Internet e il Tamagotchi: uccidiamoli e non se ne parla più!

Computer Programming n.ro 67 del 01-01-97

di Andrea Monti

Clamoroso!

Un meccanico di Scurcola Marsicana colto da orticaria perchè il pistone che aveva amorevolmente sostituito nel motore di una vettura è grippato senza apparente ragione. I bene informati sussurrano che fra i due ci fosse un certo attrito.

Un altro caso a Lama dei Peligni dove il rifiuto di funzionare della macchina del caffè provocava al titolare di un bar un violento attacco di dissenteria.

Le autorità e il mondo scientifico sono totalmente disarmate di fronte all’emergenza, e i mezzi di informazione si interrogano sul futuro dell’umanità alle soglie del 2000: diventeremo schiavi del fornello elettrico?

Di fronte a queste tragedie i problemi causati da TAMAGOTCHI, l’ultima stupidata digitale venduta un po’ dappertutto, appaiono veramente delle inezie. Molti i soggetti venuti meno perchè l’infernale animaletto ha tirato le cuoia, anche se il giorno prima il panico derivante dal non poter rispondere con esattezza alla domanda “che ore sono?” visto che la risposta cambia alla velocità di un secondo al secondo aveva indotto le stesse persone a precipitarsi in strada urlando lo spot di un noto amaro: “fermate il mondo, voglio scendere!”.

Il mondo è letteralmente accecato ogni volta che si confronta con qualcosa che assomiglia anche lontanamente ad un computer e perde la capacità di ragionare lucidamente.

Il TAMAGOTCHI è solo un giochino, magari un po’ idiota, e non si capisce – o meglio si capisce bene – perchè gli si dia tanto spazio. Quasi sicuramente chi ne subisce gli effetti negativi è già autonomamente predisposto a certe forme di ossessione, solo che se questa riguarda una pianta o la mortadella non interessa nessuno. Evidentemente nemmeno più le centinaia di feriti che ogni domenica affollano i Pronto Soccorso fanno notizia, eppure il loro sangue è tutt’altro che virtuale.

Il caso di questo videogame è interessante non perché qualche soggetto labile si è sentito male – posto che la circostanza risponda al vero – ma per il tipo di reazioi che ha suscitato anche in persone al disopra di ogni sospetto, degnamente alimentate dai media che non aspettavano altro.

Stupidaggini. Sono state dette un cumulo di stupidaggini che sembravano tratte dai servizi che in passato si erano “dedicati” alla Rete.

Il campionario è stato veramente completo, dalla giornalista sdegnata all’esperto che novella Cassandra tuonava contro i videogiochi, al prete che si mette a regalare pulcini veri per distogliere le pecorelle del proprio gregge dalle diavolerie della tecnologia.

Sul versante Internet, con una combinazione sinistro-destro da far invidia a Marvin Hagler, il 29 maggio scorso durante una puntata del programma di Bruno Vespa una tizia redattrice o direttrice di non so quale periodico femminile se ne è uscita come i cavoli a merenda – si parlava di riservatezza – con un delirio da manuale sui pedofili, mentre il giorno dopo tal Maurizio Costanzo, noto informatico e navigatore, dice qualcosa del tipo: il problema della pedofilia è grave, quindi bisogna regolare l’Internet.

Sommerso dall’invadenza di stampa e televisione e oramai stremato dal dover contiunamente difendere con chiunque sa che mi occupo di informatica le ragioni della Rete, mi sono chiesto: ma se Internet crea tutto questo scompiglio, perché non la chiudiamo, facendo scomparire con un colpo solo anche il Tamagotchi, così i problemi del mondo saranno risolti una volta e per sempre? 

A parte gli scherzi

Forse avrete notato che il tono che utilizzo in questo articolo è abbastanza diverso dal solito. Non è casuale, sono talmente irritato per la piega che stanno prendendo le cose da non poter evitare di trattare l’argomento, o meglio certe posizioni espresse da più parti sull’argomento, ridendoci su amaramente.

Ciò non toglie che la situazione peggiori di giorno in giorno.

Qualcuno comincia ad applicare praticamente le leggi recentemente emanate in materia di informatica ma non capisce – o fa finta di non capire – che nella loro inevitabile vaghezza è necessaria una grande dose di buon senso.

