Echelon, l’isola che ascoltava il mondo

di Jacopo Guerrero – Wired Italia n.1-2009

Il luogo è un paradiso. L’isola è magma. Basalto e quarzo. La bocca di vulcano si apre al centro dell’Atlantico, tra Africa e Sudamerica.

«Il regno del total control. Dove l’incubo diventa realtà. È qui che devi venire se non vuoi credere a quello che ti mostrano in televisione».

Simon Norfolk, classe 1963, nato a Lagos in Nigeria ma cresciuto in Inghilterra, di professione fotografo, aveva deciso di scoprire il significato nascosto di espressioni come “identità digitale” e “informazioni sensibili”. Per farlo è venuto qui. Ad Ascension Island. «Ci sono arrivato con uno dei Tristar che partono dall’aeroporto militare di Brize Norton, nell’Oxfordshire, quelli che fanno scalo all’isola nel loro viaggio verso le Falkland. Mi interessava saperne di più sul tema del futuro: la guerra tra privacy e sicurezza. Sono partito con in testa le letture dei più grandi giornalisti d’inchiesta che hanno scritto di spionaggio elettronico: James Bamford e Nicky Hager».

Ascension Island: uno scoglio nell’oceano. Una zolla di terra, nuvole di vapore rarefatto all’orizzonte e il verde tumido della vegetazione. Qui i colori non sono i cristalli liquidi di un gioco virtuale. E questo non è Lost. Ma potrebbe essere il luogo del rovesciamento, dove ogni più fine scoperta della democratica era mediatica – dal fax alla rete, dal Gsm al Gps fi no all’Umts – può diventare strumento di controllo.

Infatti.

Ricordate Echelon, il più prodigioso network informatico capace di filtrare ogni comunicazione elettronica? Fonti giornalistiche ne avevano parlato diffusamente già nel 1998: si era detto di 120 satelliti spia in orbita ed era stato pubblicato un elenco semiufficiale di undici stazioni terrestri orientate in grado di spiare obiettivi militari, commerciali e civili.

Appunto.

Ascension Island è uno dei siti del network, ma al di fuori della lista ufficiale e conosciuta. La base è gestita dagli uomini del Gchq – il servizio segreto britannico deputato allo spionaggio elettronico – e da una manciata di agenti della statunitense Nsa, la più potente agenzia di intelligence del mondo. Dai tempi delle prime rivelazioni sul network tutto è cambiato. Ma abbiamo scelto di partire da qui, dal viaggio fotografico di Norfolk e da questo anonimo scoglio nell’oceano, per scoprire come si è evoluta la tecnologia dell’occhio elettronico. Per scoprire cosa è rimasto di Echelon. E per vedere fi n dove la paura può spingere a violare i confini della democrazia.

Un passo indietro.

Ovvero alla fine degli anni Novanta, quando Nicky Hager, un giornalista neozelandese, e Duncan Campbell, un collega inglese, cominciano a parlare di una rete tanto capillare da generare paranoia. Secondo le loro ricostruzioni il sistema Echelon (l’origine del nome resta controversa, in inglese significa “scaglione”), cui hanno accesso i paesi membri dell’alleanza di intelligence che, dalla fine della seconda guerra mondiale, ha unito Stati Uniti e Gran Bretagna, ma anche Canada, Australia e Nuova Zelanda – è un sistema infallibile. Un occhio globale che, attraverso sofisticati software di analisi, è in grado di portare all’attenzione dei servizi tutte le comunicazioni in cui si ritrova una delle “parole chiave” immesse nei giganteschi computer dictionary, ospitati nelle stazioni Echelon e connessi tra loro. Dalle email private ai messaggi diplomatici, tutto può cadere nella rete ed essere intercettato.

Le parole chiave possono essere le più diverse tra loro. Per intenderci e attualizzare: da “Osama” a “Obama”, o anche solo “bomba”. Le indagini dei giornalisti indicano che dietro il network c’è, su tutti, la Nsa (National Security Agency), la centrale dello spionaggio statunitense con responsabilità di analisi del Sigint (il segnale dell’intelligence elettronico). Sull’argomento si sono fatti dei film, Nemico pubblico a Hollywood nel 1998, The Listening in Italia nel 2006. Era l’ossessione di fine millennio: l’ipersensibilità generalizzata sul tema della riservatezza nelle comunicazioni. Un fascino perverso circondava le basi del network: cattedrali per il controllo dello spazio e dell’informazione elettronica. Di Ascension Island, a quell’epoca, si sapeva pochissimo. L’isola restava avvolta nel segreto. Si sospettava l’esistenza di una centrale di ascolto per l’intercettazione delle comunicazioni smistate dai satelliti Intelsat nell’emisfero dell’Atlantico meridionale. Un brivido e mille domande restano anche oggi nel racconto di Norfolk. «Certo, io qui ho visto solo frotte di ingegneri su pickup sgangherati. Giravo libero per le strade, come fanno tranquillamente gli asini e le pecore insieme ai pochissimi indigeni di Ascension Island». Ma? «Quello che non sono riuscito a sapere è a che cosa hanno lavorato, qui in mezzo all’oceano, quei contractor al soldo di Computer Sciences Raytheon, l’agenzia che collabora con il comando aerospaziale statunitense».

