Trib. Viterbo Ord.24 gennaio 2000

Tribunale di Viterbo

Ordinanza 24 gennaio2000

N. R.G. 2560/99

Il Giudice Designato 

Nell’ambito della procedura cautelare promossa da

TOURING CLUB ITALIANO e TOURING EDITORE s.r.l. (rapp.ti e difesi dall’avv. Giovanni Guglielmetti e Luigi Colombo di Milano e avv. Angelo Angeloni di Viterbo) nei confronti di

VECCHI MAURIZIO (rapp.to e difeso dall’avv. Giovanni Bartoletti di Viterbo),

ed intesa ad ottenere un provvedimento ex art. 634 legge marchi e art. 700 c.p.c. che inibisca alla ditta Maurizio Vecchi Editore l’utilizzazione del segno distintivo “TOURING” anche nella rete World Wide Web (WWW) all’interno dei domini Internet.

Letti gli atti e sentite le parti, viste le memorie da queste depositate nei termini concessi,

o s s e r v a

I ricorrenti – operanti da oltre un secolo nel settore del turismo mediante organizzazione di servizi informativi e culturali, nonché mediante vendita di periodici e pubblicazioni specialistiche, la prima quale associazione non riconosciuta (in sigla TCI) e la seconda quale editore delle pubblicazioni del gruppo TCI – lamentano che la ditta Maurizio Vecchi Editore (in sigla MVE), corrente in Caprarola (Viterbo), abbia illecitamente utilizzato il denominativo Touring per l’accesso alla rete telematica WWW (all’interno di Internet) aprendo un proprio sito individuato con il domain name (ND) di www.touring.it con scopi e finalità identiche a quelle proprie dell’Associazione Touring Club Italiano operante su Internet con un sito denominato www.touringclub.it; attività ritenuta lesiva del proprio marchio Touring Club nonché idonea a danneggiarli e/o comprometterne l’attività economica in quanto caratterizzata da un comportamento sanzionabile anche ai sensi dell’art. 2958 n.3 c.c. per l’intrinseca portata di non lealtà dell’atto concorrenziale posto in essere.

Si difende parte resistente sostenendo non essersi verificata alcun attività illecita dal punto di vista della concorrenza sia per con riguardo alla pretesa violazione del marchio (Touring) che con riguardo alla violazione di segni distintivi-denominazioni della ricorrente TCI nei cui confronti viene pure eccepita la legittimazione attiva in quanto alla stessa, essendo una libera associazione senza fini di lucro, non sarebbe applicabile la normativa di cui agli artt. 2598 e segg. Cod.civ..

Pacifiche e documentate le circostanze di fatto da cui desumere l’effettività dell’attività ascritta alla ditta resistente e con le modalità descritte in ricorso (emergenti dai documenti versati in atti nonché dalla diretta visione sulla rete Internet dei due siti n questione), occorre passare all’esame del merito della richiesta cautelare che su tali fatti si basa.

La tutela cautelare qui invocata, infatti, è volta ad ottenere un provvedimento di inibitoria provvisoria ex art. 700 c.p.c. e art. 63 legge sui marchi, nei confronti di un soggetto che utilizza, secondo la tesi delle ricorrenti illecitamente, un segno distintivo altrui (anche tutelato perché registrato) per tal motivo ritenuto anche concorrente sleale, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2598 n.1 e 3 e 2599 cod. civ. in quanto avrebbe posto in atto un comportamento contrario alle norme regolanti i rapporti tra concorrenti.

Venendo al merito rilevasi come sussista a vantaggio delle parti ricorrenti il buon diritto legittimante la invocata cautela inibitoria scaturente dalla indiscutibile esistenza di un uso pregresso e consolidato del segno “Touring” seppur accompagnato ad altre espressioni identificative del soggetto titolare (Touring Club It. – Touring Editore – Touring Giovani – ecc.); tale denominativo è sicuramente identificativo dell’associazione ricorrente e di tutte le aziende ed attività associative e commerciali ad essa facenti capo, per la consolidata conoscenza che in oltre un secolo di attività il TCI ha acquisito sia tra i normali utenti dei suoi servizi turistici e culturali che tra le generalità dei cittadini comunque interessati alle informazioni su notizie turistiche in genere (basti aver riguardo alla diffusione dell’uso delle cartine stradali edite dal TCI).