Altri, ancora prima di verificare se ciò che abbiamo sia sufficiente, invocano nuove leggi e più restrittive per la Rete, in questa crociata involontariamente(?) aiutati dai proclami che arrivano da Bruxelles.

Altri ancora, probabilmente colpiti dal fascino di Romana Machado, si lanciano in spericolate ricostruzioni teoriche su metaversi giuridici che richiederebbero – a loro dire – leggi proprie… siamo alla follia.

Come era prevedibile gli sproloqui teorici – ora tradotti in leggi confuse – di gente che vive in un altro mondo iniziano a manifestare i loro effetti devastanti. La cosa peggiore è che non si tratta di casi clamorosi tali da suscitare reazioni diffuse ma di azioni striscianti e subdole.

Andiamo, chi si preoccupa veramente della libertà di manifestazione del pensiero o della segretezza della corrispondenza… sono belle affemazioni di principio, ma fa più paura un’ordinanza del Sindaco che istituisce i parcheggi a pagamento!

Nell’indifferenza generale, quindi, si sta seriamente parlando di regolamentare la crittografia in modo da consentire a certi soggetti (indovinate chi?) di leggere sempre e comunque i messaggi cifrati; è partito un nuovo attacco contro le newsgroup questa volta colpevoli di impoverire schiere di novelli Marzia privati dei diritti d’autore sugli spartiti dei pezzi da loro realizzati e la clamorosa indagine contro i pedofili comincia a sgonfiarsi, dopo avere arrecato danni clamorosi all’immaine della Rete, per tacere d’altro.

Alcuni fatti sono giunti all’attenzione dell’opinione pubblica altri no, in entrambi casi c’è da restare veramente allibiti.

La sorpresa aumenta quando si pensa che persone di valore oramai da tempo si stanno impegnando per raggiungere una sistematizzazione dei complessi problemi che riguardano la responsabilità con attenti esami delle decisioni statunitensi e dei casi giudiziari europei ed italiani. Questi studi sono di grande importanza pratica perché possono costituire una guida per l’operatore del diritto (avvocato o magistrato indifferentemente) non particolarmente versato nella materia, evitando di commettere grossolani errori di valutazioni e – che è più grave – indebite intrusioni nella vita privata di altre persone.

Per questa volta mi limito a parlare di due vicende altrettanto gravi ma praticamente “scivolate” sulla pelle di chi fa informatica…

 

Caso n.1 – Internet e jpg: professione pedofilo

Cominciamo con la storia dell’indagine sui pedofili, ampiamente strombazzata per ogni dove, con buona pace del segreto istruttorio.

A scanso di equivoci devo fare due premesse.

La prima: la violenza sui minori, come quella su qualsiasi essere umano è un atto abominevole.

La seconda: per una serie di ragioni non posso entrare nel merito di questa vicenda quanto vorrei, ma posso comunque compiere qualche valutazione.

Detto questo, fate attenzione: se sul vostro hard-disk avete dei file JPG siete potenziali sospetti. E’ quanto ha affermato la Polizia Telematica secondo la quale quel formato è utilizzato appunto per le immagini pornografiche.

Per gli appassionati di AMIGA: occhio, perché i file in formato LHA sono sospetti pure loro (stessa fonte di cui sopra).

Il problema serio non sono i crampi allo stomaco per le risate provocate dalle affermazioni di cui sopra, quanto piuttosto che è ritornato a galla un modo di fare della Polizia che sembrava destinato all’oblio.

Ricorderete quando nel 1994 si gridò allo scandalo perché vennero sequestrati monitor imballati, tappetini dei mouse e compagnia bella… sembrava che scene di questo tipo non dovessero più ripetersi, dopo la presa di coscienza della Magistratura sui problemi specifici dei sequestri di hardware. Nulla di più sbagliato, il copione si è ripetuto uguale a se stesso, con l’aggravante che non si può invocare l’assenza di preparazione di chi interviene. Quello che è più preoccupante è che il Tribuanale del riesame di Roma ha confermato – con motivazioni oscure e farraginose – un sequestro che ha riguardato non solo supporti (e fin qui nulla di male) ma anche tastiere, lettori DAT e CD, case, drive ecc. ecc. provocando l’interruzione del routing (e quindi l’impossibilità di rimanere in contatto) di alcuni net amatoriali frequentati da persone normalissime ESTRANEE ALL’INDAGINE, la cui unica colpa era quella di essere un utente di BBS.

