Il “contropatto” di Cavicchi. Sul Fatto Quotidiano ancora confusione fra Scienza e politica

Dopo l’articolo metodologicamente discutibile di Luca Fazzi, professore ordinario di sociologia nell’università di Trento, Il Fatto Quotidiano ne pubblica un’altro a firma di Ivan Cavicchi, anche lui professore di sociologia ma all’università di Tor Vergata, e portatore dello stesso errore concettuale che affligge lo scritto del suo collega: confondere il piano della Conoscenza con quello della mediazione politica fra valori di diverso peso specifico, inclusa la superstizione e la pretesa, che ricorda quella del miglior Lysenko, di piegare alla “ragione” i risultati fattuali della ricerca.

Questo è il passo dell’articolo che è più discutibile, e che costituisce il nucleo del pensiero di Cavicchi:

L’idea che ha Roberto Burioni non corrisponde in nulla a quello che oggi la filosofia della scienza definisce tale ma è una vecchia forma di scientismo positivistico di stampo ottocentesco. Quindi una sorta di rottame d’altri tempi che nonostante ciò ha la pretesa di proporsi come:
– metafisica, cioè valore assoluto, incontestabile, autoritaria e impositiva;
– conoscenza oggettiva dell’uomo, quindi del tutto impersonale;
– riduzione della persona ad organo;
– malattia ma non malato ma non contesto;
– proceduralismo.
Una scienza dispotica, incapace di avere relazioni con gli altri, che pretende – esattamente come un secolo fa – una sottomissione totale alle sue evidenze e ai suoi standard. Questo nonostante le sue evidenze siano – dal punto di vista epistemologico – verità provvisorie e falsificabili e nonostante tutti gli standard siano regolarmente smentiti dai casi singoli, dalle specificità e dalle individualità. 

Come ho già scritto, c’è poco da avere “relazioni con gli altri” quando si misura la velocità della luce o quando una molecola aggredisce positivamente una malattia. E se la “relazione con gli altri” significa che è possibile ordinare con provvedimenti giudiziari la somministrazione della somatostatina “perché non si sa mai, dovesse funzionare” o se si definisce il metodo Stamina “cura compassionevole” allora il problema non è della Scienza che non si relaziona con gli altri, ma degli “altri” che vivono in una realtà di superstizione, e pretendono il confronto partendo da una disciplina, come la sociologia, che tutto è fuorché “scientifica” (con questo non dico che sia inutile, ma solo che ha paradigmi di conoscenza diversi da quelli delle scienza naturali)

In secondo luogo, Cavicchi stesso è portatore di una concezione vetusta della Scienza. Quello della falsificabilità popperiana è un concetto superato da tempo nella riflessione epistemologica, come spiega bene – fra i tanti – Giovanni Boniolo, del quale sarebbe utile avere letto, almeno, Filosofia della Scienza e Metodo e rappresentazioni del mondo. Per un’altra filosofia della scienza (Bruno Mondadori).

In terzo luogo, affermare che “tutti gli standard siano regolarmente smentiti dalle specificità e dalle individualità” è una frase priva di senso perchè:

  • non è dimostrata,
  • anche se lo fosse, il suo valore sarebbe limitato al “qui ed ora”,
  • se con “standard” intende “protocolli”, intanto siamo nell’ambito ristretto della medicina (che non è Scienza) e non della Scienza in generale, e poi è un fatto noto anche ai giuristi che i “protocolli” non siano assoluti.

In quarto luogo, ripeto, sbaglia Cavicchi quando considera “scienza” la medicina. La medicina è un Sapere che utilizza la Scienza, ma che non si “riduce” o “appiattisce” su quest’ultima. Confonderle significa confondere metodi, strumenti e applicazioni.

Ecco perché il “contropatto” sulla Scienza che propone Cavicchi è semplicemente sbagliato e pericoloso: perché confonde la Conoscenza con la sua applicazione politica, e costruisce la falsa credenza – cioè la superstizione – che in materia di Conoscenza le opinioni di chiunque abbiano lo stesso valore dei risultati della Ricerca.

Non Gorgia, dunque, ma Socrate. E no, prof. Cavicchi, quando si parla di Scienza, non è vero che “uno vale uno”. E se non la convince un ragionamento, allora mi affido all’argumentum ad baculum e invoco l’autorità di Galileo:

In questioni di scienza, l’autorità di un migliaio di persone non vale tanto quanto l’umile ragionamento di un singolo individuo.”

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