Tempi bui per la musica e i musicofili

Chiude un’importante distributore di musica liquida, e il Parlamento propone di discriminare per legge i generi musicali. Strada spianata allo streaming, zavorre alla musica di qualità  di Andrea Monti – Audioreview n. 405

Il 2019 si apre con due notizie, una triste e l’altra incredibile.

La prima è che dal primo gennaio del nuovo anno HD Musicstore, importante realtà della vendita online di musica liquida in alta qualità chiude i battenti.

La seconda è che un parlamentare del Movimento 5 stelle, tal Sergio Battelli, ha presentato un emendamento alla manovra di bilancio per contrastare il bagarinaggio in base al quale, cito testualmente le parole del politico, “l’introduzione di biglietti nominali si applicherà ad attività di spettacolo in impianti con capienza superiore a 5000 spettatori…Dalla norma rimangono inoltre esclusi gli spettacoli di attività lirica, balletto, sinfonica, cameristica, jazz, prosa, danza, circo contemporaneo e tutti gli eventi sportivi. Per questi ultimi, in particolare, stiamo studiando una misura ad hoc da poter applicare a brevissimo”.

I due fatti, ovviamente, non sono collegati in modo diretto ma sono ciononostante parte del cambiamento strutturale del rapporto fra musica e musicofilo imposto dall’industria dell’intrattenimento digitale e mal gestito da politici che con la musica hanno poca dimestichezza.

Cominciamo dal primo tema, quello della crisi della musica liquida.

In tempi non sospetti, sulle colonne di AudioReview, avevo già parlato della responsabilità (“morale”) delle major nel mancato decollo della musica in HD e avevo individuato nella perdita di valore del master una volta che i file venduti al pubblico fossero di una qualità tale da renderli indistinguibili dall’originale. Non è un caso, d’altra parte, che non si trovino lettori DSD da interfacciare con un computer o software per eseguire le copie di riserva dei file DSD.

Certo, si potrebbe rispondere a questo ragionamento, ma vista la “qualità” della gran parte della musica sul mercato non è che ci sia una gran differenza fra un pezzo masterizzato a 44/16 e uno a 96/24. Anzi, in certi casi una minore fedeltà sonora è senz’altro più “pietosa” nei confronti di esecuzioni imbarazzanti oppure inutile, se tutto ciò che deve essere ascoltato è un’accozzaglia di campioni e voci stonate corrette con l’auto-tune, masterizzate in stile “loudness-war” anni ’90.

Tutto vero, ma rimane il fatto che c’è altrettanta musica il cui ascolto sarebbe straordinariamente migliorato dalla possibilità di avere maggiore qualità in riproduzione, potendo sfruttare al meglio impianti che, altrimenti, non potrebbero “spremere” da un CD più di quello che ci è stato messo dentro.

La sopravvivenza della musica liquida, allora, non può essere affidata ai “padroni delle idee”, a coloro che negli anni hanno monopolizzato l’attività culturale imponendo la loro versione di “cosa” e “come” si dovrebbe ascoltare. Ma dipende dalla possibilità di accedere alla straordinaria (per quantità e varietà) produzione musicale “indipendente”, che non ha paura di far circolare le opere al massimo della qualità. D’altra parte, riflettendoci, quale artista vorrebbe mettere in giro versioni degradate della propria opera?

E sarebbe inutile rispondere che tanto i provider di musica in streaming si stanno attrezzando per distribuire anche musica in alta qualità perché il rimedio sarebbe peggiore del male.

Affidandosi esclusivamente a servizi del genere, si perderebbe il controllo sulla propria discoteca che non sarebbe più tale, nel senso che si passerebbe definitavamente a un modello di distribuzione di tipo radiofonico dove l’utente paga per ascoltare e non – almeno – per il diritto di conservare una copia dell’esecuzione. Inoltre, si ricadrebbe nella stessa schiavitù di questi tempi. Come le major decidono “cosa” può andare sul mercato, nel caso della musica a distanza è lo streamer che decide rendere disponibile. E dunque, ancora una volta, la possibilità di accedere a contenuti di qualità rimane condizionata dalle scelte industriali di un soggetto che non necessariamente si preoccupa di promuovere la musica.

Breve: molto probabilmente, se non ci fosse stata un’etichetta indipendente (AudioRecords) e non ci fosse stato HD Musicstore, non sarebbe stato ascoltare Camille in formato HD. Fortunato chi, entro il 31 dicembre 2018, ci è riuscito.

Ora sarebbe il momento di commentare la incredibile notizia dell’obbligo di rendere nominativi i biglietti dei concerti, ma non c’è più spazio.

Ne parlerò sul prossimo numero.

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