Cass. Sez. V Penale Sent. 25 gennaio 2016 n. 7265

Sono patologicamente inutilizzabili i dati relativi al traffico telefonico contenuti nei tabulati acquisiti dall’Autorita’ giudiziaria dopo i termini previsti dall’art. 132 D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, atteso il divieto di conservazione degli stessi da parte del gestore al fine di consentire l’accertamento dei reati oltre il periodo normativamente predeterminato.

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUINTA SEZIONE PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

RITENUTO IN FATTO

 1.1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di XXX  in parziale riforma della sentenza del Tribunale di YYY in data 19 dicembre 2012, ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti di ZZZ in ordine ai delitti di cui agli artt. 615 ter, 494 e 616 cpv. c.p. perche’ estinti per prescrizione, con conferma delle statuizioni civili in favore di  CCC

1.2. La Corte d’Appello ha aderito alle argomentazioni del primo giudice secondo cui l’imputato, dopo essersi abusivamente introdotto nel sistema informatico dell’Universita’ degli Studi di YYY si era appropriato dei codici di accesso alle caselle di posta elettronica di alcuni docenti ( i professori AAA  e BBB) utilizzando gli indirizzi di posta elettronica loro assegnati sul sito www.uniTTT.it al fine di procurarsi un ingiusto profitto con altrui danno, leggendo la loro posta elettronica, mandando e-mail a loro nome, visualizzando, leggendo e cancellando la loro posta.

 La Polizia Postale aveva accertato che l’accesso alla rete era avvenuto tramite l’utenza intestata alla madre dell’imputato, DDD, utenza alla quale risultava associato l’indirizzo di posta elettronica DDD@alice.it e che alcune violazioni degli account erano stati effettuati da Boston, Roma e Catania, luoghi in cui il ZZZ aveva soggiornato nei periodi di abusiva appropriazione delle identita’ telematiche. 

2.1. Propone ricorso l’imputato formulando due motivi di censura.

Con il primo motivo si chiede l’annullamento della sentenza per violazione dell’art.606 co.1 lett.b) ed e) in relazione agli artt.125 co.3, 192 co. 1 e 2, 546 co.1 lett.e) c.p.p. con riferimento agli artt. 191 c.p.p., 132, 162 bis d.lgs.196/03 ed alla illegittima acquisizione della documentazione asseritamente dimostrativa della riconducibilita’ al ricorrente delle condotte di accesso abusivo a sistema informatico.

L’art.132 d.lgs.196/03 prevede che i dati relativi al traffico telefonico siano conservati dal fornitore per ventiquattro mesi dalla data della comunicazione, per finalita’ di accertamento e repressione dei reati, mentre, per le medesime finalita’, i dati relativi al traffico telematico, esclusi comunque i contenuti delle comunicazioni, siano conservati dal fornitore per dodici mesi dalla data della comunicazione.

Le condotte contestate a … risalgono al periodo gennaio-maggio 2006 ed il decreto del PM che ha disposto l’acquisizione dei tabulati del traffico telematico e’ del 19 febbraio 2009, quindi sarebbe stata illegittima la divulgazione dei dati da parte della TIM ( diversamente da Infostrada che al contrario aveva negato le informazioni richieste facendo specifico riferimento alla norma citata).

La stesso gestore TIM aveva invece richiamato il limite temporale della conservazione dei dati nel respingere la richiesta formulata dalla madre del ZZZ nel settembre del 2010.

La Corte territoriale avrebbe, a detta della difesa, frettolosamente liquidato l’eccezione di inutilizzabilita’ assoluta dei dati relativi al traffico telematico conservati oltre il termine di dodici mesi, osservando che non vi e’ una specifica disposizione normativa che commini la sanzione di inutilizzabilita’, la quale e’ tassativa e non suscettibile di essere ampliata.

Premesso che la regola della tassativita’ riguarda le sole ipotesi di nullita’ e non la sanzione di inutilizzabilita’, il difensore osserva che l’art.162 bis introdotto dal d.lgs 109/08 definisce uno specifico regime di sanzioni- nella specie sanzioni amministrative- in caso di violazione delle disposizioni di cui all’art.132 co.1 e 1 bis, di tal che, allo stato attuale, la conservazione dei dati oltre il termine di dodici mesi costituisce, quantomeno, un illecito amministrativo.

