COVID-19: le sanzioni dell’art. 4 del DL 25 marzo 2020

Il DL 25 marzo 2020 n. 19 che tenta di risistemare l’impalcatura normativa COVID-19  conferma le scelte sanzionatorie per chi non rispetta i vari provvedimenti di emergenza sanitaria contenute nelle bozze che erano circolate nei giorni scorsi.

La prima preoccupazione del governo è stata quella di “neutralizzare” la possibilità di contestare ai trasgressori la violazione dell’articolo 650 del codice penale, l’inosservanza dell’ordine dell’autorità. Il comma 1 dell’articolo 4 stabilisce infatti che alle violazioni delle misure di contenimento

non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall’articolo 650 del codice penale.

Perchè il legislatore ha fatto una scelta del genere, e cosa significa? Provo a rispondere.

Siccome la sanzione pecuniaria prevista dall’articolo 650 del codice penale è, alla prova dei fatti, di una cinquantina di Euro, avrà pensato il legislatore, meglio inventare una sanzione amministrativa e aumentarne l’importo, così la gente si spaventa, anche se poi la punisco chiedendo somme scontatissime. Inoltre, faccio in modo che il carico di lavoro generato dalle migliaia di accertamenti finisca sui tavoli di prefetture, comuni e regioni piuttosto che sulle procure della Repubblica.

In realtà, per come è scritta la norma, si può essere ancora denunciati per la violazione dell’oramai famoso articolo 650 del codice penale. Come ho scritto nel post (al quale rinvio) a proposito dell’oramai non più apocrifo ma autentico legislatore,

Che significa “non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall’art.650 del codice penale” ecc. ecc.? Vuol dire che il processo si fa in ogni caso, il giudice condanna, ma la pena non si applica? Oppure il convoluto burocratese vuole “dire senza dire” che le decine di migliaia di contestazioni elevate in questi giorni sono carta straccia (con ciò confermando il teorema che il “furbo” ha sempre ragione a violare la legge?)

Veniamo ora alla nuova sanzione amministrativa per la quale, salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento stabilite dal governo e dagli enti locali implica la sanzione amministrativa da 400,00 a 3.000,00 Euro.

Semplice? Mica tanto.

La struttura della norma che prevede la sanzione amministrativa questa:

  • il decreto legge individua delle misure di contenimento,
  • le misure di contenimento dovranno essere adotatte con dei provvedimenti,
  • chi non rispetta le misure indicate nei provvedimenti subisce una sanzione amministrativa.

La “misura” di cui parla il decreto deve essere inclusa in un provvedimento che mi deve dire come materialmente la devo rispettare. In altri termini, affermare semplicemente “dovete chiudere i negozi” non ha senso, a meno di non specificare “quali” esercizi devono chiudere, “quando”, “per quanto tempo”, se “chiusura” significa che l’esercizio non deve essere aperto al pubblico ma il proprietario può comunque accedere, ecc. ecc.

Quindi, la sanzione non riguarda il mancato rispetto della misura del decreto, ma la violazione del provvedimento che le attua. Rimane quindi la difficoltà di comprendere come possa un provvedimento regionale o comunale essere elemento costitutivo di una sanzione amministrativa che dovrebbe essere interamente prevista dalla legge. In altri termini, il sindaco può certamente irrogare, tramite la polizia municipale, sanzioni in materia di circolazione stradale, ma le norme sono previste dalla legge. Ma non può essere lui a determinare il comportamento che la legge deve punire.

Questo potere degli enti locali, attribuito loro dal comma 3 dell’articolo 4 di questo decreto è la resa definitiva del governo centrale nella gestione della pubblica sicurezza.

Regioni e Comuni possono emettere provvedimenti restrittivi in sostanziale autonomia dal Governo e possono anche irrogare direttamente le sanzioni a chi non li rispetta. Questo significa, che chi lavora anche in altre Regioni oltre che nella propria, è sottoposto a provvedimenti che possono senz’altro essere in contraddizione fra loro e che possono limitare in modo differenziato la circolazione nel territorio della Repubblica.

Con buona pace dell’articolo 120 della Costituzione che vieta espressamente una cosa del genere.

Un altro mistero è l’articolo 8 di questo decreto:

Le disposizioni del presente articolo che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ma in tali casi le sanzioni amministrative sono applicate nella misura minima ridotta alla metà. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni degli articoli 101 e 102 del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507.

Ma in realtà, come ho detto, questo DL Conte non ha depenalizzato l’articolo 650 del codice penale perchè si è limitato a stabilire che le pene per la sua violazione non si applicano. E non si capisce perchè – in violazione dei principi di uguaglianza davanti alla legge e di proporzionalità e adeguatezza della sanzione – venga stabilita per legge una sanzione (ridottissima) uguale per tutti.

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