Ciò consente di attribuire al segno Touring il carattere di marchio forte per la sua intrinseca capacità di attribuire in modo inequivoco una data attività ad uno specifico soggetto (il Touring Club Italiano), marchio Touring che, sebbene registrato come tale solo in epoca recente, aveva già acquistato sul mercato una sua valenza fortemente identificativa del titolare del più esteso marchio (registrato in epoca antecedente come Touring Club Italiano) al punto da portare quel segno (il Touring, appunto) ad essere considerato un diminuitivo e così essere in tutto e per tutto equiparato al T.C.I. anche per coloro i quali fanno uso delle tecniche informatiche navigando nei siti W.W.W. di Internet.

L’illecito utilizzo del marchio della ricorrente associazione è dimostrato anche dall’assenza di qualsiasi nesso del nome Touring con la ditta del resistente Vecchi Maurizio il quale, svolgendo attività anche nel settore dell’informazione turistica (circostanza pacifica), ha ritenuto utile e conveniente apparire su Internet con un sito distinto con il domain name (così è in astratto definito il nome che identifica il titolare del singolo sito del WWW) “Touring.it” per la sua forte valenza evocativa del settore turistico in cui opera da anni il TCI che, sulla medesima rete, oggi opera attraverso un sito (Touringclub.it) con cui è facile la confusione e la confondibilità del titolare.

Appare evidente, ciò premesso, come la richiesta cautelare trovi il suo più immediato aggancio giustificativo nella ritenuta sussistenza dell’estremo della confondibilità tra i segni distintivi delle due parti in contesa; la tematica sui segni distintivi (Touring Club Italiano e Touring) richiama concetti e principi che trovano applicazione anche nella valutazione della contraffazione o dell’illecito uso di marchi altrui.

Premesso, infatti, che la parola inglese “Touring” non può dirsi sicuramente parola di ordine ed uso naturale e comune nel lessico attuale della lingua italiana, sebbene dai più conosciuta nel suo significato generico di “cosa che attiene al turismo in generale”, e che la stessa – ex se – non potrebbe legittimare una pretesa escludente l’altrui uso se associata ad una iniziativa commerciale o di altra attività rivolta al pubblico, non v’è dubbio che nel campo strettamente afferente “le cose del turismo” il termine Touring richiami alla mente del potenziale interessato l’associazione Touring Club Italiano anche perché, ed è qui il cuore del problema, nell’uso corrente tale denominazione complessa viene scissa in quella più breve ed immediata di Touring (da sola od in aggiunta ad altra parola: esempio: TOURING Giovani); sia nel modo con cui spesso tale soggetto viene identificato anche dagli organi di stampa (ed in merito l’episodio narrato dalle ricorrenti con riguardo al periodico Internet News è eloquente) sia per come lo stesso viene indicato dal TCI nelle sue singole iniziative (ad es. il mensile dell’associazione è denominato Qui Touring con una evidente intenzione di segnalare al lettore che su quella rivista vi sono le notizie del Touring).

Così come costantemente insegnato dalla giurisprudenza prevalente (e dalla stessa dottrina) la protezione accordata dalla legge sul diritto di autore (L. 22.4.1941 n. 633) va verificata procedendosi ad un accertamento se non anche dell’originalità, quanto meno di una significativa capacità individualizzante relativamente all’utilizzazione d’un vocabolo genericamente idoneo ad indicare e delimitare l’area degli argomenti oggetto di trattazione, necessaria espressione minima di generico riferimento per chiunque intenda svolgere attività editoriale nello specializzato settore prescelto e non ritenga conveniente o non sia in grado di creare una “testata” (perché il domain name tale è nell’ambito Internet) meglio caratterizzata per originalità o fantasia.

