I limiti ai poteri del Garante dei dati personali

C’è una tendenza risalente e diffusa secondo la quale il Garante dei dati personali e la normativa che l’ufficio è chiamato ad applicare siano sostanzialmente “supercostituzionali” e senza limiti.

Così, per esempio, si considerano accettabili gli interventi dell’Autorità in materia di rispetto (o violazione) dei diritti dei lavoratori o dell’attività giornalistica anche se in concreto si traducono in una invasione delle attribuzioni della magistratura cui – sola – compete stabilire cosa sia lecito e cosa no e se siano stati violati diritti costituzionalmente garantiti.

In realtà il ruolo dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali va inserito nell’architettura del sistema di tutela dei diritti garantito dall’ordinamento.

Ciò significa, innanzi tutto, ricordare che (oggi) il Regolamento sulla protezione dei dati personali NON tutela la “privacy” (che non è un diritto positivo) e NON tutela il rispetto della vita privata (la Carta di Nizza attribuisce all’articolo 7 – cui si riferisce il GDPR – questo compito, mentre la protezione dei dati personali è garantita dall’articolo 8).

In secondo luogo, il diritto alla protezione dei dati personali è strumentale alla protezione dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone. Ciò significa che, come già rilevò nel 1999 il Tribunale di Milano (Olcese vs Corsera), questo diritto non afferisce a uno statuto generale della persona.

Il precipitato di queste premesse è che il potere del Garante va (e può essere) esercitato nell’ambito della gerarchia del sistema e che ha una natura subordinata rispetto a quello (della Pubblica Amminstrazione della) Giustizia, degli Interni e via discorrendo.

Dunque, per esempio, il Garante non può bloccare una notizia o parte di essa invocando il blocco del trattamento perché questo, nei fatti, si traduce nell’equivalente di un sequestro preventivo, di un’autorizzazione o di una censura decisa unilateralmente, contro la precisa garanzia costituzionale riservata alla libertà di stampa. Analogamente, non spetta al Garante entrare nel merito di cosa sia o non sia un controllo difensivo, o un controllo anelastico sul luogo di lavoro dal momento che questo è compito del Giudice del lavoro. Infine, peraltro anche a fronte del dato letterale della norma, non riguarda il Garante ciò afferisce alla sicurezza nazionale e all’ordine pubblico.

Che, poi, lo faccia lo stesso è un altro paio di maniche, ma rimane il fatto che consentendo a un’autorità amministrativa istituita per legge e non inserita nella Costituzione (al netto dei salti mortali interpretativi per rimediare a questo stato di fatto) di pronunciarsi sulla tutela dei diritti si stabilisce un principio per il quale esiste un “tribunale speciale” fatto di un gruppo di persone che opera legibus solutus.

D’altra parte, a differenza della velocità della luce, il diritto si decide per alzata di mano.

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