Ord. Tribunale di Modena 7-12-2000 – Missitalia vs Brico Elettronica

TRIBUNALE DI MODENA
Sez. II Civile
Ordinanza 27 luglio 2000

composto dei seguenti magistrati:
dr. Guido STANZANI Presidente
dr. Michele CIFARELLI Giudice
dr. Roberto MASONI Relatore ed estensore

sul reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. n. 24/2000 proposto da:
Miss Italia s.r.l. (avv.ti Claudio Santini, Claudio Galli e Vittorio Corsini)
contro
Brico Elettronica s.r.l. (avv.ti Carlo ed Amos Pradelli)

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA


Con ricorso depositato in data 3.3.2000, Miss Italia s.r.l. ha promosso procedimento cautelare ex art 700 c.p.c. nei confronti di Brico Elettronica s.r.l. per ottenere nei suoi confronti “l’inibitoria dall’utilizzare il sito www. missitalia.it., imponendogli di cessare immediatamente ogni utilizzo del domain name e di avviare tutte le attività necessarie ed opportune per la chiusura di tale sito”.
A giudizio della ricorrente, l’attivazione del sito in questione integrerebbe un’attività contraffattoria del proprio marchio registrato “Miss Italia”, notorio e dotato di rinomanza in ambito nazionale ed internazionale, in quanto individuativo del noto concorso di bellezza che da oltre 30 anni si svolge a Salsomaggiore Terme.
Al ricorso ha resistito la Brico Elettronica s.r.l. instando per il rigetto della cautela.
Il g.d. con ordinanza in data 23.5.2000 ha rigettato l’istanza, contro la quale Miss Italia s.r.l. ha proposto il presente reclamo.

DIRITTO

1. Va premesso che Internet costituisce una (tra le tante) rete di elaboratori (anche detta la “regina delle reti”) attraverso cui gli operatori cibernetici possono colloquiare, scambiarsi informazioni e notizie. Per permettere poi ai milioni di fruitori della rete di districarsi in essa e di essere raggiunti da altri utenti, ognuno degli elaboratori ha un proprio indirizzo elettronico, denominato indirizzo Internet (IP), cd. indirizzo numerico, nonchè un altro indirizzo basato sul sistema FQDN, che è fondato sui domini, il cui nome è assegnato dall’Authority Name sulla base del principio “first came, first served”.
Tale libertà di registrazione del nome a dominio ha favorito l’insorgenza di un certo contenzioso (testimoniato dal numero di questioni risolti dai tribunali) determinato soprattutto da quello che in America è chiamato “cybersquatting” (da to squat=occupare) o “cybergrabbing” (da to grab= agguantare, arraffare), ossia, il fenomeno di occupazione abusiva di domini registrandoli, domini aventi una denominazione corrispondente ad un marchio registrato o ad una denominazione di una società o di un ente già esistente (molte volte dotato di una certa notorietà presso il pubblico degli utenti e consumatori), dovuto alla carenza di una regolamentazione normativa. Per colmare la lacuna ordinamentale, il Governo ha recentemente approvato un disegno di legge contenente “Disposizioni in materia di disciplina dell’utilizzazione di nomi per l’identificazione di domini Internet e servizi in rete”. Allo stato, però, il fenomeno, sempre che non integri un diverso illecito civile di diritto comune, non sembra rappresentare una condotta illecita.

2. Il primo grande problema che, quindi, si è storicamente posto in presenza di una contestazione giudiziale sul “naming” di un dominio Internet, ed anche in questo caso la questione si ripropone, riguarda la qualificazione giuridica più corretta da dare ad esso.
In assenza di normativa di governo (a parte logicamente le “Regole di naming” che, però hanno mero valore contrattuale), la giurisprudenza ha risposto al quesito in modo variegato.
Non c’è infatti dubbio, come si è scritto, che, il fatto che la resistente abbia ottenuto il nome a dominio secondo le regole Internet, la sottragga alla regole vigenti nell’ordinamento, poichè le stesse dispiegano la loro efficacia anche in Internet.
Si è primis affermato che il “domain name” andrebbe equiparato alla “insegna”, in quanto “il sito spesso configura di fatto il luogo virtuale ove l’imprenditore contatta il cliente al fine di concludere con esso il contratto” (cfr. Trib. Milano 10.6. e 22.7.1997-decidendo il caso Amadeus-, Giur. it. 1997, I, 2, 697; nonché l’ordinanza qui reclamata); oppure, conformemente all’indirizzo seguito della prevalente dottrina italiana e dalla giurisprudenza americana (cfr. Court of the Northern District of California 8.9.1997, Giur. it. 1998, I, 739), il conflitto tra segno distintivo anteriore e domain name trovi disciplina e soluzione nella normativa sui segni distintivi (Cfr. Trib. Pescara 9.1.1997, Dir. informazione e informatica, 1997, 952; id Trib. Roma 2.8.1997, Foro it, 1998, I, 923; Pret. Valdagno 27.5.1998, Giur. it. 1998, I, 2, 1875; nonchè Trib. Vicenza 6.7.1998, Giur. it. 1998, I, 2342 sul caso Peugeot, confermativa della precedente citata; cui adde, da ultimo, Trib. Reggio Emilia 29.5.2000, ancora inedita); oppure, ancora, sul diverso presupposto che il nome a dominio non possa qualificarsi segno distintivo, lo si è definito mero “codice di acceso ai servizi telematici” (Trib.Bari 24.7.1996, Foro it, 1997, I, 2316), oppure, di recente, “indirizzo telematico” (cfr. Trib. Firenze 29.6.2000 -sul caso Sabena- inedita).
Pur nella difficoltà di fornire una risposta appagante ad un fenomeno non disciplinato legislativamente solo di recente emerso nella prassi, sembra che la questione non possa ricevere una risposta univoca, sempre uguale. Il nome del sito, infatti, a secondo delle circostanze del caso, potrà essere un mero indirizzo o numero di telefono informatico, oppure, in relazione al contenuto ed alla configurazione dello stesso, potrà, invece, avere un senso applicare la normativa sui marchi.

