Il Gattopardo e la new economy

di Andrea Monti – WebMarketing Tools n.30/00

La notizia del fallimento di Boo.com ha fatto il giro del mondo, ma non è certo l’unica e sopratutto – checchè se ne possa pensare – riguarda direttamente anche il nostro paese. Dove molte aziende “virtuali” spuntate dal nulla ci stanno precipitosamente ritornando e molte altre non sono proprio nate per via di una gestione miope e sbagliata dell’enorme quantità di miliardi rovesciata sulla rete. Entrare nello specifico di come sono stati gestiti gli startup internet sarebbe complesso e fuori luogo; ma sta di fatto che i venture capitalist hanno condizionato molto negativamente lo sviluppo di nuove attività d’impresa. Privilegiando la speculazione del brevissimo periodo (vedi i “fenomeni” borsistici) o comunque la realizzazione di profitti facili, piuttosto che la creazione di un valore duraturo.

A fronte di questo, le aziende superstiti sono sempre più disorientate e cercano sicurezza nelle alleanze con grossi gruppi, anche se non necessariamente questa è “la” soluzione, visto che anche i “colossi” sembrano “navigare a vista”.

Insomma, passata la festa, rimane il mal di testa e si registra un generale sbandamento dal quale si capisce in modo abbastanza chiaro che questa “economy” di “new” ha molto poco. Sembrava che l’Italia dovesse subire un nuovo “boom”, ma per ora dobbiamo accontentarci di “boo”.

A completare questo copione gattopardesco giunge l’ennesimo fiume di miliardi di contributi statali, recentemente annunciati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Che in grosso ritardo “scopre” come i computer non servono solo per giocare, ma per produrre ricchezza. Se vivessimo in un paese normale dovremmo rallegrarci di questa notizia; in realtà un sano pragmatismo predispone all’attesa della notizia dell’ennesima truffa rionale per corsi “fantasma”, PC pagati dieci volte il loro valore, bollini e certificazioni offerte al migliore offerente.

Oltre al fiume di incentivi però, ci attende un’inondazione di norme le cui prime avvisaglie sono già all’orizzonte e non trasmettono segnali incoraggianti. Con la scusa di deregolamentare, armonizzare, ottimizzare e dio sa cos’altro Italia e Unione Europea producono – o stanno per produrre – una mole impressionante di norme: commercio elettronico, tutela del consumatore, firme elettroniche e digitali, servizi ad accesso condizionato (PAY-TV), diritto d’autore, brevettabilità del software, telcomunicazioni, telefonia, nomi a dominio.

Ancora una volta, se le cose fossero fatte secondo le regole mi preoccuperei relativamente. Ma su questa enorme mole di leggi prossime ventura pesa gravemente il pregiudizio di una in-cultura diffusa dei nostri parlamentari, i quali sono anch’essi preda di quegli slogan ed equivoci mediatici che tanto seriamente hanno soffocato la nascente economia connessa.

Certo, al momento non ci sono riscontri macroscopici che confermano questa analisi. Ed in effetti le aziende si preoccupano relativamente poco di “leggi fantasma” come quella sui dati personali, molto di più di “sbarcare il lunario”.

Poi però, un giorno, qualcuno si presenterà a chiedere conto dell’applicazione di una legge emanata qualche anno fa e della quale si era persa la memoria. A quel punto sarà troppo tardi e non servirà a niente arrabbiarsi con un legislatore incompetente. Come già stanno sperimentando sulla propria pelle quei provider che ancora oggi subiscono multe salatissime per la non corretta applicazione di un decreto legislativo (il n. 103 del marzo 1995) sulla liberalizzazione delle TLC tanto farraginoso e confuso che nemmeno il Ministero delle Comunicazioni o la relativa Autorità hanno osato metterci bocca.

Quando fra qualche tempo, nell’ennesimo convegno, ci si ritroverà a preconizzare che “nei prossimi cinque anni la rete avrà una crescita esponenziale” e che quindi “bisogna tenere duro” perchè “l’onda sta finalmente arrivando”, forse qualcuno si chiederà il perchè di una realtà desolante a fronte di millantate “magnifiche sorti e progressive”.

Per avere la risposta basterà rileggere la Gazzetta Ufficiale.

Su carta, naturalmente.

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