Nel caso in esame va esclusa la sussistenza di una locuzione del tutto generica e scarsamente individualizzante (come sostenuto dal resistente) per il termine in questione il quale non può essere considerato come semplice indicativo di un bene della vita (il turismo) dei cui vari aspetti si occupa l’attività di una data azienda ovvero di una data pubblicazione; ciò sia perché il prodotto turismo non può essere considerato equiparabile – dal punto di vista lessicale – al termine touring quantomeno nel limitato ambito nazionale, sia perché il segno touring, per come utilizzato concretamente dalle parti ricorrenti, va considerato come marchio, seppure lo si voglia ritenere caratterizzato da intrinseca debolezza, meritevole di tutela perché il suo lungo uso, anche congiunto ad altri termini, ha determinato nel pubblico dei consumatori medi l’abitudine (e la consapevolezza) a ritenere come la stessa cosa il T.C.I. ed il Touring sic et simpliciter, con la logica ed immediata conseguenza che l’utilizzazione del nome Touring da parte di altri soggetti può portare alla confusione tra le iniziative commerciali di diversi soggetti, tanto più quando uno dei questi abbia acquisito una notorietà tale da rendere i propri prodotti o la propria attività identificabile anche mediante semplici abbreviazioni del nome originario (a tal proposito è utile il richiamo a quanto è avvenuto nel caso del Foro Italiano, nota rivista di diritto, identificata dagli addetti al lavoro con l’abbreviativo “Foro”; v. Tribunale Modena 23 ottobre 1996, in Foro It 1997, I, 2316).

La riprova della correttezza dell’argomentare che precede si rinviene proprio analizzando ciò che è avvenuto sulla rete WWW di Internet con l’iniziativa della Maurizio Vecchi Editore che si è avvalsa dell’identificativo del sito www.touring.it (a lei concesso dalla Autorità a ciò preposta senza alcuna valenza legittimante l’uso del nome prescelto a scapito di quelli altri soggetti, stante l’unica regola vigente che è quella del “first come, first served” – priorità della richiesta ed assenza di identità del nome richiesto).

Come è stato rilevato dagli specialisti del settore “le caratteristiche peculiari che hanno fatto di World Wide Web una vera e propria rivoluzione nel panorama degli strumenti di comunicazione possono essere riassunte nei seguenti punti: “la sua diffusione planetaria, la facilità di utilizzazione e dei collegamenti, la possibilità di trasmettere e ricevere informazioni multimediali, la semplicità di gestione per i fornitori di informazione…”; dal punto di vista dell’utilizzatore finale del WWW, infatti, la rete si presenta come uno sconfinato spazio informativo costruito da documenti multimediali interconnessi tramite una rete di collegamenti che fanno sì che si crei un vero e proprio ipertesto che vede tutti gli utenti quali suoi fruitori e formatori senza soluzione di continuità; in tale spazio informativo l’utente può con estrema facilità muoversi alla ricerca di dati, testi, informazioni, curiosità varie, prodotti ecc. usando dei programmi che vengono correntemente definiti browser (dall’inglese fornire).

Chi intenda accedere a tale vasta rete telematica per acquisire informazioni o dati inseriti nella medesima rete dalle varie aziende o da singoli fornitori di informazioni (università, centri di ricerca, negozi, giornali ecc.), deve seguire delle semplici, ma essenziali, procedure di ricerca per reperire l’informazione cercata e valutare la sua correttezza, completezza ed imparzialità (aspetto, quest’ultimo, assai delicato ed in parte affidato alla personale esperienza dell’utente e su cui si dirà appresso).

Il primo aspetto, che è quello di scoprire le pagine esistenti sulla rete che si occupano dell’argomento desiderato, viene affrontato mediante l’utilizzo di strumenti di ricerca che si differenziano in “motori di ricerca per termini” ed “indici sistematici”.

Senza voler dar qui conto ex professo di aspetti e questioni di natura tecnica, ciò che preme evidenziare in questa sede è che l’utente che accede alla rete informativa può servirsi di strumenti per accedere ai dati desiderati senza sapere dove trovarli, o perché ignora se tali dati vi siano o perché ignora chi li possa avere immessi in rete ovvero perché non conosce l’ampiezza della materia ed intende accedere al massimo delle informazioni disponibili sull’argomento.

Con la ricerca per termini i c.d. motori di ricerca permettono di ricercare parole o combinazioni di parole in un archivio indicizzato di documenti in formato digitale; tale ricerca si dimostra molto comoda e semplice nel caso di nomi propri (il dato poeta o scrittore) o quando le informazioni ricercate si lascino caratterizzare attraverso termini molto specifici (ad es. informazioni sulla cura del tumore al seno, si usa la combinazione “tumore” and “seno”). In tali casi la ricerca è del tutto meccanica perché il programma cerca i termini da noi forniti nell’indice in suo possesso e fornisce le corrispondenze trovate; l’intelligenza della ricerca dipende in gran parte dalla scelta delle parole usate come parametri e tanto più validi saranno i risultati della ricerca quanto più corretta sarà stata l’utilizzazione dei termini di ricerca (ed indirettamente ciò riporta alla abilità del singolo fornitore in rete nella scelta del proprio nome di dominio).