Non perdiamo di vista l’obiettivo. Dopo la scoperta di Echelon la paranoia debordava e nessuno guardava avanti, al controllo delle dinamiche di mercato e della società globale. Alla possibilità, cioè, che Echelon non fosse il Grande Fratello costruito per farsi i fatti nostri ma – forse più sottilmente – un superpotere affrancato da responsabilità giuridiche, destinato in primo luogo a disciplinare in anticipo le possibilità sconvolgenti che nascevano dalle nuove tecnologie destinate all’uso di massa. Andrea Monti, l’avvocato italiano che su Echelon è un’autorità a livello internazionale, ne è convinto: «Prima di internet i dibattiti sulla libertà di stampa spesso erano teorici. Oggi, invece, la rete offre opportunità reali per un controllo del potere. Peccato che le nostre splendide democrazie occidentali stiano imboccando la strada opposta. Stiamo convertendo strumenti per l’antagonismo politico in strumenti di controllo». Più concretamente? «Parliamo di Grande Fratello, con un certo gusto per la suggestione, ma non ci accorgiamo di come nella vita di tutti i giorni le nuove norme internazionali che disciplinano e restringono l’uso della rete, limitano al tempo stesso la libertà di espressione, soprattutto nei paesi a regime totalitario. Anche questo è Echelon».

La sensazione di girare a vuoto ce l’ha avuta del resto anche Nicky Hager, autore di Secret Power, il libro che nel 1998 fece scalpore nel mondo denunciando le possibilità incontrollabili del network. «All’epoca abbiamo perso un’occasione», riflette. «Non c’è stata alcuna svolta. E oggi, se qualcosa è cambiato, è stato in peggio rispetto al 1998». Di Echelon qualcuno aveva provato a chiedere conto. «So che il Parlamento europeo istituì una commissione e ci furono anche relazioni di esperti. Alcuni governi, dopo l’uscita del mio libro, si sono dichiarati disponibili a intraprendere azioni contro il network». Qualcosa, però, è andata storta. Gli avvenimenti hanno preso una piega pericolosa. Gli attacchi alle Torri gemelle, nel 2001, hanno cambiato la storia. E occorre riconoscere che dopo «è diventato politicamente quasi impossibile criticare l’intelligence statunitense», sostiene Hager. «Ma così non va. Rimane sotto gli occhi di tutti cos’è successo in Iraq. Eppure, dopo l’11 settembre non c’è stato più un momento utile per provare a cambiare qualcosa. Per scrivere qualche regola da fare rispettare anche alle spie. Perché è di questo che parliamo quando parliamo di Echelon».

Insomma, dopo dieci anni di clamore e paranoia non sappiamo ancora nulla. E gli scandali aumentano. I più diversi enti deputati alla sicurezza – è successo probabilmente anche in Italia, il caso Telecom sta lì a dimostrarlo – si scambiano dati riservati all’oscuro dell’opinione pubblica. Le informazioni provenienti dalle banche dati viaggiano di mano in mano. Perché non è possibile regolamentare questo flusso?

Torniamo all’isola. Alla pista di atterraggio che è «una cicatrice nera, uno sfregio che segna il corpo minuscolo della terra emersa», nel racconto di Norfolk. «Lì ho visto antenne grandi come chiese, selve di cavi misteriosi, pieni di dati, che finivano la loro corsa dentro stanze senza finestre, in una base di militari dove ci sono trecento persone ma solo due girano in uniforme. È chiaro, mi dicevo, questa è una base di spie». Secondo tradizione, l’isola è un posto sinistro. Come tutti i siti di Echelon. Ovunque ti immagini gli occhi silenziosi degli obiettivi rotanti, senti dallo spazio siderale il respiro geosincronico dei satelliti. Realtà e fantasia si confondono. Ma che scenario è questo? E soprattutto: di fronte a un’architettura tanto inedita, di fronte alla corsa delle parole che devono inseguire forme fantascientifi che e innominate, voi pensereste di essere in un luogo della storia? In un pezzo di passato?

Perché questo è oggi Ascension Island. Un monumento allo spionaggio del tempo trascorso. All’intelligence immaginata (e oggi superata) della fine degli anni Novanta: centrali d’ascolto illegali e manipolazione della realtà. Anche se il futuro per ora continua a passare da qui. La storia dell’isola spiega perché la verità ha assunto un altro volto. Peggiore, forse. Guardavano tutti al cielo, ai tempi della scoperta del network. Ascension Island insegna che c’è un segreto anche sotto terra.

L’uomo che sa ha la voce solenne.