3. In questo caso, il sito www.missitalia.it pubblicizza i servizi ed i prodotti della resistente costituiti da “refrigeratori per computer e cad”, nonchè componentistica elettronica, pertanto, lo stesso sembra equiparabile al marchio d’impresa con conseguenziale applicazione della relativa disciplina di governo.
A questo proposito, non vale affermare che i settori merceologici di competenza dei due imprenditori non siano affini perchè riguardano prodotti del tutto diversi tra loro, in quanto l’uno opera nel campo dei refrigeratori per pc, mentre l’altro organizza l’omonimo concorso di bellezza. Il marchio registrato “Miss Italia” (n. 649680 del 9.10.1992; costituito- come si legge nella descrizione- dalle due parole “Miss Italia” e da una testina femminile di profilo tricolore con la coroncina in capo), infatti, sembra godere di una tutela ben più ampia e non limitata dal principio di relatività (art. 1 lett a) l. marchi), in quanto, il marchio in questione, sulla base del notorio (art. 115, capoverso, c.p.c.), sembra essere dotato di “rinomanza nello Stato”, ai sensi dell’art 1 lett. c.) l. marchi (del resto anche il Trib. Reggio Emilia 29.5.2000 cit. ha ritenuto che un altro marchio della ricorrente, “Concorso Miss Italia”, “goda di alta rinomanza nello Stato, trattandosi di segno che contraddistingue un concorso di bellezza entrato a far parte da numerosi anni del costume nazionale”).
E’ a tutti noto che cosa sia, in che cosa consista e quale sia l’oggetto del concorso Miss Italia; si tratta di un concorso che mette a confronto le più belle ragazze italiane, una passerella ripresa anche dalla televisione nazionale, al termine della quale viene proclamata la vincitrice tra le ragazze in gara.
Premesso ciò, non sembra esservi apparente motivo denominare un sito, che propone e pubblicizza materiale per refrigerazione per computer, www.missitalia.it, se non quello di attrarre verso di esso i possibili navigatori della rete che, con evidente associazione mentale, pensano di aprire il sito del concorso di bellezza di Miss Italia.
A causa della notevole lontananza che separa i settori di operatività delle due imprese, lo “indebito vantaggio” che la resistente può trarre dall’uso dell’altrui marchio dotato di rinomanza consiste, appunto, nella capacità di attrarre all’interno del suo sito, con ciò distogliendoli, i possibili navigatori cibernetici interessati all’acquisizione di notizie ed informazioni sul concorso di bellezza.
In sostanza, sembra che una tale configurazione del “domain name” in questione, da parte della resistente, possa condurre ad un rischio di associazione e confusione tra l’attività svolta dalla resistente e quella, notoria, svolta dalla ricorrente che legittima quest’ultima a richiedere l’inibitoria dall’utilizzo dell’altrui marchio.
Una simile fattispecie, allo stato, come già scritto in precedenza, sembra riconducibile alla normativa dettata dall’art. 1 lett c) l. marchi; la stessa, nel disegno di legge governativo approvato dal Governo nel mese di aprile u.s (“Disposizioni in materia di disciplina di nomi per l’identificazione dei domini Internet e servizi di rete”), sarebbe poi ancor più chiaramente vietata dall’art 1 lett. b) che prevede il divieto di utilizzare nomi a dominio “identici o simili a marchi di impresa o ad altri segni distintivi o di opere dell’ingegno”.