La ricerca sistematica avviene su cataloghi ragionati di risorse, suddivisi su settori e organizzati gerarchicamente, partendo da categorie più generali per arrivare a quelle più specifiche.

Qualunque sia lo strumento utilizzato (che comunque avviene tramite “motori di ricerca” del tipo indicato dalle parti: Yahoo!, AltaVista, HotBot, Virgilio ecc.) l’utente “normale” della rete è costretto ad una navigazione per tentativi per poter giungere ad un risultato soddisfacente; tentativi che ogni fornitore di informazioni cercherà di abbreviare od eliminare mediante l’allestimento di siti caratterizzati da denominazioni molto particolari e poco comuni, al limite cercando di sfruttare termini molto noti e fortemente evocativi del prodotto informativo fornito in rete (in merito nei paesi anglosassoni si parla di domain name grabbing per indicare il fenomeno dell’accaparramento di marchi famosi con registrazione dell’altrui nome sulla rete WWW per sfruttarne la popolarità in difetto di preventivo accesso sulla rete stessa da parte del titolare del marchio).

Ciò è quello che pare potersi dire avvenuto nel caso in esame dove il resistente – per accedere al mondo informativo in campo turistico – ha ritenuto utile e conveniente registrarsi sulla rete con il nome www.touring.it ben sapendo che così facendo avrebbe evitato i rischi di rimanere del tutto ignoto – ovvero poco esplorato – al vasto pubblico degli utenti Internet ivi compresi gli utenti dei servizi turistici offerti dal Touring Club Italiano (sia perché soci del TCI sia perché conoscitori delle indubbie qualità dei servizi offerti dalla medesima associazione).

L’esame delle varie pagine dei due siti in contesta (sia nella rispettiva Home page che in quelle successive) danno conferma di ciò; chi avesse effettuato la ricerca tramite la parola “touring” (ricerca per termini) avrebbe ricevuto una notevole quantità di dati (questo è sicuramente vero) anche circa soggetti operanti in settori diversi; ma è indiscutibile che così operando il singolo utente avrebbe potuto avvedersi della presenza anche del sito della MVE ed aprirla ritenendo di trovarsi nel sito del TCI stante la forte identità delle informazioni fornite dal sito del resistente, la cui identità effettiva (quale MVE) poteva essere rilevata solo dopo aver avuto accesso al sito stesso con lettura delle informazioni afferente, quantomeno, la prima pagina (quella ove vi è maggiore concentrazione pubblicitaria appetibile per gli utenti).

In via di fatto, invero, non sembra dubitabile che un “sito” del WWW possa essere equiparato ad una rivista od ad altra pubblicazione (del tipo cartaceo classico) con una Home page identica alla copertina, il nome della testata assimilabile al domain name, e le ulteriori pagine del sito identiche alle pagine che si sfogliano in una rivista cartacea; e così come si chiede la tutela del proprio nome identificativo per la testata invocando l’originalità del termine, il pregresso uso del termine e quant’altro, in modo identico deve potersi fare con riguardo al nome utilizzato per accedere a WWW.

Appare sussistente, per tali ragioni, la capacità confusoria del denominativo del sito Internet utilizzato dal resistente sia in contrasto con le norme sui marchi che con quelle sulla correttezza professionale.

In merito a questo ultimo aspetto va detto che appare naturale che lo scopo per cui si apre un sito (commerciale o informativo) è proprio quello di avere il maggior numero possibile di visitatori che, mediante l’accesso sul sito stesso (anche soltanto di passaggio), potranno leggere e visionare la pubblicità ospitata dal titolare del sito (i c.d banner – annunci pubblicitari a forma rettangolare assimilabili a normali affissioni pubblicitarie) che potrà vendere tali spazi a terzi facendosi forte dei dati di “spoglio” forniti dai vari provider o fornitori dei programmi.

Ciò costituisce sicuramente attività concorrenziale e a tal fine va aggiunto che per esservi attività idonea a danneggiare l’altrui attività d’impresa il (potenziale) concorrente deve porre in essere atti che possano causare confusione con l’attività dell’altro concorrente; atti realizzabili con mezzi e modalità varie (purché idonee) ma pur sempre tali da poter sviare la clientela dall’attività esercitata dal concorrente (anche per effetto del limite di cui all’art. 2598 n. 3 c.c.).

