Dopo la giustizia, i social network privatizzano l’ordine pubblico e la politica?

Secondo La Repubblica, Facebook e Twitter hanno chiuso degli account riferibili a persone collegate al governo cinese e utilizzati come anti propaganda sulle manifestazioni di Hong Kong. La decisione è arrivata a seguito di non meglio specificate “indagini”, all’esito delle quali le due aziende hanno ritenuto – di fatto – di intervenire direttamente e a gamba tesa in una questione di politica interna di uno Stato sovrano, stabilendo un pericoloso precedente.

Formalmente, la decisione è un atto “contrattuale”. Grazie al mantra ubiquo “questo atto è contrario alle nostre policy”, infatti, qualsiasi fornitore di servizi gratuiti o a pagamento (con dati personali) può fare ciò che vuole con gli account dei propri utenti. E dunque la decisione dei due social network è formalmente ineccepibile. Ma affermare una cosa del genere ricorda molto da vicino al storiella dello stolto, del dito e della luna.

Impedire l’uso di un servizio equivale, per esempio, a bloccare la vendita di un certo prodotto cioè a imporre una sanzione economica. Ma mentre le sanzioni economiche sono imposte dagli Stati seguendo una certa procedura, un embargo (anche temporaneo) su un servizio deciso “autonomamente” da un’azienda privata non rientra nella categoria degli atti per i quali è necessario un passaggio istituzionale. Tradotto: grazie alla natura “liquida”  dei servizi internet si possono imporre “non sanzioni” o inviare “non avvertimenti” che però, nei fatti, lo sono e hanno un significato politico.

Sarebbe utile dunque, una volta e per sempre, chiarire quale sia il ruolo delle aziende tecnologiche USA nella grande tragicommedia geopolitica di questi tempi. Non fosse mai che per un post sbagliato qualcuno, da qualche parte, premesse il bottone rosso che lancia le testate nucleari…

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