Forze armate e COVID-19

L’uso delle forze armate a supporto delle necessità di ordine e sicurezza pubblica è un passaggio inevitabile nella gestione di crisi nazionali.  Dunque, anche se non è (ancora) stato dichiarato dal Ministro degl interni lo stato di pericolo pubblico ai sensi dell’art. 214 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, a Novara è iniziato l’inserimento di reparti militari nell’apparato operativo di prevenzione-repressione.

I militari impiegati in queste funzioni acquisiscono formalmente lo status di agente di pubblica sicurezza e – pur se si deduce in via interpretativa – quello di pubblico ufficiale, ma non quello di agente di polizia giudiziaria. Questo significa che, nell’esercizio di queste funzioni, attribuite dal R.D. 31 agosto 1907, n. 690 (Testo unico della legge sugli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza) i militari possono e devono:

  • vegliare al mantenimento dell’ordine pubblico, all’incolumità e alla tutela delle persone e delle proprietà, in genere alla prevenzione dei reati, raccolgono le prove di questi e procedono alla scoperta, ed in ordine alle disposizioni della legge, all’arresto dei delinquenti; curano l’osservanza delle leggi e dei regolamenti generali e speciali dello Stato, delle province e dei comuni, come pure delle ordinanze delle pubbliche autorità; prestano soccorso in casi di pubblici e privati infortuni,
  • informare prontamente, per iscritto, gli ufficiali di sicurezza, nella cui circoscrizione si trovano di ogni reato, e di ogni avvenimento importante che accada nei luoghi dove prestano servizio, fornendo oralmente, nei casi urgenti, le informazioni salvo poi verbalizzarle anche osservando le prescrizioni del codice di procedura penale,
  • verbalizzare e fare rapporto di quanto hanno eseguito o potuto osservare in servizio,

Nel caso specifico delle Forze Armate, poi, la norma prevede che

  • esse rimangono sotto il comando dei loro capi militari, che, nella esecuzione del servizio per cui furono richieste, sono a disposizione degli ufficiali di pubblica sicurezza, ai quali ne spetta per intero la responsabilità,
  • quando interrvengono sul luogo di un reato sono specialmente incaricate, salvo i soccorsi che siano necessari, di impedire che, sino all’arrivo dell’autorità competente, venga alterato lo stato delle cose.

L’effetto principale dell’essere anche pubblici ufficiali, fa si che i militari, da un lato, rispondano penalmente dei reati che il codice penale tipizza per questa categoria di soggetti ma, nel contempo, che si applica anche ai militari la scriminante dell’uso legittimo delle armi. In altri termini: i militari-agenti di pubblica sicurezza-pubblici ufficiali, possono sparare negli stessi casi nei quali questo è consentito alle forze di polizia.

A riprova del caos che governa il quadro normativo dell’ordine e della sicurezza pubblica, infine, sta il fatto che, da un lato, i militari non possono procedere all’arresto o al fermo di polizia giudiziaria perchè non hanno questa qualifica, ma nello stesso tempo, come detto, ai sensi dell’art. 34 RD 690/07 possono “arrestare i delinquenti” nell’esercizio delle loro funzioni di pubblica sicurezza. Allo stesso modo, non possono compiere gli atti probatori urgenti, ma, sempre ai sensi dell’art. 34, “raccolgono le prove dei reati”. Il che ricorda la vecchia barzelletta dello studente al quale il maestro rimprovera di aver scritto “ho caduto” e che risponde: “signor maestro, ho caduto, sono caduto, che differenza fa? Sempre in terra ho andato”.

L’assetto normativo dell’ordine e sicurezza pubblica precedente alla riforma del Titolo V della Costituzione, pur perfettibile e oggetto di una progressiva e doverosa giurisdizionalizzazione delle attività di prevenzione, aveva il pregio della coerenza. Coerenza che è stata distrutta, da un lato, con l’attribuzione agli enti locali di funzioni di polizia “amministrativa”, di “sicurezza urbana” e dall’altro con una riforma del sistema della protezione civile accentrato nelle mani del Presidente del Consiglio, i cui poteri sono progressivamente aumentati (basta guardare la legge di riordino dei servizi segreti e, da ultimo, la normativa sulla protezione dello perimetro nazionale cibernetico) fino a lasciar intravedere uno accentramento – di fatto – del potere di comandare il Paese.

Ma questa, è un’altra storia.

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