Governare l’online. All’italiana

PuntoCom

di Andrea Monti

I cambiamenti nell’internet governance italiana verificatisi nel 2002 sono, essenzialmente, caratterizzati dalla “assenza” delle Autorità indipendenti e, viceversa, dal massiccio ingresso del Governo nella gestione della Local Internet Community (vedi la questione Naming/Registration Authority punto.com 20.12.2002) e nell’adozione di provvedimenti di “occupazione del territorio”.

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Il grande fratello del copyright

PuntoCom

di Andrea Monti

Dopo mesi di inspiegabile (ma ben comprensibile a posteriori) “secretazione” nelle stanze della Presidenza del consiglio, lo scorso 22 agosto è stato finalmente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto delle Presidenza del consiglio dei ministri n.338/01 che (in teoria) detta le regole per la gestione del famigerato “bollino SIAE”.
Reso obbligatorio anche per i software e le applicazioni multimediali dalla recente L.248/00 (nuove norme in materia di diritto d’autore).

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Ma demonizzare Internet non serve. Ed è sbagliato

di Andrea Monti

La campagna di demonizzazione dell’Internet continua ancora oggi senza posa. Strumentalizza il tema della “tutela” dei minori associando alla rete false “patenti” di pericolosità e ingenerando nelle persone la paura che essere online significhi esporsi a chissà quali pericoli. E allora via così, dimenticando – in nome del mostro tecnologico – le tragedie quotidiane che si consumano nella più assoluta indifferenza all’interno delle mura famigliari o delle scuole.
Quando si cominciò a parlare di “minori” online – era più o meno il 1996 – di bambini in realtà non ce n’erano per niente (e mai ce ne saranno, considerato che l’interesse per la rete “arriva” con l’adolescenza). Ma ciò nonostante furono da subito evidenti le scelte che stavano maturando a livello politico: censura indiscriminata e “filtraggio” dei contenuti, magari grazie al “generoso” e “disinteressato” supporto di qualche multinazionale.
Certo, ci sono state anche alcune voci controcorrente (vedi la famosa “carta di Desenzano”, o l’intervento presentato da Alcei in un incontro organizzato dal Consumer Forum Intergroup a Strasburgo). Che hanno spiegato come non si possano abbandonare i bambini a loro stessi, e come il ruolo delle famiglie e degli educatori nella formazione dei più deboli sia irrinunciabile. Così come non si dovrebbe lasciare un bambino solo davanti ad un televisore, allo stesso modo lo si dovrebbe assistere quando usa un computer. E non solo – se proprio vuole – per fargli usare la rete, considerato che se di pericoli si vuole proprio parlare, allora si dovrebbe dare un’occhiata anche ai contenuti di certi videogiochi liberamente venduti nei centri commerciali. Sarebbe facile, a questo punto, invocare il ritiro di questi prodotti dagli scaffali. Facile quanto sbagliato, perché la soluzione, ancora una volta, non è “vietare”, ma educare – specialmente i genitori.
Nulla di tutto questo è giunto alle orecchie del potentissimo fronte comune – composto da novelli Torquemada, cinici imprenditori e politicanti succubi dei movimenti di piazza – che ancora una volta ha giurato guerra all’internet. Sull’onda di una sistematica fomentazione di isterismo provocata dai mass-media l’Italia ha approvato – nel 1998 – la legge 269. Che a sentire i suoi ispiratori avrebbe dovuto risolvere anche il problema della “pedofilia online”. Ma le “clamorose” indagini che invasero giornali e televisioni si sono risolte in bolle di sapone. Grande spreco di uomini e mezzi per denunciare qualche decina di persone che – si legge nei capi di imputazione – sarebbero al più colpevoli di avere scaricato qualche immagine pornografica. Mentre i mostri veri sono ancora in libertà. 
Fortunatamente non ha avuto grande attuazione pratica la proposta di stabilire un sistema generalizzato di filtraggio e classificazione dei contenuti online (pensate a dover mettere d’accordo sulla definizione di “contenuto illegale” un arabo musulmano, uno svedese e un italiano). Che avrebbe messo in piedi un gigantesco apparato per “etichettare” qualsiasi cosa. Con ciò arrogandosi il potere di stabilire il “valore” di un contenuto e dunque della manifestazione del pensiero di ciascuno di noi. Infine, alcuni motori di ricerca hanno “discretamente” attivato dei sistemi anonimi di rimozione dei contenuti. Come dire… la coscienza è a posto e i soldi non puzzano.

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L’importante è non estorcere il consenso

PuntoCom del 05-02-02

di Andrea Monti

L’ennesima riforma della legge sui dati personali ha semplificato (almeno così pare) gli adempimenti relativi ai casi e alle forme di richiesta di consenso al trattamento. In altri termini, ha eliminato il “consenso ovvio”. Anche se il settore del direct marketing sarà oggetto di specifica “attenzione” regolamentare, il nuovo scenario già consentirebbe qualche agevolazione a chi opera online e utilizza il noto schema del “tutto gratis, ma mi dici chi sei e cosa fai”. A condizione di mettere da parte questo approccio, difficilmente compatibile con la normativa, è infatti possibile usare la rete come reale strumento di contatto con la clientela. E per di più senza essere percepiti dall’utenza come degli sgraditi “intrusi”.

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Il cattivo uso della rete

Interlex n. 191 – PuntoCom

C’è gente che non si ferma veramente davanti a nulla e persino davanti ad un evento gravissimo come l’attentato agli USA cerca comunque di “portare acqua al proprio mulino”. E anche la rete si trova coinvolta in questo gioco al massacro.

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