Questa finalizzazione della tutela codicistica consente di chiudere il cerchio della questione di cui si sta discutendo; il nome utilizzato dal resistente costituiva il classico specchietto per le allodole per catturare utenti interessati a notizie in materia di turismo ma “attratti” non dal termine generico “turismo” ma dal noto marchio abbreviato TOURING attribuito alla nota associazione T.C.I.; ciò può comportare il pericolo che le informazioni ed i servizi offerti dal titolare di un sito possano essere confusi con quelli offerti dall’altra azienda sia mediante un altro sito che con le ordinarie forme di pubblicazione periodica edite dalla ricorrente società.

La tutela invocata dalle ricorrenti a tale ultimo titolo sussiste anche perché riguarda due imprenditori tra loro concorrenti (ovvero potenzialmente concorrenti); e nel caso de quo la cosa emerge alquanto evidente al di là delle eccezioni sollevate da parte resistente, e tenuto conto, in particolare, del soggetto che di fatto gestisce la struttura economica denominata Touring Club Italiano.

È possibile affermare – alla luce di quelle che sono le concrete emergenze di questo giudizio cautelare e salve le diverse risultanze del successivo giudizio di merito – che l’Associazione ricorrente, anche tramite le sue collegate, stia sul mercato come un vero e proprio imprenditore commerciale con i comportamenti e gli scopi tipici di questo: – ricerca di aumentare la clientela per procurarsi un maggior profitto e non solo per maggiormente diffondere gli scopi propri dell’associazione (promovimento di attività turistiche, culturali e ricreative).

Ciò può essere desunto dal tipo di attività in concreto esercitata che, per sua natura, si presta tanto ad essere gestita con scopi e finalità prettamente ricreative e no-profit (come avviene normalmente per una associazione non riconosciuta) come anche per scopi economici tendenti, quantomeno, al pareggio dei costi con i profitti, e per scopi commerciali (come per la predisposizione di viaggi e manifestazioni a pagamento); nel primo caso sotto forma di offerta, ai propri associati o anche a terzi, di libri, attrezzature, lezioni, ed in pratica di tutto quanto occorrente per la conoscenza delle risorse turistiche e culturali italiane; nel secondo caso, con l’attività di vera e propria impresa, sotto forma di offerta di servizi di vario genere anche ai soci-utenti dietro pagamento di un corrispettivo per il servizio o spettacolo di volta in volta offerto.

Ciò che accomuna i due aspetti delineati – nell’ambito di quello che qui interessa – è l’essere gli stessi rivolti al perseguimento di un medesimo risultato in termini di produzione di un servizio (con metodo economico o meno) rivolto a terzi (gli associati o altri utenti) da effettuarsi con mezzi e strumenti concretamente idonei allo svolgimento di attività d’impresa. D’altra parte è caratteristica tipica delle associazioni la struttura aperta all’adesione di nuovi associati con la previsione che una tale adesione presupponga, almeno di regola, una preventiva valutazione da parte dell’organo interno dell’associazione sul possesso dei requisiti previsti nello statuto; mentre nel caso in esame nessun limite è stato previsto per essere associati oltre alla richiesta ed il versamento delle quote annuali.

Ciò esclude soltanto che si possa considerare in sintonia con le tipiche manifestazioni della vita di una vera associazione l’indiscriminato e libero accesso consentito con il semplice versamento della quota annuale, ma non può disconoscersi la legittimità dell’utilizzo della struttura associativa da parte di coloro i quali abbiano deciso di associarsi per fruire di un servizio a costo inferiore (giovandosi della finalità non lucrativa dell’associazione) anche senza voler condividere appieno tutte le finalità dell’associazione.

La natura commerciale dell’attività svolta dal T.C.I. (a prescindere dalla sua veste giuridica: non può essere disconosciuta quantomeno ai fini dell’invocata tutela.

