Chi ha ucciso gli e-book?

di Andrea Monti – PC Professionale n. 244
A Monza, sede del forum UNESCO per l’industria culturale, si discute del futuro del libro elettronico. I problemi, come sempre, sono quelli del copyright

Il forum sullo sviluppo dell’industria culturale organizzato dall’UNESCO a Monza dal sei all’otto giugno è – sperabilmente – il luogo dal quale potranno venire importanti indicazioni per capire come far decollare il libro elettronico anche in paesi diversi dagli Stati Uniti. Negli USA, infatti, gli ebook sono oramai un “fatto”. In Italia, no, e con buona probabilità non lo diventeranno troppo presto.

Le ragioni dell’ennesimo ritardo italico nella rivoluzione globale del modo di fruire della parola scritta sono le stesse che hanno rallentato lo sviluppo dell’internet in Italia: leggi farraginose e vessatorie per gli utenti, logiche economiche e di investimento basate sul “vaporware” e utenti relegati al ruolo di “compratori di scatole” – l’hardware – senza offrire concrete possibilità di usare gli strumenti appena sfornati dall’ennesimo sub-contractor cinese.

Ma cosa c’entra tutto questo con gli ebook? Presto detto.

Cominciamo dalla tecnologia. Attualmente sulla scrivania ho due ebook reader (Kindle DX e un Sony PSR-650), due tablet da 10.1 pollici, l’Ipad e il (parecchio deludente) Samsung Galaxy Tab, e uno da 7 pollici (ancora un Samsung). Nessuno di questi (Kindle a parte, che proprio non legge il formato ePub) è in grado di visualizzare in modo coerente lo stesso identico file.  Il risultato, quindi, è che l’esperienza di lettura varia sensibilmente in funzione del terminale che viene utilizzato (e, detto per inciso, è francamente incredibile che nel 2011 nessuno abbia tirato fuori un editor ePub decente, con buona pace delle roboanti affermazioni di marketing).

Ma l’attenzione dei produttori di ebook reader – come quella dei distributori librari e degli operatori ICT che investono nel settore – è quella di creare delle nicchie di utenza, forzando i lettori a preferire una specifica tecnologia e/o vendere tablet con piani tariffari incorporati a prescindere dall’effettiva funzionalità dell’ecosistema. In pratica, è la situazione che già abbiamo vissuto agli albori dell’internet. Nessuno sapeva bene come usare efficacemente lo strumento, ma nel frattempo software house e produttori di hardware hanno guadagnato fior di milioni. Per la serie, vendiamo picconi ai cercatori d’oro, e se trovano anche solo pirite chi se ne importa, basta che paghino anticipato.

Ma il problema dell’incompatibilità – o dell’imperfetta interpretazione del formato ePub – non è solo una questione tecnica, ma anche legale. Un libro mal impaginato danneggia l’autore il quale ha il diritto di opporsi a forme di circolazione della sua opera che ne diminuiscono la “dignità”. Se nel mondo cartaceo la cosa si risolve con il controllo delle bozze, in quello elettronico la cosa – almeno fino a quando il “confusopolio” rimarrà in piedi – non è possibile.

Un altro problema causato dal perverso intreccio di legge, tecnologia ed economia è quello del rapporto fra distribuzione del libro elettronico, editore e lettore.
Nel sistema cartaceo la distribuzione (cioè quelle aziende che raccolgono i libri dagli editori e li inviano alle librerie) assorbe una quota del prezzo di copertina che può arrivare al 55%. Al di la delle valutazioni sull’enormità o meno della percentuale, è molto difficile vendere libri cartacei senza un distributore e dunque i suoi costi sono praticamente inevitabili. Nel caso degli ebook il mercato si è organizzato su logiche del tutto analoghe, con i distributori digitali che possono assorbire una quota che può superare il 40% del prezzo di copertina (incluso lo sconto da praticare alle librerie). Ma cosa fanno i distributori digitali per “meritare” una commissione? Sostanzialmente una sola cosa: applicano DRM – sistemi anticopia – a ogni file che viene richiesto dalle librerie. Solo – in termini sostanziali – questo. E basta. L’attività di promozione verso le librerie, infatti, è praticamente inutile perchè mentre con un libro cartaceo è necessario che qualcuno, fisicamente, contatti i librai per convincerli a prendere un certo titolo piuttosto che un’altro, nel caso degli ebook Google è il “grande equalizzatore”: un editore che venda direttamente i propri libri (anche) elettronici è scovato da robot e spider allo stesso modo del distributore digitale. Dunque, chi ha bisogno di un  intermediario del genere?

E qui torniamo al punto. La “propaganda anticopia” ha convinto larghe fette del mercato editoriale e la quasi totalità dei politici che i DRM – o, come dice la legge, i “sistemi di protezione” – applicati a un’opera artistica sono l’unico mezzo per contrastare la “pirateria”. In realtà non risultano prove oggettive e indipendenti di questa affermazione, e in particolare nessuno ha mai dimostrato che l’utente che “copia” avrebbe invece acquistato se la duplicazione non autorizzata gli fosse stata impossibile. Per di più  i DRM sono concretamente inutili. Si possono aggirare molto facilmente, rendono la vita difficile al
lettore pagante e non scoraggiano il malitenzionato.

Dunque, vista anche la facilità con la quale praticamente chiunque può addirittura riprodurre un libro di carta, il lettore che decide di pagare per i contenuti lo fa per una scelta etica e non giuridica, ritenendo “equo” retribuire autore ed editore per avere messo in circolazione un’opera che valeva la pena di leggere.
Il ruolo dei DRM, dunque, potrebbe (o dovrebbe) essere molto limitato, come per esempio nell’ipotesi di consentire all’autore il controllo del numero di copie effettivamente vendute (funzione attualmente svolta – per il cartaceo – dall’apposizione di un bollino rilasciato dalla SIAE). E in ogni caso, se un editore volesse vendere libri con DRM dovrebbe poterlo fare anche in proprio.

Ma le piattaforme proprietarie lato server per la gestione dei DRM sono troppo costose per i piccoli/medi editori e non risultano – al momento – progetti open source anche solo per l’applicazione di social DRM. Al contrario, invece, sono proprio i distributori digitali che implementano piattaforme DRM a guadagnare grazie a una rendita di posizione del tutto artificiale.
E dunque si capisce perché gli ebook costino quanto un libro cartaceo, anche se non ci sono costi di stampa e magazzino. Ennesima variazione sul tema “vendere picconi ai cercatori d’oro”.

Senza i distributori digitali il costo di un ebook sarebbe sicuramente molto più contenuto il che consentirebbe agli editori di incentivare il mercato formulando offerte convenienti come, per esempio, praticare un forte sconto – o al limite, regalare – l’ebook a chi compra il libro cartaceo. E’ evidente, infatti, che l’ebook non sostituisce il libro di carta ma lo affianca in tutti quei casi in cui dimensioni, peso e condizioni ambientali non consentono di avere sottomano un po di  “cibo per la mente”.

 

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