La sentenza di condanna sul caso Stamina non risolve il problema di fondo: non è un giudice che puo’ distinguere la scienza dalla superstizione

Un anno e mezzo di reclusione e venticinquemila Euro di multa, questa la pena richiesta dal Procuratore generale di Torino per quattro medici nel processo di appello del caso Stamina. Non conoscendo gli atti del processo non posso dire se sia una richiesta fondata o esagerata (per eccesso o difetto). Fatto sta che se venisse confermata sarà certamente sospesa o scontata in modo diverso dalla reclusione. Ma non è questo il punto.

Un processo del genere, come quelli che imposero l’uso della somatostatina per la “cura” Di Bella, non sarebbe mai dovuto essere stato celebrato perchè è compito degli scienziati – non dei giudici – far si che la superstizione non invada il campo della scienza e delle sue applicazioni.

Ovviamente, in presenza di ileciti penali e civili il giudice ha ogni legittimazione per intervenire, ma se nel caso Stamina, alla fine, la decisione è stata corretta, in quello Di Bella è successo il contrario.

Il “libero convincimento del giudice” è uno strumento – direi meglio, un potere – importante nell’amministrazione della giustizia, ma non può arrivare sino al punto di applicare indiscriminatamente il principio facit de albo, nigro che sta alla base del giudicato. In un processo, la realtà dell’aula può ben prevalere su quella “effettuale”, ma nella scienza no: il bianco rimane bianco, e il nero, nero.

Quando il giudice – nella solitudine raccontata da Leonardo Sciascia ne “Il contesto” – pronuncia la sentenza, dunque, non può – o non dovrebbe – lasciare che i propri pre-giudizi ne condizionino i contenuti. E non dovrebbe prendere per buoni i “vaticini” di consulenti tecnici che si proclamano portatori di  verità, ma che spacciano soltanto la propria arroganza fidando nell’incomunicabilità  con il decisore.

Se vogliamo (ri)dare dignità ed efficacia al peritus peritorum l’unico modo è chiedere che un giudice capisca non di scienza e tecnologia, ma di metodo scientifico. Una conoscenza profonda di come funziona la Scienza è il presupposto ineliminabile per capire se, quando sul banco degli accusati c’è un idea e non una persona, il giudice è di fronte a qualcosa che cambierà la vita di ciascuno di noi, o se ha a che fare con l’ennesimo magliaro – magari più raffinato – che quotidianamente affolla le aule giudiziarie.

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