4. Non sembra in grado di smentire le presenti (seppure sommarie) conclusioni l’eccezione di volgarizzazione del marchio ex adverso sollevata. Si sostiene, infatti, che il marchio Miss Italia avrebbe ormai perso la sua capacità individualizzante del prodotto (ai sensi dell’art 41 lett a l.marchi), essendo tale espressione ormai entrata nell’uso comune della lingua, tanto da essere stata recepita dai migliori dizionari della lingua.
Come insegna la giurisprudenza, il fenomeno consiste “nell’acquisizione al linguaggio comune dei produttori e soprattutto dei consumatori, della parola che costituisce il marchio, in modo che questo, divenuto denominazione generica di un prodotto o merce, abbia perduto nella realtà linguistica qualsiasi collegamento con l’azienda d’origine e si sia quindi spersonalizzato” (così Cass. 28.11.1984 n. 6180, che ha ritenuto decaduto per volgarizzazione il marchio registrato “Premaman”; id 11.12.1978 n. 5833 che, del pari, ha ritenuto volgarizzato il marchio “Cellophane”).
Per la verità, senza potere in questa sede sommaria entrare nel merito della difficile questione, l’eccezione sembra, comunque, infondata. Perchè se è vero che l’espressione “miss” è denominazione generica, essendo riferita non solo a una ragazza non sposata, “signorina”, ma anche alla “vincitrice di un concorso di bellezza” (cfr. per tutti, Il vocabolario Treccani; il conciso, 963), la stessa non ricomprende anche il marchio in questione che è formato da due parole, “Miss” e “Italia”. Ciò che si è volgarizzata è la prima parte del marchio, perciò, se lo stesso fosse formato solo da quest’unica espressione, non potrebbe probabilmente godere della tutela che la legge accorda ai marchi registrati; tuttavia, in tal caso, oggetto della privativa è l’espressione completa, composta dalle due parole unite assieme, “miss” ed “Italia”. Le stesse non sembra siano divenute “denominazione generica del prodotto o servizio”, ai sensi dell’art 41, lett a), l. marchi.

5. Infine, non sembra risolutiva e determinante neppure l’ulteriore eccezione sollevata ex adverso, secondo cui ben cinque marchi “Miss Italia” sarebbero stati registrati in epoca precedente al suo.
Indubbiamente, se la ricorrente non reagisse a questo proliferare di marchi identici al proprio, ciò potrebbe costituire sintomo ed indizio di una futura possibile volgarizzazione del marchio in questione. Il fenomeno, infatti, come risulta dalle lettera della legge (art. 41 lett. a l. marchi), può dipendere anche dalla “inattività del suo titolare” consistente nel non reagire all’utilizzo altrui del proprio marchio registrato. La ricorrente ha, tuttavia, dichiarato e provato di avere reagito e di stare reagendo a tale situazione avendo promosso alcuni procedimenti giudiziari di contraffazione.

6. Stante la dimostrazione del fumus boni iuris della pretesa, il periculum in mora va verificato in concreto. Ebbene, lo stesso non sembra sussistente in tal caso. Se è vero, come si è in precedenza spiegato, che può esistere un rischio di associazione tra il domain name in questione ed il marchio registrato “Miss Italia”, non sembra che ciò, tuttavia, sia in grado di produrre in danno della reclamante uno sviamento definitivo degli utenti della rete. Infatti, i navigatori interessati ad acquisire notizie sul concorso di bellezza in questione, sviati dal nome del sito di Brico Elettronica, una volta vericatone l’oggetto, che nulla a che vedere con la bellezza italiana ed il relativo concorso, plausibilmente ed agevolmente possono lasciarlo, in quanto del tutto privo di interesse per loro, per indirizzarsi sul sito della reclamante, www. missitalia.videosoft.it, ove acquisire le informazione e le notizie ricercate.
Non sembra, pertanto, che il rischio di associazione tra i segni distintivi insito in quanto si è premesso sia idoneo a concretizzare quel pericolo di “danno grave ed irreparabile” al diritto necessario per conseguire la cautela d’urgenza.
Il reclamo va perciò rigettato condannando il soccombente al rimborso delle spese del grado liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

visto l’art. 669 terdecies c.p.c.,

rigetta il reclamo.
Dichiara tenuta e condanna la reclamante al rimborso delle spese della presente procedura che si liquidano in complessive £ 3.585.000 (di cui £ 65.000 per anticipazioni; £ 1.000.000 per diritti; £ 2.200.000 per onorario ed il residuo per spese generali), oltre ad IVA e CAP, come per legge.

Modena, 27.7.2000

Si comunichi
Il Presidente dott. Guido Stanzani
L’estensore dott. Roberto Masoni.

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