece dei soli profili, il Garante ha posto le basi per la più massiccia e invasiva violazione di Stato della privacy dei cittadini. I metodi attuali di profilazione basati sui marker SNP, infatti, possiedono una risoluzione sufficientemente profonda per identificare una persona senza dover ripetere a posteriori l’estrazione del profilo dai tessuti. Decidere di conservare ugualmente i campioni biologici, contro questo dato scientifico, significa accettare la possibilità concreta che analisi di ben altro tipo vengano compiute sul codice genetico di chi abita la biobanca, e che dunque il vaso di Pandora possa, un giorno nemmeno troppo remoto, essere scoperchiato.

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Bio-informazioni garantite

di Andrea Monti – Nova IlSole24Ore del 14 maggio 2009
Il 6 maggio 2009 il National Center for Biotechnology Information statunitense ha pubblicato le sequenze genetiche dei virus dell’influenza suina. A stretto giro, le informazioni sono state pubblicate su BioHealthBase e su altri sistemi online per la ricerca di sequenze relative ad agenti patogeni. A partire da queste sequenze di influenza, i ricercatori possono analizzarle e – per esempio – compararle con quelle di altri ceppi influenzali. La rapida e libera disponibilità di queste informazioni è di grande utilità sia per i ricercatori medici, sia per chi deve assumere decisioni politiche ed economiche. Ed è evidente la centralità che riveste, in questo ambito, la convergenza fra ricerca biologica, bioinformatica, tecnologia dei database ed efficienza della rete di accesso. Senza la possibilità di acquisire, elaborare e ridistribuire le (bio)informazioni, infatti, sarebbe stato più lento e difficile – nel caso dell’influenza suina – individuare la natura della minaccia e valutarne la effettiva portata, rischiando di agevolare l’innesco di ondate di isteria collettiva con le conseguenze che è facile immaginare.
Ancora una volta, l’internet e le tecnologie dell’informazione hanno giocato un ruolo fondamentale in questa partita, aiutate proprio da quel principio di neutralità che è sempre più spesso messo in discussione sui tavoli regolamentari e normativi. L’impiego di informazioni basate su standard condivisi e non proprietari consente infatti di massimizzare la loro diffusione e aumentare considerevolmente la quantità di ricercatori che possono dedicarsi alle attività di analisi. Ma il concetto di neutralità riguarda anche le (bio)informazioni in quanto tali. A poco servirebbe una rete aperta e “neutra” se le informazioni critiche destinate alla circolazione sono a disposizione di pochi soggetti, che controllano i diritti di proprietà intellettuale su formati digitali e applicazioni per la loro gestione. Purtroppo anche l’informazione biologica, una volta digitalizzata, ricade nelle logiche sempre più anguste del copyright, dando vita a un vero e proprio paradosso, che consentirebbe di imporre il diritto d’autore sui dati genetici. Una prospettiva sicuramente da evitare.

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Data retention e DNA. La Corte europea dei diritti umani blocca il database genetico inglese

di Andrea Monti – PC Professionale n. 214 gennaio 2009
Una importante decisione della Corte europea stabilisce che non si possono conservare i campioni genetici e i relativi profili digitali a tempo indeterminato, se una persona non viene condannata.

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