Il prof. Onida e la responsabilità dei provider. Tanto rumore per nulla?

di Andrea Monti – ICTLEX

Ha destato molte reazioni il parere del prof. Onida – ex presidente della Corte costituzionale – secondo il quale è giuridicamente possibile attribuire all’Autorità per le comunicazioni poteri di “chiusura” o “filtraggio di accesso” a risorse di rete localizzate all’estero per combattere la “pirateria informatica”. In sintesi, ritiene il prof. Onida, pochè l’articolo 17 del d.lgs. 70/2003 che recepisce la direttiva comunitaria sul commercio elettronico  stabilisce che

Il prestatore è civilmente responsabile del contenuto di tali servizi nel caso in cui, richiesto dall’autorità giudiziaria o amministrativa avente funzioni di vigilanza, non ha agito prontamente per impedire l’accesso a detto contenuto (contenuto illecito, regolato dalle norme precedenti, n.d.a)

Se ne dedurrebbe quindi che l’Autorità per le comunicazioni può  ordinare (nei modi ritenuti di volta in volta corretti) il blocco di contenuti considerati illeciti.

In realtà non è così, come dimostra questo semplice (?) ragionamento:

  • le direttive comunitarie non hanno potere di modificare le Costituzioni degli Stati membri. Quindi qualsiasi direttiva deve essere recepita nel rispetto delle singole Costituzioni,
  • le autorità amministrative NON esistono nella Costituzione italiana, e infatti sono istituite per legge ordinaria,
  • quando la direttiva parla di “autorità amministrative con funzioni di vigilanza” si deve sottintendere “nella misura in cui la Costituzione dello Stato membro consenta l’esercizio di questi poteri di inibitoria”,
  • gli illeciti in materia di contraffazione e diritto d’autore sono penali, e perseguibili d’ufficio. Questo significa che a) solo un magistrato può decidere se un fatto sia reato o meno (in materia penale c’è riserva di legge assoluta), e che b) in presenza di una notizia di reato legati a fatti del genere, solo ed esclusivamente la magistratura può adottare provvedimenti istruttori e di merito (la prova di questa conclusione è contenuta già nella legge sul diritto d’autore: quando gli illeciti amministrativi concorrono con un reato previsto dalla legge sul copyright il Prefetto non può applicare autonomamente la sanzione amministrativa ma deve lasciare il posto al giudice penale).

 

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