Un corpo grande e due fessure grigie al posto degli occhi. Offre risposte che suonano come sentenze. James Bamford, scrittore statunitense a suo agio negli ambienti d’intelligence e delle verità non ufficiali, è il solo giornalista al mondo che ha potuto indagare sui segreti della Nsa, a più riprese e in diversi libri. Da solo è riuscito nel difficile intento di raccontare la storia della più chiacchierata centrale spionistica Usa, senza cedere di un millimetro alla paranoia. PerWired ha accettato di partire dalle foto di Norfolk, con l’occhio alla storia di Ascension Island, e di disegnare gli scenari futuri dello spionaggio elettronico. «Da quest’isola americani e inglesi intercettavano le trasmissioni delle navi e dei sottomarini russi, ogni volta che emergevano per inviare messaggi», ricorda. Poi, dopo la Guerra Fredda, arrivarono gli anni Novanta. E il progetto Echelon, appunto: la centrale per l’intercettazione che esiste davvero. «Perché Ascension Island gioca ancora un ruolo importante per il Gchq e per la Nsa. È un punto strategico per le intercettazioni satellitari, dove è in atto un cambiamento chiave del network: l’interesse della Nsa si sta ormai spostando dalla comunicazione satellitare ai cavi sottomarini in fibre ottiche».

Una piccola rivoluzione, svelata dall’uomo che sa. Perché significa ammettere che quest’isola minuscola, nel recente passato, è stata un crocevia fondamentale. Ma il progresso tecnologico probabilmente ne diminuirà l’importanza. E non per quel che concerne l’orientamento sul satellite. «Credo che i cavi sottomarini riemergessero proprio qui e l’isola ha quindi svolto una funzione molto importante, mettendo sotto controllo la miniera di dati che essi trasferivano.

Oggi, però, gli stessi cavi sono assai più sofisticati e in grado di bypassare Ascension Island». Quindi agli uomini invisibili che si nascondono dietro l’agenzia serve un nuovo modus operandi. Basi segrete come quella che si trova sull’isola non possono più bastare.

«Oggi la Nsa non può più semplicemente captare segnali dallo spazio, ma deve prendere accordi segreti con le compagnie di telecomunicazione per ottenere accesso ai segnali». Prima questa era quasi un’attività parallela per gli agenti. Ma ora le imprese telecom e soprattutto le loro infrastrutture sono i veri obiettivi dell’agenzia. «È molto difficile riuscire ad infiltrarsi nei cavi di fibra ottica sottomarini: il posto migliore per metterli sotto controllo è alla base del cavo, dove cioè arrivano a terra, e questo significa ottenere per forza l’aiuto segreto delle compagnie di telecomunicazione». Dal cielo agli abissi, insomma.

Con la stessa, antica ossessione: arrivare per primi, stare davanti a un nemico costantemente ascoltato e immaginato. «La Nsa può intercettare i segnali quando vengono convertiti in microonde, ma nella maggior parte dei casi continuano verso altri luoghi tramite cavi di fibra ottica sotterranei». Per questo non esisteranno più, almeno nel prossimo futuro, basi segrete su isole tropicali. Tanti saluti ad Ascension Island. «Il nuovo input della Nsa è ridurre al minimo le basi esterne. E accentrare. Con un obiettivo: risalire la china e tornare a nuove vittorie. Perché oggi sappiamo che i successi dell’intelligence americana nella lotta al terrorismo non sono quelli riportati al tempo della Guerra Fredda». Allora tutto può e deve cambiare. E la fede nelle possibilità degli Stati Uniti, che Barack Obama proclama dal giorno della sua elezione, può aiutare perfino ad avviare una riforma nell’ambiente indefinibile per eccellenza: l’intelligence. Per Nicky Hager non c’è dubbio.

«Questo, per tutti noi, è un buon momento per tornare a discutere sullo spionaggio e sul diritto pubblico alla privacy». Anche se, aumentando per la tecnologia le difficoltà nell’intercettazione, si potrebbero aprire scenari su cui è destinato a incombere ancora un segreto pericoloso.

È trascorso del tempo. Simon Norfolk è tornato da Ascension Island in Inghilterra, alle cose che di solito detesti eppure ti riempiono la vita. Sprazzi di musica urlata, parole che piovono dagli schermi, il rumore di fondo della città striato dalle sirene. «Ci sono logiche che non conosciamo. Logiche che le persone normali, come me e come te, di solito non incontrano nella loro vita. Ed è meglio così», conclude. «Questo è ciò che insegna l’isola. Quando l’abbandoni hai un senso di sollievo». Ma il mostro esiste e il controllo è una possibilità reale. Chi sono i buoni e chi sono i cattivi? C’è un confine netto? No, Ascension Island non permette distinzioni. Al contrario, instilla dubbi. Se parliamo di Echelon è perché il network ha già cambiato forma. La frontiera si è spostata avanti e ci tocca inseguire. Immaginare. Sospettare. Guardare ancora oltre l’orizzonte, a quest’isola perduta nell’Atlantico che a breve potrà scomparire e tornare al silenzio.

Testo originale sul sito di Wired

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