Quando la parola “diritto” viene usata a sproposito

Una corte americana ha stabilto che un macaco non e’ titolare del diritto d’autore su un selfie che si e’ scattato da solo.

A promuovere la causa, un’associazione animalista che pretendeva il riconoscimento dell’esistenza di un atto creativo dell’animale.

Questo tentativo e’ l’ennesima variazione (estremizzata) sul tema del “dirittismo”, cioe’ della separazione fra “diritto”, “dovere” e “responsabilità”.

In tanto possiamo vantare dei diritti, in quanto possiamo assumerci la responsabilità nell’adempimento (o inadempimento) di un dovere.

Senza responsabilità – e dovere – non si ha, passatemi il gioco di parole, diritto ai diritti. E dunque, con buona pace della PETA, il buon macaco di “diritti” non può averne.

Il tema non riguarda solo il macaco fotografo ma – come accade nel caso degli illeciti compiuti anche online da minori – anche la deresponsabilizzazione dei genitori (e’ colpa di internet) fomentata da politicanti e “opinionisti”. Che trovano piu’ semplice scaricare fantomatiche colpe su “algoritmi”, “intelligenza artificiale” e via discorrendo, piuttosto che applicare, semplicemente, l’articolo 27 della Costituzione: la responsabilità penale è personale…

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