Ciò che conta, in definitiva, è l’avere accertato l’esistenza di una attività d’impresa gestita da un soggetto in un dato settore economico ed in assenza di violazioni ai limiti ed alle prescrizioni di legge. Deve ritenersi, inoltre, sussistente anche l’altro elemento richiesto dall’art. 700 c.p.c. e cioè il pregiudizio imminente ed irreparabile; al riguardo, ed in verità, oltre al rischio concreto del ripetersi degli atti di confusione già avvenuti (con riferimento, peraltro, a soggetti altamente qualificati quali il Ministero dei beni culturali ed una rivista specializzata nel settore Internet), va rilevato che l’eventuale provvedimento inibitorio adottato in via definitiva potrebbe intervenire in tempi non ristretti al punto da rendere difficilmente risarcibile, e comunque, irrecuperabile la perdita economica conseguente all’avvenuto sviamento di clientela, vanificando in tal guida ogni eventuale favorevole risultato del giudizio di merito.

L’intervento giudiziario attuato mediante lo strumento cautelare in materia di concorrenza sleale così come in materia di tutela dei segni distintivi, è non solo ammissibile ma, soprattutto, necessario poiché avendo previsto la legge una cautela tipica per tali situazioni (per i marchi e brevetti), l’operatore economico dispone di uno strumento agile e veloce per il caso di illeciti che, incidendo su situazioni di libero mercato e con connotati estremamente mutevoli e variabili, difficilmente risultano riparabili con gli ordinari strumenti del risarcimento per equivalente; ciò vale in termini eguali per le ipotesi di concorrenza sleale.

In particolare si può ottenere, prima di tutto, una inibitoria provvisoria del comportamento illecito (concorrenziale), ovvero ogni altro provvedimento che si ritenga adatto ad elidere i riflessi negativi sulla sfera aziendale del concorrente leso.

Il contenuto da dare al provvedimento cautelare instato deve, infatti, consentire di impedire la prosecuzione dell’attività concorrente o privandola delle caratteristiche di illiceità o impedendone l’esercizio sino al giudizio definitivo sulla correttezza dell’attività stessa.

Appare necessario, inoltre, provvedere anche alla pubblicazione della ordinanza cautelare per elidere gli effetti già realizzatisi per l’utilizzo del sito in questione; e ciò al fine di ripristinare la situazione del mercato afferente l’utilizzo dei denominativi identificativi propri dei ricorrenti.

Non sembrano sussistere ragioni oggettive che consiglino la subordinazione dell’esecuzione dell’ordinanza cautelare al rilascio di una cauzione per gli eventuali danni subiti dal resistente; a tal fine non vi è stata alcuna prova o deduzione dimostrativa di eventuali negative valutazioni delle capacità patrimoniali delle parti ricorrenti.

Le spese del presente procedimento cautelare vanno rimesse alla successiva statuizione del giudizio di merito che dovrà essere iniziato entro gg. 30 dalla presente ordinanza

P. Q. M.

visti gli artt. 669ter, 669sexies, 669septies e 700 c.p.c.

Il Giudice designato nel procedimento cautelare promosso da Touring Club Italiano e Touring Editore s.r.l. nei confronti di Vecchi Maurizio così provvede:

a) INIBISCE a Vecchi Maurizio, titolare della ditta Maurizio Vecchi Editore (corrente in Caprarola – VT – via Madonna dei Gigli), l’uso in qualsiasi forma e modo del segno distintivo “TOURING” anche sulla rete Internet, vietando l’utilizzazione ulteriore del nome di dominio Internet “www.touring.it”;

b) ordina che a cura di parte ricorrente, ed a spese del resistente, la presente ordinanza venga pubblicata per estratto a caratteri doppi del normale, per due volte, sul Corriere della Sera edito in Milano;

c) ordina che la presente ordinanza venga inserita nei siti Internet delle parti in questione per la durata di giorni trenta (con suo richiamo nella Home Page dei medesimi siti) ove il sito www.touring.it non venga disattivato; nonché comunicata ai gestori della rete che hanno concesso l’utilizzo della denominazione del sito dalle parti in causa per l’eventuale inserimento dell’ordinanza in caso di mancata pubblicazione da parte di Maurizio Vecchi Editore; FISSA in giorni trenta il termine entro il quale iniziare il giudizio di merito all’esito del quale rimette la decisione sulle spese anche di questo procedimento. Si comunichi.

Viterbo, 24.1.2000

IL GIUDICE DESIGNATO (dr. Giuseppe Lo Sinno)
DEPOSITATO IN CANCELLERIA 24 Gennaio 2000

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