Il COVID-19 e l’enigma della passeggiata

Se la norma che consente di uscire di casa solo per esigenze di lavoro, stato di necessità o ragioni di salute si fosse limitata a queste prescrizioni, sarebbe stata abbastanza facile da applicare. Invece, la contemporanea e non coordinata possibilità di mantenere aperti determinati esercizi commerciali (poi limitati quanto a tipologia di attività) e i luoghi di culto ha indotto molti a pensare che fosse possibile uscire “a prescindere” se diretti verso uno di questi luoghi. Non è così perchè la permanenza di almeno uno dei tre requisiti previsti dal primo DPCM (quello 8 marzo 2020, richiamato dal successivo del 9 marzo 2020) è e rimane obbligatoria.

A questo si è aggiunto “l’enigma della passeggiata” – cioè dell’abbandono del proprio domicilio senza un particolare motivo, purchè nel rispetto della distanza di sicurezza – che l’art.1 del DPCM 8 marzo 2020 richiamato dall’art. 1 del DPCM 9 marzo 2020 e non modificato dal DPCM 11 marzo 2020 vieta, ma che un po’ ovunque si ritiene possibile sulla base dei “chiarimenti” della stessa Presidenza del Consiglio:

È consentito fare attività motoria?
Sì, l’attività motoria all’aperto è consentita purché non in gruppo.

L’accesso a parchi e giardini pubblici è consentito?
Sì, parchi e giardini pubblici possono restare aperti per garantire lo svolgimento di sport ed attività motorie all’aperto, come previsto dall’art.1 comma 3 del dpcm, a patto che non in gruppo e che si rispetti la distanza interpersonale di un metro.

Per quanto apparentemente ragionevoli, questi consigli sono doppiamente sbagliati. In primo luogo perchè in termini formali contraddicono delle disposizioni normative, e in secondo luogo perchè, in termini sostanziali, annullano il senso della quarantena, consentendo la circolazione indiscriminata delle persone e provocando potenzialmente problemi di ordine pubblico.

Tanto per fare qualche esempio: sono in un parco, già “gremito” pur nell’ambito della distanza di sicurezza e a un certo punto si presentano alcune persone che, entrando, riducono la zona di rispetto. Hanno diritto di entrare, chiedendo a chi è già dentro di uscire? E in caso positivo, chi dovrebbe “fare spazio”? Altro (e analogo) scenario: passeggiata in centro, con incremento progressivo dei peripatetici. Chi decide quando è stato superato il limite? E con quale potere coercitivo? Terzo e ultimo caso: vado in chiesa a pregare anche se il parroco non dice messa. Arrivano altri fedeli che vogliono fare lo stesso, saturando gli spazi disponibili. Le conseguenze sono facili da immaginare.

La logica del divieto di uscire da casa fatte salve le tre eccezioni non è soltanto ispirata al mantenimento della distanza di sicurezza, ma – e forse soprattutto – alla prevenzione di disordini che rischiano di innescare pericolosissime derive, e che costringerebbero i prefetti ad applicare l’articolo 2 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, o il  Ministro dell’interno ad applicare l’articolo 214 della stessa norma.

E se accadesse, ci sarebbe poco da divertirsi.

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