La prova assunta per il tramite dei dati illegittimamente acquisiti sarebbe quindi addirittura una prova illecita e come tale non utilizzabile.

2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art.606 lett.b) ed e) c.p.p. in relazione agli artt. 125 co.3, 192 co.1 e 2, 546 co.1 lett.e) c.p.p. con riferimento agli artt. 615 ter, 494, 616 co.2 c.p. e 192 c.p.p. per quanto attiene alla riconducibilita’ al ricorrente delle condotte di accesso abusivo a sistema informatico.

La sentenza impugnata non avrebbe dato adeguato conto delle contestazioni mosse dalla difesa anche con l’ausilio della consulenza tecnica dell’ing. De Leo, su punti specifici, quali l’accesso indiscriminato ai PC dei reparti del Policlinico Universitario, la riconducibilita’ delle cd.tracce informatiche ad un luogo e non ad una persona, la possibile presenza di un virus nel PC del AAA, che avrebbe potuto consentirne il controllo remoto da parte di terzi.

Difetterebbe poi totalmente qualsiasi argomentazione circa la natura del profitto che l’imputatoavrebbe inteso ricavare attraverso tali fraudolente condotte e non vi sarebbe alcuna risposta ad alcune specifiche doglianze difensive volte ad evidenziare l’assenza di ragioni di astio, inimicizia o rivalita’ scientifica fra le persone offese e il ricorrente, tali da accreditare l’ipotesi di una captazione fraudolenta dell’altrui identita’ informatica volta al conseguimento di un ingiusto profitto.

3. Il difensore di parte civile ha presentato, in data 25.11.15, una memoria difensiva in cui si replica essenzialmente al primo motivo di ricorso.

Si sostiene che la modifica dell’art.132 d.lgs.196/03, intervenuta con d.lgs.109/08, non si applica ai procedimenti penali relativi a fatti anteriori.

In ogni caso l’art.6 co.1 DL144/05 consentirebbe comunque l’utilizzabilita’ dei dati del traffico telefonico, conservati oltre i limiti temporali previsti dall’art.132, ai fini dell’esercizio dell’azione penale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

 1. Il primo motivo di impugnazione e’ fondato, dovendosi ribadire l’indirizzo giurisprudenziale di questa stessa sezione secondo cui ;

“Sono patologicamente inutilizzabili i dati relativi al traffico telefonico contenuti nei tabulati acquisiti dall’Autorita’ giudiziaria dopo i termini previsti dall’art. 132 D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, atteso il divieto di conservazione degli stessi da parte del gestore al fine di consentire l’accertamento dei reati oltre il periodo normativamente predeterminato”. (v. in motivazione Sez. Un., n. 155 del 2012 e Sez. Un., n. 52117 del 2014) Sez. 5, Sentenza n. 15613 del 05/12/2014 Ud. (dep. 15/04/2015 ) Rv. 263805.

Erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto che non vi sia alcuna sanzione processuale rispetto all’utilizzo dei dati del traffico telefonico e telematico acquisiti oltre i termini di legge, facendo riferimento al principio della tassativita’ delle ipotesi di nullita’.

La regola della tassatività riguarda le sole ipotesi di nullità e non l’inutilizzabilità, intesa come particolare sanzione che scatta in presenza di un atto assunto in violazione di un divieto probatorio posto a tutela dei diritti fondamentali della persona, quale il diritto alla inviolabilita’ del domicilio o della corrispondenza (Sez.0 25.3.10 n.13426; Sez.0 24.9.98 Rv.211196).

Il combinato disposto degli artt.123 e 132 d.lgs.196/03 nel suo nucleo essenziale, rimasto invariato nelle diverse stesure, prevede esplicitamente un termine per la conservazione dei dati “per finalita’ di accertamento e repressione dei reati” facendo cosi’ derivare da tale esplicita previsione il divieto di conservare ulteriormente tali dati, e quindi di divulgarli, anche per finalita’ di accertamento e repressione dei reati.