Spero che la Corte di cassazione, ma ho seri dubbi, possa annullare quel provvedimento perché se non accade vuol dire che chiunque di noi potrà essere privato dei proprio diritto di comunicare, di esprimere il proprio pensiero e perché no, degli strumenti di lavoro senza essere accusato di alcunchè.

 

Caso n.2 – Musicisti e delinquenti digitali.

I primi giorni dello scorso giugno il titolare di un sito – www.mailgate.org – si è visto recapitare una diffida dagli avvocati della Nuova Carisch SpA – Warner Chappell Musica Italiana SpA.

Gli veniva contestato di avrere commesso illeciti penali in relazione alla legg sul diritto d’autore (sì, quella del software), avendo verificato (?) che sulle newsgroup presenti sul sito sarebbero stati reperibili tra l’altro testi e/o “spartiti” (sic) di canzoni di autori per cui la NC-WC Italia detiene i diritti esclusivi.

Non trattandosi di immagini di bambini morti con le scarpe da tennis questa volta si può parlare più liberamente, senza essere esposti al sospetto di difendere la libertà per continuare sordidi traffici.

La contestazione mossa è INACCETTABILE sia nella forma che nel merito.

Sotto il profilo strettamente giuridico, manca assolutamente la possibilità di imputare penalmente il fatto al gestore del sistema. Il sito in questione VEICOLA in modo del tutto AUTOMATICO dei messaggi relativi a decine di migliaia di liste di discussione (cioè di conferenze in “pubblica piazza”). Tale situazione non è assimilabile a nessuna delle previsioni contenute nell’art.171 l.d.a. che implica una adesione psicologica alla condotta illecita. Per non tacere poi della dubbia configurabilità dell’accusa contestata in relazione all’esistenza stesa del fatto-reato. A ciò si aggiunga che ai sensi dell’art.27 c.II della Costituzione nessuno può rispondere penalmente

per il fatto di terzi. Nemmeno è configurabile la sanzionabilità di un omesso controllo in primo luogo perchè tale norma NON ESISTE e quand’anche esistesse – oltre ad essere di dubbia costituzionalità – sarebbe inapplicabile.

Tecnicamente – è stato spiegato persino alle pietre della strada – nessun controllo preventivo è possibile sui contenuti in questione ed in secondo luogo quand’anche si facesse ciò costituirebbe un’ingerenza priva di giustificazione nelle libertà degli altri utenti tutelate dagli artt.15 e 21 della Costituzione.

Stabilire la responsabilità automatica del gestore del sistema equivale ad affermare che il Ministro delle Poste è responsabile perchè i mafiosi utilizzano le linee telefoniche della rete pubblica

per commettere reati. E’ l’ennesimo tentativo di affermare la RESPONSABILITA’ PENALE OGGETTIVA del gestore di sistema che non è assolutamente concepibile nel nostro ordinamento, oltre ad essere un clamoroso esempio di inciviltà giuridica. Limitare preventivamente la

libertà di manifestazione del pensiero e di comunicazione è un atto gravissimo. Unico responsabile di eventuali violazioni – che comunque NON POSSONO ESSERE PRESUNTE MA DEVONO ESSERE DIMOSTRATE – è solo e soltanto l’autore del messaggio.

Questo ulteriore esempio di carenza di preparazione tecnica che porta a proporre soluzioni inaccettabili (CENSURA) va condannato molto duramente.

I recenti casi verificatisi un anno fa circa in Francia (France-net e World-net) dei quali pure si è parlato su queste pagine, nei quali i due provider francesi hanno subito pesanti provvedimenti cautelari sempre per questioni relative alle newsgroup avevano già portato alla luce il problema, che le Autorità transalpine avevano correttamente interpretato.

L’allora Ministro delle Poste e Telecomunicazioni dichiarò “Questa messa sotto accusa è un controsenso. E’ inconcepibile rendere un trasportatore di informazioni resposabile delle informazioni che trasporta”.

Appunto.

Chiudo con una riflessione. Non posso non pensare che invece di rintracciare i presunti colpevoli che avrebbero diffuso il materiale incriminato, cosa difficile e costosa, si tenti di colpire chi ha la sola colpa di permettere alla rete di funzionare.

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