Il divieto di utilizzo a fini processuali e’ quindi contenuto nella norma in termini inequivoci che non consentono contrarie interpretazioni.

Del resto, soltanto ove si ritenga che i dati conservati oltre i termini previsti dalla legge siano inutilizzabili nel processo, e’ comprensibile perche’ il legislatore, prima della riforma intervenuta con d.lgs.109/08, avesse previsto un termine piu’ lungo per la conservazione e l’utilizzazione dei dati ove si procedesse per determinate tipologie di reato ( reati di cui all’art.407 co.2 lett.a) c.p.p.e delitti in danno di sistemi informatici o telematici), evidentemente facendosi carico delle esigenze di una piu’ incisiva repressione in quell’ambito.

 Va detto che tutt’ora l’art.4 bis DL 18.2.15 n°7 prevede che i dati del traffico telefonico e telematico siano conservati sino al 31.12.16 ai soli fini di agevolare le indagini per i reati di cui agli artt.51 co.3 quater e 407 co.2 lett.a) c.p.p.in deroga a quanto disposto dall’art.132 co.1 d.lgs.196/03.

Si tratta, con tutta chiarezza, di una eccezione rispetto ad un regime ordinario in cui l’utilizzazione , a fini di accertamento e repressione dei reati, di tali dati oltre il termine di legge e’ vietata.

L’interpretazione proposta e’ aderente al dato normativo, giustifica la previsione, da parte del legislatore, di un regime differenziato per l’accertamento e la repressione di reati piu’ gravi ed, infine, elimina l’inaccettabile alea che deriverebbe, nell’ambito del processo penale, dall’avere o meno, il gestore di telefonia, conservato di fatto i dati oltre il periodo prescritto.

2. Destituite di fondamento le osservazioni contenute nella memoria presentata dal difensore di parte civile.

Il primo argomento attiene alla pretesa impossibilita’ di applicare l’art.132 d.lgs.196/03 nella formulazione attuale per fatti commessi prima dell’entrata in vigore della modifica intervenuta nel 2008.

In realta’, sulla base della stessa regola interpretativa citata dalla difesa, a nulla rileva che i fatti per cui si procede risalgano al 2006; la richiesta di acquisizione dei tabulati e’ stata fatta nel 2009, quindi quando il termine per la conservazione dei dati era gia’ stato riformato ex art.2 d.lgs.109/08.

Il secondo argomento si richiama al dettato dell’art.6 co.1 ultimo periodo DL 144/05 ( misure antiterrorisnno), il quale prevede che i dati del traffico conservati oltre i limiti previsti dall’art.132 d.lgs.196/03 possono essere utilizzati esclusivamente per le finalita’ del decreto legge, salvo l’esercizio dell’azione penale per i reati comunque perseguibili.

Diversamente da quanto sostenuto dal difensore, l’inserimento di questa clausola non determina il medesimo regime di utilizzabilita’ quando sia stata esercitata l’azione penale per qualunque tipo di reato.

Come si e’ detto, il legislatore ha inteso disciplinare la materia ampliando i margini di utilizzabilita’ dei dati del traffico telefonico e telematico nell’ambito dei procedimenti penali per reati di maggiore allarme sociale, sarebbe quindi incongruo l’inserimento di una clausola generale che prevedesse, alla fine, l’utilizzabilita’ dei dati ai fini dell’azione penale per qualunque tipo di reato.

3. L’accoglimento del primo motivo di ricorso implica l’inutilizzabilita’ della principale prova a carico dell’imputato.

Poiche’ il reato e’ gia’ stato dichiarato prescritto ed il ricorso e’ stato proposto ai soli fini civili, la questione relativa alla sussistenza di un compendio probatorio che, eliminata la prova inutilizzabile, risulti concludente in ordine alla responsabilita’ dell’imputato, va rimessa al giudice civile competente per valore in grado di appello, ai sensi dell’art.622 c.p.p.

P.Q.M.

Annulla l’impugnata sentenza con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.

Cosi’ deciso il 25 gennaio 2016

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